Sulle strade della Dakar in Rolls

Sulle strade della Dakar in Rolls

di Redazione

15.06.2009 ( Aggiornata il 15.06.2009 12:26 )

Il cileno Sebastian Etoheverry sogghigna come un bambino che ha appena rubato un petardo e l'ha fatto scoppiare. È lui il responsabile del trasferimento della gara automobilistica più ostica e infausta, la Dakar, attraverso l'Atlantico dalla sua antica sede, nel Sahara, alla nuova casa sudamericana.
A gennaio la Dakar ha attraversato l'America Latina da Buenos Aires al Pacifico e ritorno, passando due volte per le Ande e altrettante per il deserto più secco del mondo, l'Atacama. Mostruoso. Abbiamo ripercorso con Sebastian un tragitto quasi identico, attraverso l'Argentina e il Cile, compreso un passaggio sulle sporche strade del deserto dell'Atacama su una Rolls Royce Phantom. Un'idea che per Sebastian ha grande fascino.
“È fantastico portare un'auto così inglese inuna corsa francese”. L'idea, però, non è proprio campata in aria.
Nel 1981, quando la Dakar era più cruda che mai ed era solo un'escursione di Natale sotto il sole per europei mezzi matti, un team decise di portare una Rolls Royce Silver Shadow nell'avventura in Africa. Sponsorizzata da un'azienda di dopobarba, la Rolls riuscì a completare tutto il percorso fino a Dakar, ma fuori tempo massimo. L'immagine di una Rolls impegnata in un rally potrebbe sembrare vicina a Penelope Pitstop o le Wacky Races, ma non è proprio così. Ci vollero 2000 ore per preparare la Silver Shadow per la Dakar.
La nostra Phantom è uscita splendente dalla fabbrica di Goodwood. Alti standard, c'è perfino il frigorifero. Sfida impari, non c'è che dire. Il nostro viaggio è stato ispirato dalla prima parte della carriera di quello che è probabilmente il miglior pilota della storia, Juan Manuel Fangio. L'argentino iniziò a correre nelle corse sulla lunga distanza da Buenos Aires a Lima. In Perù e Paraguay non puoi che portare una versione rinforzata della Phantom. Abbiamo percorso una strada ugualmente dura, ma sportivamente parlando meno estrema: siamo partiti da Buenos Aires e ci siamo diretti a ovest attraverso la Patagonia e sulle Ande per arrivare in Cile.
Al ritorno siamo andati verso nord, passando per l'Atacama (la Dakar non è la Dakar senza un po' di sabbia), e poi ancora sulle Ande e per le Pampas fino alla capitale argentina. 10 mila chilometri in due settimane. Il Sahara ha dato alla Dakar la sua reputazione e si è portato via le vite di molti che hanno provato a vincere sulle sabbie. Ventidue ore al giorno per tre settimane, discese senza sosta di auto e moto da dune alte come un palazzo e pericoli prevedibili quanto un campo minato hanno creato un'aura di avventura che non ha eguali in nessun'altra corsa.
La Dakar in Sudamerica è molto diversa” mi spiega Sebastian. “Non ci sono 600 chilometri di sabbia in un giorno solo come in Mauritania ma la temperatura può comunque raggiungere i 45 gradi. È duro, ma in modo diverso. Meno sabbia sottile, più sentieri compatti nel deserto”. In Africa, la Dakar tagliava aree abitate solo dai nomadi Tuareg. Gli spettatori erano così rari che non serviva contarli, si poteva chiamarli per nome. In Cile, la corsa ha spinto decine di migliaia di appassionati nell'Atacama. Il Cile è la sezione più spettacolare e difficile della corsa. Non è ordinario gareggiare a 4 mila metri in un deserto che vede un dito di pioggia in un decennio. “Non c'è niente di più prezioso dell'acqua per le nostre vite qui nell'Atacama” spiega un guardiano di lama fuori dall'oasi di San Pedro de Atacama.
“Accertatevi di averne a sufficienza nel deserto”. Non c'è da stupirsi se la NASA usava l'Atacama per le simulazioni delle missioni su Marte e sulla Luna. Se il Sahara ha una morbidezza e un romanticismo alla “Beau Geste” (film del '39 con Gary Cooper ambientato nel deserto africano, NdR), l'Atacama ha un'aura ruvida e fatale. La sua bellezza sta proprio nel suo essere minacciosamente estremo. Per questo le tappe più dure della Dakar si svolgono nell'Atacama, ecco perché abbiamo portato la Rolls qui. Una settimana prima la Phantom danzava sui viali di Buenos Aires con la grazia e il portamento di Eva Peron. Ora la dama alata è sporca e le fiancate della limousine fatte a mano sono coperte di sabbia desertica. Potrebbe apparire curioso, ma la Phantom ha rivelato insospettabili doti da battaglia. Non solo sembra stranamente a suo agio sullo sporco, ma la tenuta sulle strade ondulate e scivolose è migliore di quanto possiate immaginare.
La Rolls divora la terra come un missile cruise. Buche e sobbalzi spariscono sotto il gigantesco pneumatico Goodyear da 21 pollici e, senza il controllo di trazione, mantiene un perfetto equilibrio (con un leggero blocco frontale a dispetto di assi ricoperte di ghiaia). Manca solo un qualche tipo di ruggito dal motore V12. Ma sarebbe come chiedere la luna
Le strade sporche dell'Atacama ricambiano chi spinge sull'acceleratore. In altre parole, correte a più non posso e vi divertirete. Soprattutto su un'auto da un quarto di milione di dollari sulle strade circondate dalle case di mattoni di San Pedro de Atacama, così lontane dall'immagine di Park Avenue o Park Lane.
Arrivano parecchi applausi e una ragazza addirittura ulula appena passiamo per le strette stradine alla ricerca dell'unico benzinaio del paese. A gennaio, durante la Dakar, San Pedro era piena di auto da rally che rombavano per tutta la regione. Gli alberghi come il Tierra Atacama sono tutto esaurito per l'intera durata della corsa, che ha avuto un impatto positivo sull'economia dell'area.
Il nostro passaggio ha confermato che ai cileni le vetture evocative piacciono. Non sappiamo, però, se la polizia sia stata permissiva con i corridori quanto con noi. Fermati per la terza volta in Cile, la pattuglia sull'autostrada ci ha detto chiaramente che il nostro viaggio era stato ben monitorato attraverso la nazione
. E a poco è servito il tesserino che avevamo preso all'ambasciata britannica di Santiago che ci aveva trasformato in piccole celebrità.“Non è la prima volta che siete stati fermati” disse l'ufficiale. Ma è difficile aderire al limite di 110 km/h su una vettura che può andare al triplo della velocità, per di più sulle strade più scorrevoli, aperte e meno congestionate dell'intero pianeta. I
l loro ammonimento è rinforzato da una serie di decorazioni ai bordi della strada. Sono reliquie, in effetti. Memorie di coloro per i quali guidare in Cile ha significato la morte. “Molti incidenti capitano quando la gente si addormenta al volante” ci spiega la nostra guida, Alonso. Il problema è che 110 km/h è la velocità più soporifera a cui si possa guidare. Non è una scusa che la polizia può accettare.
Ma siamo comunque usciti dal paese con la patente ancora intatta. Ci sono volute due settimane per coprire i 10 mila chilometri da Buenos Aires al Pacifico e ritorno. L'auto e i piloti non hanno quasi sudato. La Phantom non ha nemmeno un graffio per dimostrare di avere attraversato l'America Latina due volte.
A noi non resta che riportare indietro la macchina e insegnare ai francesi come correre i rally con stile.

di Jeremy Hart_foto di Anthony Cullen

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