Alla sfida dei profitti vince il dividi et impera

Alla sfida dei profitti vince il dividi et impera

Separare il settore tradizionale da quello elettrico è la nuova tendenza delle Case, per capire il valore reale del business

di Monica Secondino

16.06.2022 ( Aggiornata il 16.06.2022 18:30 )

AMORE O INFATUAZIONE? Il dilemma che da secoli affligge gli amanti si vive spesso anche in Borsa. Viene da chiedersi se sia stata una semplice cotta o qualcosa di più ad esempio quello che è successo a Rivian. L’azienda che produce auto a zero emissioni è arrivata ad avere una capitalizzazione anche superiore a quella di tutto il Gruppo Volkswagen, ma poi, nei primi cinque mesi di quest’anno, ha perso il 75% del suo valore. E ancora Lucid, altra Casa americana di auto 100% elettriche, ha visto calare le sue quotazioni di oltre il 50% da gennaio a maggio. Certo, tutto il settore auto sta perdendo oltre il 30% ma sembra che l’entusiasmo nei confronti delle aziende costruttrici di auto silenziose si sia di molto raffreddato. Complice probabilmente il fatto che l’arco di Cupido ha lanciato qualche freccia avvelenata col virus di una transizione energetica destinata a rallentare a causa della guerra in Ucraina, di materie prime sempre più care e di una de-globalizzazione che si porta dietro costi crescenti, che complicano molto i bilanci delle aziende.

Polestar quotata alla Borsa di New York

Per le società produttrici di auto uno dei modi per finanziare una transizione energetica sempre più difficile può essere quello di separare le attività relative alle auto a combustione da quelle a zero emissioni. In questo modo, si mette in luce il valore di ogni business e si riescono ad attirare investitori e relativi capitali, necessari più che mai. Se il pioniere di questo genere di operazioni è stato Marchionne con lo scorporo da Fiat di Cnh Industrial prima e Ferrari dopo, oggi in diversi potrebbero seguire le sue orme, sul fronte elettrico. Tesla è naturalmente l’obiettivo a cui tendere: azienda 100% elettrica con una capitalizzazione di Borsa che ha toccato i mille miliardi di dollari, che sembra guardare tutti dall’alto anche se pure lei dall’inizio dell’anno a fine maggio aveva perso circa il 35%. Ecco quindi che Geely e Volvo quoteranno entro il primo semestre di quest’anno (almeno questo era il progetto originario) Polestar alla Borsa di New York. Venti miliardi la valutazione dell’azienda di cui anche Leonardo di Caprio è azionista che la posizionerebbe, in termini di capitalizzazione, davanti a Renault. E proprio Luca de Meo, AD del Gruppo francese, non fa mistero del fatto che stanno lavorando alla creazione di una divisione separata per i loro veicoli elettrici. Ancora presto per sapere se si tratterà di un’operazione in stile Polestar, con una quotazione autonoma, o qualcosa di più “light”. Ma non sono gli unici.

Anche Ford ha già annunciato una netta riorganizzazione che prevede l’eliminazione delle divisioni per competenza regionale – non esisterà più quindi Ford Europe ad esempio – e la creazione di due entità distinte: “Ford Blue” per il business classico e “Ford Model e” per quello elettrico. Anche in questo caso non si parla ancora di quotazione in Borsa, ma l’obiettivo è quello di aumentare il valore di ogni attività, in particolare di quello relativo alle auto elettriche. Scelta già intrapresa invece da Volkswagen che ha deciso di quotare Porsche, destinato a diventare un brand completamente elettrico entro il 2035. Herbert Diess, AD del Gruppo Volkswagen, si sta portando avanti e sta facendo le pro ve generali, magari già pensando di fare altre operazioni del gene re con Bentley e Lamborghini. A differenza di Polestar, Renault, Ford e Volkswagen, altri produttori tengono il timone dritto ed escludono completamente la possibilità di separare le attività legate alle auto elettriche da quelle tradizionali. È il caso di Stellantis e Mercedes che non ritengono utile un’operazione del genere. Sarà quindi cruciale vedere come la Borsa accoglierà la quotazione di Polestar.

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