        Dal Polo Nord al Polo Sud, 27.000 km per 9 mesi di viaggio a bordo di una Nissan Ariya: obiettivo, dimostrare che le lunghe spedizioni sono possibili anche con un'auto elettrica. Protagonisti dell'impresa chiamata Pole to Pole EV sono Chris Ramsey e sua moglie Julie.  "Le elettriche possono affrontare gli ambienti pi&ugrave; difficili" Chris e Julie non sono nuovi a questo tipo di avventure. Gi&agrave; nel 2017 la coppia aveva completato il Mongol Rally da Londra alla Siberia con un veicolo elettrico da 30 kWh. L'avventura di Pole to Pole EV &egrave; invece partita lo scorso marzo, i due hanno gi&agrave; attraversato Stati Uniti, Canada, la regione artica e il Messico, e attualmente si trovano in Guatemala (attraverseranno 14 Paesi in totale). "La nostra missione &egrave; dimostrare che i veicoli elettrici possono affrontare gli ambienti pi&ugrave; difficili, dal freddo pungente dei poli alle giungle calde e umide del Sud America, e illustrare che possono soddisfare le esigenze dei conducenti di tutto il mondo e incoraggiare il passaggio al trasporto a zero emissioni - ha spiegato Chris -. A tal fine, siamo entusiasti che Nissan si sia unita alla spedizione". Nissan Ariya AT39: per i viaggi artici  Gi&agrave;, Nissan. I Ramsey infatti viaggiano con una Nissan Ariya con tecnologia e-4ORCE modificata dall'officina Arctic Trucks che, come si evince dal nome, &egrave; specializzata nel realizzare modelli che possano viaggiare in mezzo ai ghiacci e alle temperature estreme. Il Suv dei Ramsey si chiama AT39, ha un pacco batterie da 87 kWh, telaio e sottoscocca rinforzati, le sospensioni sono quelle originali ma leggermente rialzate, con l'aggiunta di ganci traino. Gli pneumatici sono dei BFGoodrich KO2 da 39", una misura che ha richiesto la modifica dei passaruota, l'aggiunta di parafanghi, oltre all'aver dovuto tagliare parte della portiera. AutomotiveLab Plug: Nissan, tecnologia e-POWER ed e-4ORCE per i Suv elettrificati Come fanno a ricaricare in mezzo ai ghiacci? Capitolo ricarica. Come fanno i Ramsey ad avere la sicurezza di poter viaggiare senza incappare in problemi? Al di fuori delle regioni polari, la coppia &egrave; riuscita finora a ricaricare tranquillamente l'Ariya con le classiche colonnine sparse un po' dappertutto (Enel X Way &egrave; tra gli sponsor dell'iniziativa), diverso il discorso per quanto riguarda le lande ghiacciate. In quel caso, l'Ariya si ricarica tramite moduli fotovoltaici: e qualora l'energia solare non fosse sufficiente, i due ricorreranno a un generatore a benzina.L'unico inconveniente &egrave; che a causa delle modifiche alle gomme, il tachimetro e il contachilometri non sono pi&ugrave; calibrati correttamente, quindi i Ramsey non possono testare la reale autonomia del Suv tramite il computer di bordo. Tuttavia, secondo il GPS installato a bordo, la distanza maggiore percorsa tra una ricarica e l'altra &egrave; stata di 262 km, con l'Ariya che era arrivata al 18% di batteria. La vera sfida sar&agrave; comunque una volta arrivati in Antartide. Chris infatti ha stimato che guidare su neve e ghiaccio con temperature fino a -40&deg; C far&agrave; consumare all'auto fino all'1% di batteria per ogni chilometro percorso: considerando che la regione antartica &egrave; lunga 1.400 km circa, la frequenza delle ricariche dovr&agrave; necessariamente aumentare.Chi volesse seguire il viaggio dei Ramsey pu&ograve; farlo attraverso il sito web dedicato, dove &egrave; presente persino una mappa interattiva per scoprire in tempo reale dove si trovano i due avventurosi. Cambiamento climatico, la spedizione 3B Meteo in Groenlandia       

Un viaggio di 9 mesi a bordo di una Nissan Ariya per dimostrare come le lunghe spedizioni possano essere compiute in elettrico: l'avventura di Chris e Julie Ramsey

Dal Polo Nord al Polo Sud: 27.000 km con il Suv elettrico

&Egrave; stato avvistato nel porto di Alghero una tra le 25 navi di lusso pi&ugrave; grandi al mondo: il Super Yatch Nord, imbarcazione miliardaria. Varato alcuni mesi fa nei cantieri tedeschi L&uuml;rssen e di propriet&agrave; di un magnate russo, il Super Yacht Nord &egrave; lungo ben di 142 metri e vanta cinema, bar, una vasta quantit&agrave; di stanze in grado di ospitare fino a 36 ospiti, imbarcazioni opzionali, tra cui un sommergibile, situate lungo i portelloni posti sul fianco e addirittura un elicottero situato sulla prua in stile &quot;portaerei&quot;. Di notte poi, l&#39;intero Super Yacht si illumina completamente grazie ad uno spettacolare gioco di luci. Per noleggiare lo yacht, bisogna sborsare una cifra che si aggira attorno ai 200 mila euro al giorno. Ecco alcune foto

Super Yacht Nord: il Re dei mari vale miliardi di euro, ha un elicottero e un sommergibile segreto 

        Dal cuore dell'Italia fino al punto pi&ugrave; settentrionale d'Europa, in sole 49 ore. &Egrave; l'impresa da record che Fabio Barone, pilota romano e presidente del club Ferrari Passione Rossa, tenter&agrave; la prossima estate. Ad accompagnarlo il fedele copilota Alessandro Tedino e soprattutto una Ferrari F8 Tributo appositamente preparata per questo estenuante viaggio attraverso il continente. Un percorso di oltre 4mila chilometri, da percorrere in poco pi&ugrave; di due giorni e rispettando tutti i limiti di velocit&agrave;. Ferrari 812 Versione Speciale, &egrave; super V12 sulla "Imola"  Dall'Italia alla Norvegia Quello di Fabio Barone &egrave; un nome gi&agrave; molto noto sia agli appassionati di vetture del Cavallino che agli amanti delle imprese estreme. Il pilota romano, oltre a gestire il club Ferrari Passione Rossa della Capitale, si &egrave; distinto in numerose imprese da record in giro per il mondo, tutte al volante di auto di Maranello. Il viaggio che sta preparando per questo luglio &egrave; forse uno dei meno rischiosi tra quelli condotti da Barone, ma anche uno dei pi&ugrave; faticosi. La Ferrari F8 del duo Barone-Tedino dovr&agrave; infatti percorrere una distanza di 4.300 km attraverso l'Europa, con sole 49 ore a disposizione per farlo, e con l'obbligo di rispettare tutti i Codici della Strada dei Paesi attraversati. La partenza &egrave; fissata a Roma, in Via dei Fori Imperiali, il prossimo 16 luglio. Il punto di arrivo &egrave; a Norkapp, in Norvegia, ovvero il punto pi&ugrave; a Nord dell'intera Europa. L'obiettivo &egrave; quello di arrivare a destinazione entro il tempo previsto da Google Maps per la tratta Roma-Capo Nord. Per farlo non sar&agrave; possibile fare soste oltre a quelle strettamente necessarie (incluse quelle inevitabilmente numerose per i rifornimenti di benzina) n&eacute; incappare in imprevisti che farebbero perdere tempo prezioso sulla tabella di marcia. La compagna d'avventura di Barone e Tedino, la Ferrari F8 Tributo biturbo da 720 cavalli, &egrave; stata preparata per l'occasione da Capristo. Ferrari 488 Pista per Charles Leclerc, estrema in nero e biancorosso Sfida in diretta L'impresa con la F8 &egrave; stata ispirata da un viaggio analogo compiuto nel 1953 da quattro ragazzi che, con una Fiat Balilla, fecero Roma-Nordkapp-Roma in 45 giorni. &ldquo;Qualcosa di veramente impressionante per l&rsquo;epoca &ndash; ha spiegato Barone - Da qui l&rsquo;idea per un&rsquo;impresa senza precedenti: riuscire a colmare la stessa distanza che la vettura virtuale di Google Maps afferma di coprire in 49 ore in un lasso di tempo inferiore, il tutto mantenendo i regolari limiti di velocit&agrave; in ogni nazione. Ovviamente approfitteremo delle famose autostrade tedesche, dove non esistono limiti ma solo velocit&agrave; consigliate&rdquo;. Il viaggio da record, oltre a Capristo, conta numerosi sponsor e partner tecnici, oltre al patrocinio del Comune di Roma e della Farnesina. Per Fabio Barone questo potrebbe essere il quarto ingresso nel Guinnes dei Primati dopo le imprese con la Ferrari 458 Italia alla Transfagarasan, nei Carpazi, e sulla Tianmen Mountain Road, in Cina, oltre al raduno record con 30 vetture del Cavallino al Circolo polare Artico. L'intero viaggio verr&agrave; trasmesso in diretta social sui canali del club Ferrari Passione Rossa, dalla partenza a Roma fino all'arrivo a Nordkapp. Costruisce una Ferrari 488 GTB per... vendere angurie       

Il pilota romano tenter&agrave; di coprire i 4.300 km di distanza in meno di 49 ore con una Ferrari F8 Tributo

Da Roma a Capo Nord in Ferrari, Fabio Barone annuncia l'impresa da record

        &Eacute; la punta pi&ugrave; meridionale della Lombardia, la pi&ugrave; spuria perch&eacute; s'infila tra Piemonte ed Emilia-Romagna mescolando dialetti, vicende storiche, umori e sapori. &Egrave; l'Oltrep&ograve; Pavese, un triangolo di terra a sud del maestoso fiume grande poco pi&ugrave; di mille chilometri quadrati e dal paesaggio cangiante: c'&egrave; la piana, vicino alle rive del Po, fatta di terreni alluvionali e fertili buoni per mais e frumento e ci sono le colline, dolci, coltivate a vite e punteggiate di antiche rocche, pievi e ville ottocentesche.  Un posto che si presta ad affascinare viaggiatori diversi: gli appassionati d'arte vi troveranno pregevoli centri storici, castelli, chiese e musei; gli sportivi spettacolari percorsi ciclabili; i gourmet con un itinerario dedicato, la "Strada del vino e dei sapori dell'Oltrep&ograve; Pavese", una via ebbra di riesling, croatina, bonarda e barbera, condita con salami aromatizzati, pani croccanti, bolliti misti, mostarde, formaggi piccanti. La regina dell'Oltrep&ograve; &egrave; Montalto Pavese, una cittadina dominata da un imponente castello cinquecentesco che offre un bel panorama su tutta la valle e dal Belvedere Madonna del Vento, che un curioso incrocio di correnti ascensionali ha fatto diventare una delle mete preferite dagli appassionati di deltaplano e parapendio. Qualche chilometro pi&ugrave; a est c'&egrave; il paesino di Soriasco che vanta una particolare variet&agrave; di mela renetta, succosa e dall'aroma che ricorda l'uva moscato mentre la vicina Santa Maria La Versa &egrave; la patria degli spumanti italiani ottenuti da uva di Pinot Nero.  Non &egrave; un caso se l'Oltrep&ograve; Pavese &egrave; attraversato dal 45&deg; parallelo, quello che tocca le migliori aree vinicole del mondo; questa &egrave; patria di vini: nei suoi 13500 ettari coltivati a vigna si produce pi&ugrave; del 60 per cento del vino lombardo. Pi&ugrave; a sud ci si imbatte in Fortunago, uno dei "Borghi pi&ugrave; belli d'Italia": una cerchia compatta di mura, ripide stradine lastricate, antiche case di pietra. D'obbligo una visita alla trecentesca chiesa di San Giorgio e all'adiacente Oratorio di Sant'Antonio Abate eretto nel Seicento quando la chiesa fu pesantemente rimaneggiata, e una passeggiata tra boschi e prati in fiore del Parco di Fortunago. Altra manciata di chilometri e altro "borgo pi&ugrave; bello d'Italia": Zavattarello. Paesino medievale fortificato, un tempo famoso per le botteghe dei "savat&eacute;n", i ciabattini, conserva ancora la maestosa rocca in pietra del Castello del Verme. La fortezza ha mura spesse fino a quattro metri, &egrave; circondata da un parco di settantanove ettari, ha oltre quaranta stanze e ospita due musei: quello di Arte Contemporanea con opere di artisti della seconda met&agrave; del Ventesimo secolo e il "Magazzino dei ricordi" con una vasta collezione di oggetti dell'artigianato locale e la ricostruzione delle antiche botteghe. La vicina Val Nizza merita senz'altro una deviazione: qui sorge l'Eremo di Sant'Alberto di Butrio, un convento dai muri grezzi, dominato da una torre quadrata e abbarbicato su uno sperone roccioso che regala una splendida vista sulla valle. Da non perdere.        

Un triangolo lombardo che, dalla piana alla collina, offre un paesaggio cangiante ricco d'arte e di specialit&agrave; culinarie

Oltrepò Pavese, a sud del Grande Fiume

        Da sola, la basilica di Aquileia vale un viaggio in Friuli. Con i suoi straordinari mosaici pavimentali, la Cripta degli Affreschi e quella degli Scavi sintetizza la storia e la grandezza quella che fu considerata una seconda capitale dell&rsquo;Impero Romano e che, nonostante sia stata distrutta da Attila, conserva testimonianze archeologiche tra le pi&ugrave; ricche del nord Italia.  Fondata nel 313 dal vescovo Teodoro, la Basilica Patriarcale dedicata a Santa Maria Assunta &egrave; famosa soprattutto per i preziosi mosaici che ne ricoprono l&rsquo;intero pavimento, corrispondente all&rsquo;aula meridionale del complesso originario. Realizzati con minuscole tessere multicolore e nere per dare rilievo alle figure, raffigurano persone, animali, natura e scene religiose, tra cui la storia biblica del profeta Giona. All&rsquo;antica aula settentrionale corrisponde invece l&rsquo;attuale Cripta degli Scavi, autentico scrigno di tesori, con resti e mosaici, perfettamente conservati, che risalgono a quattro epoche diverse. Sotto al presbiterio si apre la Cripta degli Affreschi, interamente decorata con immagini del XII secolo. A fianco della basilica si trovano il campanile, alto 70 metri ed eretto nel 1031, e il Battistero del IV secolo con la S&uuml;dhalle, l&rsquo;aula meridionale, il cui nome tedesco risale alla fine dell&rsquo;Ottocento, quando fu scoperta dagli austriaci. Dopo un lungo periodo di chiusura, un nuovo allestimento offre oggi ai visitatori un affascinante percorso alla scoperta dei mosaici, perfettamente restaurati, che ne ricoprono il pavimento.  Completano l&rsquo;esplorazione di Aquileia romana, la visita al Foro, di cui sono ancora visibili una parte del colonnato e dei portici, e la magnifica passeggiata lungo la Via Sacra, viale realizzato durante gli scavi del 1934, verde e costeggiato da cipressi, che parte dal retro della Basilica e raggiunge l&rsquo;antico porto fluviale sul fiume Natissa, oggi poco pi&ugrave; che un rivolo. All&rsquo;esterno delle mura cittadine, come era usanza, il Sepolcreto, con are, sarcofagi, iscrizioni e statue, i cui originali sono custoditi al Museo Archeologico Nazionale.       

Alla scoperta della citt&agrave; imperiale romana, sito Unesco, dei suoi straordinari mosaici, perfettamente conservati, e della sua meravigliosa basilica

Aquileia, i tesori della Storia

        Un chiostro e poi un altro e un altro ancora conducono a un museo che si porta sulle spalle una chiesa; dentro, c&rsquo;&egrave; tutta la storia di una citt&agrave;. Santa Giulia, a Brescia, &egrave; molto pi&ugrave; di uno spazio espositivo: &egrave; un piccolo mondo che, tra affreschi e giardini contemplativi, croci monumentali e corredi funebri, mosaici e antiche domus, racconta le vicende cittadine dai primi insediamenti preistorici all&rsquo;Et&agrave; veneta, passando per l&rsquo;Alto Medioevo e l&rsquo;epoca delle Signorie. Un luogo che l&rsquo;Unesco ha dichiarato Patrimonio dell&rsquo;Umanit&agrave; nel contesto del sito seriale &ldquo;I Longobardi in Italia. I luoghi del Potere (568-774 d.C.)&rdquo; che include, oltre a quello di Brescia, anche altri sei siti italiani (Spoleto, Benevento, Cividale del Friuli, Castelseprio Torba, Campello sul Clitunno e Monte Sant&rsquo;Angelo) che un tempo furono i pi&ugrave; importanti ducati longobardi del nostro Paese. Una grande, diacronica, area monumentale dove convivono in un mirabile equilibrio epoche e stili lontani. Il complesso monastico di Santa Giulia fu fatto erigere nel 753 dall&rsquo;allora duca Desiderio, futuro sovrano, su un&rsquo;area gi&agrave; occupata in et&agrave; romana dalle Domus di Dionisio e delle Fontane, e comprende la Basilica di San Salvatore e la sua bella cripta con colonnette in stile misto, la cinquecentesca chiesa di Santa Maria in Solario con il coro rinascimentale dove le monache, nascoste, cantavano inni al Signore. Uno stretto passaggio conduce all&rsquo;oratorio romanico di Santa Maria in Solario, che custodisce la croce rivestita di gemme di Re Desiderio, capolavoro dell&rsquo;oreficeria carolingia. E infine c&rsquo;&egrave; una sala vuota. Per ora. &Egrave; la cella orientale del tempio romano di Santa Giulia che l&rsquo;architetto spagnolo Juan Navarro Baldeweg ha trasformato in una stanza nuda con un piedistallo cilindrico in marmo di Botticino illuminato da una lampada che ricorda la luna: qui, entro la fine del 2020, torner&agrave; dopo anni di restauri l&rsquo;icona di Brescia, la statua bronzea del I sec. d.C. della Vittoria Alata.  Legato alla stessa epoca un altro tesoro artistico, l&rsquo;area di Brixia, il Parco archeologico della Brescia romana, anch&rsquo;esso sotto l&rsquo;egida dell&rsquo;Unesco. Una teoria di edifici di culto, come il Santuario tardo repubblicano, e pubblici, come il teatro e il Capitolium eretto per volont&agrave; dell&rsquo;imperatore Vespasiano nel 73 d.C. Spicca, tra tutti, il Tempio Capitolino con tre celle dedicate a Giove, Giunone e Minerva e una quarta, di un precedente tempio, che custodisce uno straordinario ciclo di affreschi.  Non si pu&ograve; lasciare Brescia per&ograve; senza aver speso un po&rsquo; di tempo nel suo salotto buono, la rinascimentale piazza della Loggia, il luogo pi&ugrave; veneziano della citt&agrave;, perfetto per proporzioni spaziali tra le lunghezze dei lati della piazza e il volume dei portici. Qui affacciano la Loggia, il cinquecentesco Palazzo notarile con un bel portale scolpito, la quattrocentesca casa Vender, il Monte di Piet&agrave; e la Torre dell&rsquo;Orologio. Nell&rsquo;arcata sotto l&rsquo;orologio, una stele in marmo ricorda i morti dell&rsquo;attentato terroristico del maggio 1974.       

Dal complesso monastico di Santa Giulia al Parco archeologico romano, simboli di un passato glorioso

Brescia, una città di potere

        A guardarla dal basso la cupola della Basilica di San Gaudenzio a Novara pare tutta sbagliata: troppo stretta, troppo alta, dall'equilibrio troppo innaturale. Eppure quella cupola bizzarra che sembra spiccare il volo, disegnata nell'Ottocento da Alessandro Antonelli (quello della Mole torinese) accanto al settecentesco campanile di Benedetto Alfieri e sopra la seicentesca basilica progettata da Pellegrino Pellegrini, &egrave; l'emblema perfetto di Novara.  Una citt&agrave; elegante e brusca, piantata nella pianura tra il Ticino e il Sesia, piemontese ma anche un po' lombarda, dove la storia ha sovrapposto le epoche senza pudore, lasciando ben visibili fratture e contrasti. Una citt&agrave; bella e schiva che i turisti spesso scansano attratti dallo spettacolo della vicina Bassa, con il mare a scacchi delle risaie, i sapori grassi e schietti di salumi e formaggi sontuosi come il gorgonzola, il profumo del Nebbiolo. Una citt&agrave;, nell'epoca del turismo di prossimit&agrave;, tutta da scoprire. A cominciare dai 121 metri della cupola Antonelliana, senza dimenticare gli interni della basilica con il bel polittico cinquecentesco opera di Gaudenzio Ferrari, per proseguire con il Palazzo del Mercato, con portici e importanti sculture, la cappella di San Siro del XII secolo e lo sfarzoso Palazzo Bellini con i suoi interni rococ&ograve; che sono tutto un fiorire di stucchi e ori.  Tra i monumenti pi&ugrave; significativi anche il Battistero paleocristiano con pregevoli affreschi dedicati all'Apocalisse e al Giudizio Universale e il Duomo, la cui attuale struttura risale alla met&agrave; dell'800, anche se il mosaico pavimentale del presbiterio tradisce pi&ugrave; antichi natali. All'interno sono custoditi alcuni dipinti di Bernardino Lanino e seicenteschi arazzi fiamminghi che illustrano episodi della vita di Salomone. Merita infine una passeggiata lungo le antiche mura romane, che qui chiamano pomposamente baluardi: costruite alla fine del I sec a.C. sono composte con ciottoli di fiume legati tra loro con la malta disposti a fasce, intervallate da linee di mattoni.       

Nella citt&agrave; dove la Storia ha sovrapposto le epoche senza pudore, lasciando ben visibili fratture e contrasti

Novara, la Signora della Bassa

        Appena a sud di Bolzano, alla destra orografica dell&rsquo;Adige, si trova una delle aree vinicole italiane pi&ugrave; interessanti. Non solo per i vigneti che ne ricoprono le colline, a cui una cresta di montagne fa da riparo dai venti freddi, ma anche perch&eacute; la strada che l&rsquo;attraversa, e che non per niente &egrave; chiamata la Strada del Vino, si snoda per una quarantina di chilometri attraverso borghi da fiaba e antichi castelli. Partendo da Bolzano, dove &egrave; d&rsquo;obbligo la visita all&rsquo;avveniristica architettura della sua rinomata Cantina (kellereibozen.com), la prima tappa &egrave; il comune vinicolo di Appiano, il pi&ugrave; grande dell&rsquo;Alto Adige, dove si trovano tre distillerie di grappa e 25 cantine. Qui, alla fine della vendemmia, l&rsquo;ultimo carico d&rsquo;uva viene solennemente trasportato da un vecchio trattore addobbato fino alla piazza della chiesa, dove i grappoli vengono spremuti con un antico torchio e sono offerte degustazioni di mosto e di vini. Caldaro, una manciata di chilometri pi&ugrave; a sud, &egrave; famosa soprattutto per l&rsquo;autoctono Kalterer See, che prende il nome dal vicino lago. &Egrave; lo specchio d&rsquo;acqua balneabile pi&ugrave; grande e pi&ugrave; caldo delle Alpi, un paradiso per il nuoto, il surf e la vela, dove si coltivano 750 ettari di viti baciate dal sole. Nel cuore del paese, il Museo del vino ha una bella esposizione di attrezzi, strumenti utilizzati dai bottai e recipienti d&rsquo;epoca, e consente di degustare l&rsquo;uva di trenta variet&agrave; di vitigni storici altoatesini. In settembre, sulla piazza principale del paese, si celebrano le Giornate del Vino, in cui i produttori caldaresi presentano circa 150 etichette.  Non solo viti, ma cipressi, fichi e limoni abitano i giardini di Termeno, terra d&rsquo;origine del Gew&uuml;rztraminer e affascinante connubio di vecchio e nuovo, tra cantine, palazzi storici, distillerie e cantine dal design futuristico. Cortaccia, dove gi&agrave; gli antichi romani pigiavano l&rsquo;uva, &egrave; da scoprire a piedi, lungo un sentiero che serpeggia tra viti, dimore storiche con cantine antichissime e 22 masi vinicoli. Come pure Magr&egrave;, dove tra vicoli tortuosi, corti e palazzi medievali dalle facciate affrescate si incontra il vitigno pi&ugrave; antico, che risale al lontano 1601. Frutteti e vigneti circondano anche Cortina sulla Strada del Vino, dove le viti, piantate da sempre alla nascita del primo figlio, al passaggio di consegne o alla costruzione di un maso, abbracciano persino le facciate delle case. Al confine con la provincia di Trento, Salorno vanta edifici rinascimentali e barocchi e un maestoso castello. Sulla sponda orientale dell&rsquo;Adige, il borgo storico di Egna, importante centro di scambi commerciali fin dal Medioevo, con le vie contornate da portici, le residenze signorili, i meravigliosi cortili che regalano al suo centro storico un&rsquo;atmosfera unica. Senza contare le numerose enoteche e osterie che invitano a gustare un buon bicchiere di vino prodotto dalle cantine locali.        

Tra colline, laghi e vigneti, alla scoperta di castelli e borghi medievali. E dei nettari custoditi nelle migliori cantine

Val d’Adige, sulla strada del Vino

        "Somiglia d'intorno il Benaco una gran tazza argentea, cui placido olivo per gli orli nitidi corre misto a l'eterno lauro". Lo scriveva Carducci per celebrare il lago di Garda. In effetti, la luminosit&agrave; e la dolcezza del clima, la ricca vegetazione di olivi, palme, cipressi, limoni, oleandri e aranci, e la grandiosit&agrave; dei paesaggi e la storia antica dei suoi borghi ne fanno una delle mete pi&ugrave; apprezzate dai turisti, provenienti soprattutto dal centro Europa. La costa meridionale, tra Desenzano e Sirmione, rappresenta la quintessenza di queste qualit&agrave;.  Desenzano, dove si arriva comodamente in auto con la A4 o in treno, affonda le sue radici in epoca romana. Lo testimoniano i resti di una grandiosa villa del IV secolo, con splendidi pavimenti a mosaico, e il Museo archeologico, che custodisce uno degli aratri pi&ugrave; antichi del mondo. Il centro storico, attono a piazza Malvezzi e al porto vecchio, vanta bei palazzi cinquecenteschi, mentre nella cappella del Duomo si pu&ograve; ammirare L'ultima cena (1738) di Gian Battista Tiepolo.  Ma il vero gioiello di questo tratto del Garda &egrave; Sirmione, sulla lunga e sottile penisola che divide i golfi di Desenzano e Peschiera. Celebrata nell'antichit&agrave; da Catullo e poi da Stendhal, Lawrence e Goethe, oggi deve la sua fama principalmente alle propriet&agrave; curative della sua acqua termale, che sgorga da una fonte al centro del lago e riempie piscine scenograficamente affacciate sulla riva. Il centro storico, un dedalo di viuzze tra cui &egrave; bello cui girare a piedi, &egrave; dominato della duecentesca Rocca scaligera, tra le meglio conservate in Italia, dove &egrave; d'obbligo concedersi una passeggiata sui camminamenti di ronda delle mura e salire in cima al mastio, la torre pi&ugrave; alta della fortezza, dalla quale si gode di una vista spettacolare. Il luogo indubbiamente pi&ugrave; affascinante, all'estremit&agrave; della penisola dove dall'alto di uno sperone roccioso dominano tutto il Garda, sono le Grotte di Catullo, ovvero tutto ci&ograve; che resta di una sontuosa villa romana della prima et&agrave; imperiale, costruita su tre diversi livelli per superare l'inclinazione naturale della roccia e circondata un uliveto di oltre 1500 piante.  Il piano pi&ugrave; alto, corrispondente agli ambienti di abitazione del proprietario, &egrave; purtroppo quello maggiormente danneggiato (la villa &egrave; stata per secoli una cava di materiali), mentre sono meglio conservate parti del piano intermedio e le grandiose costruzioni del piano inferiore. Nel piccolo ma rilevante Museo archeologico sono esporti reperti provenienti dalle Grotte, quali frammenti di stucchi e affreschi, ma anche ritrovati in altri insediamenti situati nel territorio del Basso Garda. Terminata la visita, pausa relax sulla vicinissima Giamaica Beach (a cui si accede da un cancelletto nei pressi della biglietteria), su uno dei litorali pi&ugrave; belli del Lago di Garda, con grandi rocce lisce a filo d'acqua dove prendere il sole e fare il bagno in acque cristalline.       

Nella magica luce del Lago di Garda, tra paesaggi grandiosi, tracce di storia e benessere senza tempo

Desenzano e Sirmione: la storia siamo noi

        Tutta colpa, o merito, della Torino-Genova. Se nel primo ventennio dell&rsquo;Ottocento non si fosse messo mano ai lavori per costruire la Strada Regia dei Giovi forse l&rsquo;antica Libarna, metropoli romana fondata intorno al II sec. a.C., sarebbe ancora un tesoro sepolto. Tesoro che a fine giugno, dopo la chiusura forzata dovuta alle misure per il Covid-19, ha riaperto le sue porte ai visitatori. E a una strada, la via Postumia che correva tra Genova e Aquileia, Libarna probabilmente deve anche la sua nascita: l&rsquo;abitato sta giusto lungo un tratto della consolare di Postumio Albino. L&rsquo;area archeologica, che corrisponde ad appena un decimo della citt&agrave; originaria, sfoggia le classiche caratteristiche monumentali dell&rsquo;urbanistica romana: i templi, il foro, le terme, le botteghe, le ville e le residenze private con i tipici ambienti disposti intorno a un cortile centrale, il peristilio. E poi c&rsquo;era il teatro, una cosa di una certa imponenza con il suo ambulacro esterno a ventidue arcate, la cavea divisa in ventisei file di gradoni che potevano accogliere poco meno di quattromila spettatori (con la app Libarna &egrave; possibile vederne una ricostruzione tridimensionale). &Egrave; ancora visibile anche un grande mosaico che raffigura il mito di Licurgo e Ambrosia.  Attorno all&rsquo;antica citt&agrave; romana si allargano placide le colline del Gavi, un posto che, se volesse, potrebbe fare una concorrenza agguerrita al Chianti e alle Langhe. Le morbide montagnole dove s&rsquo;allineano i filari sono ricche di terre rosse e marne argillose, terreno adatto a produrre quell&rsquo;uva Cortese che, nel 1798, il Conte Nuvolone, vicedirettore della Societ&agrave; Agraria di Torino descriveva cos&igrave;: &ldquo;Grappoli alquanto lunghetti, acini piuttosto grossi, quando &egrave; matura diviene gialla ed &egrave; buona da mangiare, fa buon vino, &egrave; abbondante e si conserva&rdquo;. I venti della vicina costa ligure poi danno ai vini un profumo d&rsquo;agrumi. Il risultato &egrave; un bianco fresco e armonico, dalla struttura sapida e minerale con sentori che vanno dal pompelmo alla pesca a polpa bianca e alle mandorle amare, il Gavi appunto, declinato nelle versioni tranquillo, frizzante, spumante, riserva, riserva spumante metodo classico. Se ne sta alta su una collina pure l&rsquo;antica Fortezza di Gavi, baluardo della Repubblica di Genova, costruito a pi&ugrave; riprese a partire dal XII secolo e utilizzato fino al secolo scorso come galera. Sono ancora visibili (e visitabili) le tante celle dove, tra il 1940 e il 1943, furono imprigionati i soldati anglo-americani, ma il punto pi&ugrave; spettacolare sono i bastioni che regalano un panorama a 360 gradi sui vigneti, i boschi e la sagoma brusca e geometrica del Monte Tobbio. Ai piedi del forte si distende il vecchio borgo di Gavi, bandiera arancione del Touring Club Italiano: un abitato dal vago sapore genovese con il suo Portino, unico sopravvissuto dei quattro ingressi che nel Medioevo bucavano le mura cittadine. Da vedere assolutamente la chiesa di San Giacomo Maggiore, uno dei migliori esempi di architettura romanica nell&rsquo;alessandrino, con un pregevole portale con architrave su cui spicca un bassorilievo che raffigura l&rsquo;Ultima Cena; e poi il Santuario di Nostra Signora della Guardia e gli eleganti palazzi rinascimentali come Casa Ayroli e Palazzo Serra. Da assaggiare invece i celebri amaretti di Gavi.        

Dalle dolci colline dell&rsquo;uva Cortese alla metropoli romana, con tanto di terme e teatro, scoperta per caso

Gavi e Libarna, uno storico brindisi

        L&rsquo;imponente mole del Forte di Bard (appena dopo l&rsquo;uscita Pont-St-Martin, sulla A5) segna in modo spettacolare l&rsquo;ingresso della Valle d&rsquo;Aosta. Impossibile non vederlo, e non fermarsi per visitarlo, tanto pi&ugrave; che &egrave; una delle sedi museali pi&ugrave; interessanti della Vall&eacute;e. Dopo il recente periodo di forzata chiusura, il forte ha riaperto tutti i suoi spazi espositivi permanenti: il Museo delle Alpi, il Museo delle fortificazioni e delle frontiere e il percorso storico all&rsquo;interno delle prigioni. E anche le esposizioni temporanee, allestite nelle sale al livello pi&ugrave; alto, sono regolarmente visitabili.  A queste si aggiunge la sezione Uno sguardo al futuro, anteprima del progetto dedicato al soggiorno di un oltre un anno che il fotografo e la sua famiglia stanno effettuando alle Isole Svalbard, nel Mar Glaciale Artico, con l&rsquo;intento di documentarne il cambiamento climatico. Sar&agrave; invece visitabile fino al 13 settembre la mostra Wildlife Photographer of the Year, emozionante percorso espositivo che propone in&nbsp;100 immagini gli scatti pi&ugrave; spettacolari del mondo animale e vegetale realizzati nel 2019. Prorogata per tutta l&rsquo;estate anche PhotoAnsa 2019, volume fotografico trasformato in progetto espositivo. Oltre cento le immagini in mostra, che toccano moltissimi temi: dalle tragedie dei migranti a Greta Thunberg dal disastro del ponte Morandi al rogo di Notre-Dame a Parigi, alle grandi imprese sportive dell&rsquo;anno.Al Forte si sale a piedi lungo la comoda passeggiata panoramica esterna con accesso dallo splendido borgo medievale mentre gli ascensori in questa fase saranno riservati alle persone con difficolt&agrave; motorie e alle famiglie con passeggini. Non &egrave; prevista la prenotazione, ma gli ingressi sono contingentati e resta obbligatorio l&rsquo;uso della mascherina. &Egrave; consigliato l&rsquo;acquisto online dei biglietti sul sito fortedibard.it.       

In una delle sedi museali pi&ugrave; spettacolari e interessanti della Vall&eacute;e torna l&rsquo;estate e si mette in mostra

Forte di Bard, baluardo d’arte

        Il Sacro Monte di Crea &egrave; insieme ad altri sette monti in Piemonte e due il Lombardia nella prestigiosa lista dei beni tutelati dall&rsquo;Unesco. Il grande fascino offerto del paesaggio, la storia, l&rsquo;architettura e le opere d'arte che vi sono conservate, hanno spinto l&rsquo;organizzazione ha riconoscere nel 2003 l&rsquo;alto valore di questi luoghi e quindi a conferirgli il riconoscimento. Come se non bastasse, dal Sacro Monte di Crea, che sorge sulla sommit&agrave; di una collina, si pu&ograve; godere di una delle pi&ugrave; belle viste sui paesaggi vitivinicoli nel cuore del Monferrato. L&rsquo;origine della sacralizzazione del Monte &egrave; fatta risalire a Sant&rsquo;Eusebio, vescovo di Vercelli che, si narra, nel IV secolo si sarebbe qui ritirato per sfuggire alla persecuzione degli Ariani. La decisione di realizzare il Sacro Monte risale al 1589, quando il priore della chiesa della Madonna Assunta di Crea ebbe l&rsquo;idea di realizzare un itinerario religioso in immagini per favorire la preghiera e la meditazione e rinnovare la devozione mariana del luogo. Il forte legame fra il santuario e la dinastia regnante nel Monferrato ha visto partecipi all&rsquo;impresa la nobilt&agrave; locale, l&rsquo;alto clero e le comunit&agrave; vicine e al progetto hanno lavorato importanti artisti, tra cui Moncalvo, i Prestinari e i de Wespin, autori dello spettacolare complesso scultoreo della cappella del Paradiso dell'inizio del XVII secolo. Il progetto iniziale prevedeva la costruzione di 15 cappelle, i misteri del rosario, diventate nel tempo 23 cappelle, oltre a 5 romitori.  Dopo un periodo di abbandono, nel periodo napoleonico, si procedette, nel corso dell&rsquo;Ottocento, ad un&rsquo;intensa opera di restauro a cui contribuirono le comunit&agrave; (vicar&igrave;e) locali. Nel 1980 &egrave; stata istituita nell&rsquo;area una Riserva naturale di 47 ettari, allo scopo di tutelare e valorizzare le caratteristiche ambientali, paesaggistiche e architettoniche del territorio del Sacro Monte e a promuoverne la fruizione. Il versante nord del colle, ripido e ombroso, &egrave; prevalentemente occupato da olmi, ciliegi, carpini bianchi, castagni e aceri, mentre il versante sud, pi&ugrave; temperato e meno ripido, &egrave; costituito da un fitto ceduo di roverella e orniello. Nel Parco sono diffusi il tasso, la volpe, lo scoiattolo, il moscardino e il ghiro, pi&ugrave; una nutrita e varia schiera di volatili e rapaci.       

In pieno Monferrato per un tour tra paesaggi mozzafiato, storia e opere d&rsquo;arte, in uno dei luoghi riconosciuti patrimonio Unesco nel 2003

Sacro Monte di Crea, un viaggio tra spiritualità e natura

        Raggiungere la Valle Vigezzo con i trenini colorati di bianco e blu della Ferrovia-Centovalli &egrave; un sogno. A raccontarne il fascino &egrave; stata anche Lonley Plantet che ha inserito proprio questa linea tra le 10 pi&ugrave; belle di tutto il mondo. La valle va visitata a passo lento e regala angoli affascinanti e piccoli borghi che una volta scoperti restano nel cuore come Santa Maria Maggiore, il centro principale, e poi Craveggia, Druogno, Malesco, Re, Toceno e Villette. Dove boschi di faggi, alpeggi, laghetti e cime maestose fanno da silenziosa cornice a piccole chiese, case affrescate, splendide meridiane, tipiche baite in pietra.  Con decine di sentieri per escursionisti pi&ugrave; o meno esperti, la valle offre un ventaglio di attivit&agrave; adatte a tutti, dai percorsi pi&ugrave; semplici alle cime pi&ugrave; impegnative, raggiungibili per mezzo della cabinovia che porta ai 1700 metri della Piana di Vigezzo. L&rsquo;area ospita inoltre un parco avventura, campi da tennis, piscina, maneggi, un campo da golf e una pista ciclo-pedonale di 15 km. Alcuni originali musei offrono la possibilit&agrave; di conoscere la cultura locale. Dalla Scuola di Belle Arti, l&rsquo;unica ancora attiva su tutto l&rsquo;arco alpino, al Tesoro di Craveggia, custodito nella chiesa parrocchiale; dalla Casa del Profumo, che celebra la nascita e la vera storia dell&rsquo;Acqua di Colonia, all&rsquo;Ecomuseo di Malesco, dedicato alla pietra ollare e agli scalpellini, e al Museo dello Spazzacamino di Santa Maria Maggiore, legato alla memoria di questo antico mestiere. Tra i pi&ugrave; bei percorsi per scoprire il territorio c&rsquo;&egrave; l&rsquo;antica Via del Mercato, che collega Italia e Svizzera lungo mulattiere impiegate dal Medioevo al XIX secolo da emigranti, pellegrini e mercanti. Il Circuito dei Santi tocca i piccoli oratori delle frazioni rurali, il maestoso Santuario della Madonna del Sangue di Re e la chiesa parrocchiale di Santa Maria Maggiore, il luogo di fede pi&ugrave; antico della valle. Sono numerosi i prodotti tipici di alta qualit&agrave;: dal pane nero di segale agli amiasc, sottili e golose sfoglie cotte su ferri roventi, dalle polente al capretto tipico vigezzino, dai formaggi alla torta pane e latte, tra i pi&ugrave; amati della valle. &nbsp; &nbsp;       

Una valle ricca di fascino e antiche tradizioni, famosa anche per aver ispirato grandissimi artisti

Valle Vigezzo: tra boschi, chiese e pittori

        Meta Uno a Ponente, l&rsquo;altro a Levante. I pi&ugrave; bei parchi storici di Genova paiono incorniciare la citt&agrave; e delimitarne i confini. A pochi passi dalla passeggiata a mare di Pegli, Villa Durazzo Pallavicini &egrave; il giardino romantico per eccellenza. Il Marchese Ignazio Pallavicini lo fece progettare verso la met&agrave; del XIX secolo all&rsquo;architetto Michele Canzio, all&rsquo;epoca scenografo del Teatro Carlo Felice, che lo concep&igrave; come una vera e propria rappresentazione teatrale, racconto del viaggio iniziatico di un cavaliere verso la purezza. Dall&rsquo;ingresso principale della villa, accanto alla stazione ferroviaria di Genova Pegli, il viale d&rsquo;accesso conduce a quella che fu la residenza estiva dei Marchesi, oggi sede del Museo Archeologico.  Poco distante, l&rsquo;Orto Botanico voluto dalla Marchesa Clelia Durazzo Pallavicini, dove &egrave; possibile ammirare diverse serre dedicate ai vari gruppi di piante (succulente, carnivore, felci, ecc.), mentre le splendide aiuole esterne custodiscono centinaia di specie pregiate. Lasciando l&rsquo;Orto Botanico, si accede al parco vero e proprio, con le sue scenografie: dalla Tribuna Gotica alla Coffee House, dal Viale Classico, fino all&rsquo; Arco di Trionfo. Un viaggio attraverso i secoli e le culture tra alberi rari e maestosi, templi, obelischi, grotte, laghi e pagode. Imperdibile, a inizio primavera, la fioritura delle Camelie Antiche, un tempo coltivate personalmente dalla marchesa.  Dall&rsquo;altra parte di Genova, l&agrave; dove comincia la Riviera di Levante, i Parchi di Nervi, borgo marinaro a pochi chilometri dal centro, sono in realt&agrave; formati da diversi giardini, che anticamente appartenevano a storiche ville. La prima che si incontra &egrave; Villa Gropallo, ristrutturata alla met&agrave; dell&rsquo;800 dal marchese Gropallo come residenza di campagna, e oggi &egrave; sede della Biblioteca Brocchi e della stazione dei Carabinieri di Nervi. Proseguendo verso est, superato un piccolo ponte di collegamento, si raggiunge Villa Saluzzo Serra. Edificata con ogni probabilit&agrave; nel Cinquecento e appartenuta in origine alla famiglia Romeo e successivamente ai marchesi Saluzzo, fu acquistata nel 1815 da Gerolamo Serra che diede inizio ai lavori di trasformazione in parco paesaggistico. Il complesso fu ceduto nel 1927 al Comune e dal 1928 la villa ospita la Galleria d&rsquo;Arte Moderna di Genova. Villa Grimaldi Fassio, acquistata nel 1956 dall&rsquo;armatore Ernesto Fassio, &egrave; stata l&rsquo;ultima a entrare tra le propriet&agrave; del Comune. Anch&rsquo;essa sede museale, ospita le pregiate Raccolte Frugone, con sculture e dipinti di diversi artisti italiani ed europei. Infine, l&rsquo;affascinate Villa Luxoro, la pi&ugrave; recente tra quelle che fanno parte dei Parchi di Nervi, realizzata nel 1903, conserva a tutt&rsquo;oggi molte opere di arte figurativa e applicata. Fiore all&rsquo;occhiello dei Parchi &egrave; il Roseto Luigi Viacava. Restaurato nel 2012 e suddiviso in aree che raggruppano rose antiche, moderne e da concorso, vanta la presenza di oltre 200 variet&agrave; di piante dai colori straordinari. Passeggiando lungo i percorsi verdi, tra prati all&rsquo;inglese, alberi rari e fontane, si arriva alla scogliera di Capolungo da cui si gode di un panorama straordinario sul Golfo Paradiso e sul promontorio di Portofino.       

Da Villa Durazzo Pallavicini ai Parchi di Nervi: alla scoperta del capoluogo ligure attraverso i suoi giardini storici

Genova, a piedi nudi nel parco

        Soltanto a nominarle, le Langhe, viene l&rsquo;acquolina in bocca. Un autentico trionfo di profumi e di sapori, meta perfetta per un tour enogastronomico tra antichi borghi, castelli e un susseguirsi di dolci pendii coltivati a vite entrati a far parte della World Heritage List dell&rsquo;Unesco. Gi&agrave; Plinio il Vecchio raccontava che questi terreni erano adatti a coltivare la vite, soprattutto nei dintorni di Alba e a Pollenzo, uniche due citt&agrave; di origine romana. E proprio Alba, capitale delle Langhe, &egrave; il punto di partenza di un itinerario che tocca i pi&ugrave; rinomati borghi del territorio e consente di godere del paesaggio, con pi&ugrave; di una sosta golosa. La citt&agrave;, che ogni anno in autunno ospita la prestigiosa Fiera internazionale del tartufo bianco di Alba (la cui novantesima edizione &egrave; stata annunciata per il prossimo ottobre), ha un centro storico dove passeggiare tra palazzi patrizi, strade medievali, chiese e piazze che si perdono nei secoli.  Usciti dal centro e imboccata la Provinciale 3 in direzione di Barolo, la prima tappa &egrave; al Castello di Grinzane Cavour, dove Camillo Benso, che vi soggiorn&ograve; tra il 1832 e il 1849, periodo in cui fu sindaco del piccolo comune, ha ancora un letto e una stanza e dove si pu&ograve; ammirare il cinquecentesco soffitto a cassettoni con 157 tavolette dipinte. Alcune sale sono dedicate al Museo etnografico, che ospita rari oggetti dell&rsquo;enogastronomia locale. A pianoterra si apre l'Enoteca regionale piemontese, vetrina prestigiosa dei migliori vini e grappe della regione, mentre ai tavoli del ristorante Al Castello, allestiti per la stagione nella corte, si assapora la cucina di confine dello chef stellato Marc Lanteri. Tornati sulla Provinciale, poco dopo il bivio per La Morra, merita una deviazione la Cappella delle Brunate, dove una piccola chiesetta mai consacrata, un tempo riparo per i vendemmiatori, &egrave; stata dipinta da due artisti di fama internazionale. L'inglese David Tremlett a met&agrave; degli anni Novanta ha dipinto l'interno, mentre l'americano Sol LeWitt ha trasformato l'esterno con i suoi famosi wall painting.  Si prosegue quindi fino a Barolo, dove ha sede, nelle antiche cantine del Castello, la prestigiosa Enoteca regionale del Barolo, con il Museo del Vino e, accanto, l&rsquo;originale Museo dei Cavatappi, con una collezione di ben 1400 esemplari. Il punto pi&ugrave; a sud dell&rsquo;itinerario &egrave; Dogliani, patria del Dolcetto. Ponte tra la Langa del Barolo e l&rsquo;Alta Langa, sulle colline care a Cesare Pavese e Beppe Fenoglio, mantiene ancora oggi la fisionomia urbanistica delle origini, con il Borgo, situato sul fondovalle accanto all&rsquo;alveo del torrente Rea, e il Castello, in posizione pi&ugrave; elevata. Ma per vedere il pi&ugrave; affascinante dei castelli di Langa bisogna passare, sulla via del ritorno, da Serralunga d'Alba, dove si eleva una fortezza costruita nel 1300 e considerata tra gli esempi meglio conservati dei quel periodo. Appena fuori dal paese, la tenuta di Fontanafredda con la Casa di Caccia della Bela Rosin, alcova d&rsquo;amore di Vittorio Emanuele II e Rosa Vercellana, diventata poi contessa di Mirafiori e moglie morganatica del re.       

Sulle colline a sud di Alba, dove si celebra l&rsquo;arte del gusto. Tra borghi storici e paesaggi che invitano al relax

Alba e Langhe: vigneti e castelli, Barolo e tartufi

        Ci sono tanti modi per visitare il Lago di Como e le meraviglie che lo circondano. Si pu&ograve; ad esempio partire dalla cattedrale di Como oppure dal Palazzo del Broletto e, lasciandosi alle spalle Villa Olmo, proseguire sulla Strada Regina e raggiungere Cernobbio, adagiato ai piedi del Monte Bisbino. Una volta arrivati: prima piccola sosta, Villa d&rsquo;Este. E se il look e l&rsquo;ora non sono appropriati per un aperitivo all&rsquo;elegante bar Terrazza, si pu&ograve; ripiegare sul bar Gei di piazza Mazzini, che produce, tra l&rsquo;altro, ottimi gelati.George Clooney a parte, che com&rsquo;&egrave; noto ha casa nei dintorni, tra Laglio e Brienno il lago offre incomparabili bellezze. A cominciare dalla minuscola Isola Comacina, l&rsquo;unica del Lario, tra Sala Comacina e Ossuccio. Da non perdere, sul promontorio prima di Lenno, Villa del Balbianello, di propriet&agrave; del Fai, e il suo giardino con platani a candelabro, cascate di glicini, ortensie e rododendri.  A Villa Carlotta, a Tremezzo, si ammirano L&rsquo;Ultimo addio di Romeo e Giulietta di Francesco Hayez e il parco traboccante di fiori. Prima di imbarcarsi, a Cadenabbia, sul traghetto che, con partenza ogni mezz&rsquo;ora (navlaghi.it), porta in soli dieci minuti a Bellagio, la pi&ugrave; turistica e internazionale delle localit&agrave; lariane, con il bel lungolago, le case colorate, gli hotel di lusso, le botteghe, i bar e ristoranti affacciati sulla riva e, naturalmente, Villa Melzi, con i suoi splendidi giardini all&rsquo;inglese. E se fin qui ha prevalso l&rsquo;aspetto contemplativo, o al massimo quello goloso, a Bellagio comincia la parte pi&ugrave; divertente del tour per chi ama guidare. Seguendo le indicazioni per Erba, la strada sale in quota fino al Santuario del Ghisallo (tempio del ciclismo, con un bel museo), da dove si gode di una spettacolare vista su tutto il lago. Poco prima di arrivare ad Asso, seguendo sulla destra l&rsquo;indicazione per Sormano, si giunge all&rsquo;osservatorio astronomico, da cui, nelle belle giornate di sole, si vede tutta la Pianura Padana fino all&rsquo;Appennino.Da qui la strada prosegue fino a Pian del Tivano, da dove inizia la discesa verso Zelbio, a 800 metri di altezza, circondato da maestosi castagneti cui si alternano boschi di faggi, querce, betulle e pinete. Dopo un tratto con tornanti immersi nel verde, si arriva all&rsquo;incantevole, quanto poco conosciuto, borgo di Nesso, nuovamente a quota lago. Dove ci si ferma sull&rsquo;antico ponte della Civera, o scendendo lungo una scalinata di 340 gradini, per ammirare l&rsquo;Orrido, una profonda gola naturale con una cascata che divide in due il borgo.  Si rientra quindi a Como costeggiando il lago, giusto in tempo per una piacevole passeggiata sulla riva fino alla settecentesca Villa Geno, ai piedi della collina di Brunate. Tornando verso la centrale piazza Cavour, su cui si affacciano caff&egrave; e ristoranti, cattura l&rsquo;attenzione The Life Electric, la struttura in acciaio di Daniel Libeskind, alta pi&ugrave; di 16 metri, posta su una rotonda all&rsquo;estremit&agrave; della diga foranea e dedicata, come &egrave; facile intuire, al cittadino pi&ugrave; illustre di Como, Alessandro Volta.       

Un tour tra le rive occidentali del bacino lombardo, dove perdersi tra gli incantevoli colori e profumi della natura

Lago di Como, sui tornanti del Triangolo Lariano

        Piccolo gioiello della bassa provincia mantovana, Sabbioneta &egrave; conosciuta per essere un esperimento architettonico di &ldquo;citt&agrave; ideale&rdquo;, costruita da Vespasiano Gonzaga Colonna tra il 1556 e il 1591, seguendo i canoni rinascimentali, simboleggiati dalle proporzioni e dall&rsquo;armonia dell&rsquo;uomo vitruviano leonardesco. Da piccolo borgo fortificato Sabbioneta divenne quindi l&rsquo;epitome della citt&agrave; perfetta, con le sue mura a pianta esagonale irregolare, a formare una stella, ancor oggi visibile, con sei bastioni sulle rispettive punte, e la sua distribuzione a scacchiera. Due le porte di accesso alla cittadella, Porta Vittoria a ovest e Porta Imperiale a est, che introducono a una struttura urbanistica dalle linee rigorose, un impianto simile ai castra romani con 36 isolati quadrangolari suddivisi in vie ortogonali. Dimostrazione dell&rsquo;ordine e del rigore della pianta cittadina &egrave; la prospettiva che si gode dal centro della piazza Ducale, che conduce alla facciata di Palazzo Ducale e al profilo della chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta. Inoltre, girando lo sguardo a 360 gradi, sempre dal centro della piazza principale ci si accorger&agrave; della cadenza regolare con cui si aprono le vie principali porticate.  Il Palazzo Ducale, che si apre sulla piazza con un loggiato a cinque archi costruito tra il 1568 e il 1577, era la sede rappresentativa e la residenza privata del Duca Vespasiano Gonzaga. All&rsquo;interno sono conservati resti degli affreschi di Bernardino Campi, Pietro Pesenti e Fornaretto Mantovano, oltre che splendidi soffitti in legno intagliato in parte ancora coperti dalla doratura originale. Al primo piano si &egrave; accolti dall&rsquo;imponente sala delle Aquile, con quattro statue equestri a grandezza naturale, e dalla Galleria degli Antenati, con bassorilievi che rappresentano i Gonzaga. Da non perdere &egrave; il cosiddetto Teatro all'Antica di Sabbioneta, o Teatro Olimpico, il primo teatro costruito in Italia, considerato il capolavoro dell&rsquo;allievo di Palladio, Vincenzo Scamozzi, che lo realizz&ograve; tra il 1588 e il 1590. La pianta &egrave; rettangolare, ma la gradinata in legno segue una loggia a semicerchio sormontata da statue. Il restauro del Teatro, in anni recenti utilizzato come caserma prima e come cinema poi, ha visto il recupero di porzioni dei bellissimi affreschi originali. Il lato sud di piazza Castello &egrave; occupato da Palazzo Giardino, residenza privata del principe Gonzaga costruito tra il 1577 e il 1588 su due piani. Gli ambienti interni sono molto ben conservati e vi si ritrovano ricche decorazioni e i pavimenti in marmo. La Galleria degli Antichi lunga 97 metri, che corrisponde al porticato che d&agrave; sulla piazza, conserva affreschi di Giovanni e Alessandro Alberti mentre la ricca collezione di busti e statue classiche venne trasferita a Mantova presso Maria Teresa Gonzaga.        

Riconosciuta Patrimonio dell&rsquo;Umanit&agrave; dall&rsquo;Unesco nel 2008, la cittadina mantovana conserva tutta la magia del suo tempo &nbsp;

Sabbioneta, la città ideale dei Gonzaga

        C&rsquo;&egrave; chi per celebrare i 70 anni raduna gli amici in trattoria, chi pu&ograve; ne porta alcuni ai Caraibi, oppure spegne le candeline tra figli e nipoti. Vittorio Colombo, classe 1950, invece ha deciso di festeggiarli con un viaggio in auto di 10.000 chilometri, da Varazze in Liguria a Capo Nord in Norvegia, nel periodo pi&ugrave; freddo e nevoso dell&rsquo;anno, tra fine gennaio e febbraio 2020.  L&rsquo;idea dell'appassionato e collezionista di auto pu&ograve; sembrare stravagante, soprattutto perch&eacute; il signor Vittorio si &egrave; armato di una vecchia Renault 4, &ldquo;...un rottame comprato per 2.500 euro e restaurato con meno di 8.000&rdquo;, con il quale conta di coprire 500 chilometri al giorno e arrivare al traguardo in tre settimane. Ma come mai un uomo che si vanta di aver acquistato 49 Ferrari &ldquo;...pi&ugrave; quelle in leasing e quelle da corsa&rdquo; e ha grossi fuoristrada nella sua collezione sceglie la Renault 4 per rifare, d&rsquo;inverno, un viaggio compiuto nel 1980 in estate?&nbsp;&ldquo;Sono un appassionato di meccanica - spiega Colombo - e non ho mai avuto una R4 da ragazzo. Ma pi&ugrave; la conosco e pi&ugrave; la trovo un capolavoro di ingegneria. Creare una vettura perfetta con un budget cos&igrave; limitato, perch&eacute; la macchina &egrave; molto economica, &egrave; difficile. Tutti i dettagli della R4, dalle maniglie interne sino&nbsp;a come &egrave; disposto il motore, sono geniali. Sono certo che se la Renault facesse una R4 aggiornata avrebbe un successo strepitoso&rdquo;.&nbsp; BMW X6, il nuovo SUV coup&eacute; alla prova del gelo&nbsp;FOTO Il diario di bordo e la resa a 25 km da Capo Nord Il viaggio &egrave; iniziato lo scorso 23 gennaio con l'arrivo a Stoccarda, dopo l'attraversamento della Svizzera attraverso il tunnel del Gottardo, e ha toccato Amburgo e Copenaghen nei due giorni succesivi con 2250 km sulle spalle, 1/2 kg d&rsquo;olio utilizzato e il ripristino della tensione della cinghia alternatore.&nbsp;Luned&igrave; 27 gennaio invece Colombo &egrave; arrivato a Umea: qui &egrave; stato necessario un cambio gomme con 4 pneumatici chiodati e le "vecchie" 4 ruote smontate lasciate in hotel, pronte da recuperare al ritorno.  Marted&igrave; 28 gennaio la coppia Colombo-Renault 4 &egrave; arrivata a Rovaniemi per poi ripartire il giorno dopo per la gelida Inari. Gli ultimi 60 km di gioved&igrave; 30 gennaio a Honninsv&agrave;g non sono i pi&ugrave; fortunati del viaggio: l'avventuriero Colombo infatti &egrave; incappato in una strada chiusa per diverse ore a causa della troppa neve e la R4 &egrave; costretta a rallentare dietro lo spartineve. Venerd&igrave; 31 gennaio la situazione non migliora affatto: raggiungere Capo Nord &egrave; un'impresa impossibile visto che purtroppo gli ultimi 25 km sono stati chiusi da molti giorni per una tempesta di vento e neve, senza sapere se e quando verranno mai riaperti. Cos&igrave; Vittorio Colombo si arrende e decide di iniziare il viaggio di ritorno: un triste finale certamente non degna dell'impresa epica programmata.   Clicca qui e prova gratuitamente le finaliste del Car of the Year 2020        

L'incredibile impresa che vi raccontiamo ha per protagonista Vittorio Colombo, un 70enne sognatore appassionato e collezionatore di auto, a bordo di una R4. Ecco un piccolo antipasto della storia che trovate in edicola su Auto di febbraio

Viaggio a Capo Nord: un 70enne a bordo di una Renault 4

Cosa si prova a sorpassare un camion in piena  bufera di neve e vento nella Norvegia più estrema, a pochi passi da Capo Nord? Ecco l'impresa di Vittorio Colombo a bordo della R4 che risponderà a tutte le vostre domande

Viaggio a Capo Nord: che sorpassi VIDEO

Un viaggio incredibile fino ai confini del Nord più estremo e selvaggio: questo è il regalo per i 70 anni che Vittorio Colombo si è fatto a bordo della sua Renault 4

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