BMW e auto elettrica. Rischio o lungimiranza?

BMW i3

di Redazione

17.06.2013 ( Aggiornata il 17.06.2013 16:16 )

Hanno già iniziato a stampare le lamiere. Anzi no, non si tratta di stampaggio e neppure di lamiere. La futura BMW elettrica avrà una scocca quasi tutta in fibra di carbonio, i cui pezzi vengono preformati a caldo, impregnati con resine epossidiche e catalizzati in autoclave. Una fabbrica strana, diversa da tutte le altre: rumori ovattati, nessun colpo di pressa, nessun robot per saldare, non volano scintille dagli archi voltaici, nessun odore di ozono. Siamo a Lipsia, città di cultura che diede i natali a famosi compositori come Bach, Mendelssohn e Wagner, e che fino a 22 anni fa era al di là della “cortina di ferro”, nella Germania dell’Est. A 30 km dalla città, in una landa deserta, la BMW ha deciso di investire 600 milioni di euro e di far sorgere la fabbrica “autosufficiente” per la produzione di auto elettriche. Con 4 gigantesche torri eoliche (sono alte 140 metri) produce energia per 26.000 megawattora all’anno, quanta ne occorre per alimentare l’intero stabilimento che produce la “i3”, la futura Bmw a batteria che verrà posta in vendita entro l’anno. Ciascun “mulino” può generare una potenza di 2500 kW, qualcosa come la potenza di 34 motori da 100 cavalli, tutti assieme. La spinta che il vento esercita sulle pale (che hanno un diametro di 100 metri) - e quindi sulla torre - è spaventosa e corrisponde esattamente, anzi è un po’ di più, a quella che un trattore di tale potenza (3400 cavalli) potrebbe esercitare trainando il rotore con un cavo. No anidride, se c’è vento Ciò consente alla Casa di dichiarare che il suo stabilimento non emette CO2. In realtà, quando l’abbiamo visitato, le pale erano ferme per mancanza di vento. Circostanza che implica l’ingresso a tampone della rete elettrica, che in Germania è ancora alimentata in parte da carbone e da altri combustibili fossili, vista anche la prossima messa a riposo di alcune centrali atomiche. In aggiunta, la Casa bavarese annuncia che il suo sistema per la costruzione delle carrozzerie richiede la metà dell’energia normalmente necessaria, consente un risparmio di acqua del 70% e non fa uso di solventi per la verniciatura e il trattamento antiruggine delle scocche. Infatti, le nuove auto elettriche Bmw, la “i3” e la “i8”, hanno uno schema totalmente nuovo: una piattaforma in alluminio che porta sospensioni, sterzo, batterie e modulo di trazione; e una cellula abitacolo, costruita tutta in fibra di carbonio, incollata letteralmente sopra la piattaforma. A parte qualche inserto in lamiera (sotto ai sedili) e qualche struttura a nido d’ape in plastica “tradizionale” (inserita nei longheroni per assorbire urti laterali), tutto il resto si affida alla fibra di carbonio e all’alluminio. In tal modo i tecnici tedeschi sono riusciti a risparmiare da 250 a 350 kg di peso rispetto a una vettura elettrica di pari dimensioni, fatta in lamiera d’acciaio. In più hanno ridotto gli investimenti normalmente necessari per il reparto stampaggio, per la verniciatura e per il trattamento di protezione delle scocche. Robusta ma fragile Domanda: come fa una carrozzeria in fibra di carbonio ad assorbire gli urti e a superare le prove di crash? Risposta: non ci riesce. Infatti, la struttura in fibra di carbonio si comporta come una scatola indeformabile, non si piega, non assorbe energia e non la dissipa durante l’urto, ma - superata una certa soglia - si spezza come fosse di vetro. Obiezione: e allora le F.1 che si schiantano contro le barriere a 200 all’ora, ma ne escono integre e salvano il pilota? Risposta: l’abitacolo delle F.1 è una struttura indeformabile, quasi un carro armato. Non si deforma, non si piega e non assorbe energia, ma queste funzioni sono affidate a qualcosa di “esterno”, ovvero alle pile di pneumatici, legati fra loro, fino a formare barriere alte 2 metri, profonde anche 6-10 metri, che proteggono le vie di fuga. L’attrito che le coperture esercitano tra loro, la grande deformazione cui vanno soggette e l’esiguo rimbalzo elastico che restituiscono alle vetture ne fanno una eccezionale struttura plastica a grande assorbimento di energia. E pensare che all’inizio, nel 1987, le commissioni sportive erano decisamente contrarie a questo sistema perché consideravano il comportamento dei copertoni più simile a quello di una molla che di un ammortizzatore. Nella Bmw “i3” la scocca in carbonio viene incollata su una piattaforma di alluminio, che pertanto è la struttura che funge da ammortizzatore e consente di superare le prove di crash. Cosa che non dev’essere risultata semplicissima, visto il gran numero di rinforzi, inserti deformabili e cautele di ogni tipo adottati. Fra i quali la totale protezione delle batterie, annegate nella piattaforma di alluminio, contornate da tutti i lati e dotate di sistemi automatici per il distacco dei collegamenti. Puzza di caramello bruciato La fibra di carbonio, che in origine è un filo di resina arammidica, cotta in forno fino a carbonizzare, viene tessuta a strati con fibre variamente orientate e sovrapposte. Le sue caratteristiche principali sono leggerezza e resistenza: pesa metà dell’acciaio e il 30% meno dell’alluminio. Una scocca in carbonio, inoltre, è composta da solo un terzo dei componenti necessari per una scocca in metallo; la sua produzione, infine, occupa uno spazio pari alla metà di quello necessario a una carrozzeria convenzionale. Tuttavia ha ancora bisogno di tempi di lavorazione molto lunghi, anche se rispetto al passato sono stati ridotti. E continuiamo con le batterie. Sono agli ioni di litio, prodotte dalla Samsung, pesano 230 kg, hanno una capacità totale di 23 kWh, sono garantite per tutta la vita del veicolo. Facendo semplici calcoli scopriamo che hanno una energia specifica di 100 wattora/kg. Che, tuttavia, per questioni di durata, non viene utilizzata al 100%, ma solo al 70%: torniamo quindi a una capacità di 70-80 wattora al kg, che è quella tipica della Nissan “Leaf” e di molte altre applicazioni elettriche garantite per oltre 5 anni. Del resto, anche gli ingegneri di Bmw non fanno mistero della striminzita capacità del loro serbatoio di energia, in grado di garantire – da nuovo - un’autonomia di marcia di 160 km, ma solo nel ciclo di misura, cioè guidando col piede di velluto. Infatti la vettura pesa pur sempre 1250 kg e i 15 kWh utili per marciare equivalgono – bene o male - all’energia meccanica ottenibile (in un motore termico) con 5 litri di benzina. Se mi lasci mi scarico Purtroppo, a differenza di un serbatoio con benzina o gasolio, le batterie – quando rimangono inattive - perdono parte della energia immagazzinata (autoscarica), e perdono anche negli anni parte della capacità di immagazzinare. Quindi, vanno incontro a un inesorabile decadimento: la Bmw, per garantire una vita riciclata anche dopo il decadimento offre ai futuri clienti la possibilità di cedere il pacco batterie agli impianti fotovoltaici o eolici, per un nuovo uso quale lo stoccaggio dell’energia prodotta, senza comportare vincoli di peso. E per minimizzare le ansie dei clienti circa il pericolo di rimanere fermi in mezzo alla strada, con le batterie a secco, ha predisposto un servizio di soccorso mobile, attrezzato con un generatore di corrente capace di rimettere in pochi minuti nelle batterie la carica perraggiungere la prima stazione di ricarica. A proposito di stazioni, ci sono stati mostrati i prototipi degli impianti domestici a corrente continua (8 ore di carica), di quelli rapidi da 2-4 ore, sempre a corrente continua, e di quelli ultrarapidi a corrente alternata (30 minuti per l’80% di ricarica). Altra preoccupazione bavarese, vista ormai la imminente immissione sul mercato, sono i sistemi di riparazione della carrozzeria. Sia le parti in fibra di carbonio, sia quelle in alluminio sono reperibili a ricambi e sono in grado di sostituire quella danneggiate, impiegando varie tecniche. Che vanno dalla semplice sostituzione per incastro (pannelli esterni della carrozzeria), all’incollaggio (parti in fibra di carbonio), dallo smontaggio (componenti avvitate) alla rivettatura per tutte le parti strutturali di alluminio. Al punto che la riparazione di una “i3” avrà costi molto simili a quelli di una Serie 1. Rivoluzione e scetticismo L’alluminio costa caro e richiede molta energia elettrica per la sua produzione come materia prima, e altrettanto per la sua lavorazione negli stampi di pressofusione. Bmw mostra come riciclando le lattine di bevande si possa neutralizzare la prima parte di tale dispendio energetico: per un fianchetto posteriore pressofuso bastano (o sono necessarie) 459 lattine di Coca. Anche la fibra di carbonio è carissima, sia come materia prima sia come cicli e tempi di lavorazione. Bmw risparmia recuperando e riciclando tutti gli sfridi e gli scarti ritagliati dopo la cottura nelle autoclavi. Poi ci sono le batterie, che sappiamo quanto costano. Dice Harald Krueger, membro di direzione e responsabile della produzione di Bmw, al termine della visita: “Vi chiederete se guadagneremo soldi con le Bmw i? La nostra risposta è: sì, siamo sicuri di guadagnare con ogni “i3” venduta, a partire dal primo giorno”. Non sappiamo ancora quale sarà il prezzo di vendita della Bmw “i3”, di certo costerà cara, sarà un simbolo di mobilità del futuro, ambito da Vip che devono esternare le loro scelte, da calciatori col portafogli gonfio e tanta passione per le auto, un must fra gli attori che hanno eletto l’ecologia a loro ideale e la California a loro residenza. Diecimila clienti così, il marchio bavarese li trova sempre, nel mondo. Il metodo produttivo che abbiamo visto nello stabilimento di Lipsia appare rivoluzionario, provoca qualche sorpresa e anche qualche scetticismo: si modellano i pezzi e le superfici invece di stamparle con presse gigantesche; si incollano le varie strutture invece di saldarle. Temerarietà da “o-la-vao- la-spacca”? O lungimiranza da primi della classe? Enrico De Vita   Inchiesta pubblicata su Auto 06/2013  

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