Dove è finito Jacques Villeneuve?

Il divo scomodo. Dove è finito Jacques Villeneuve?

di Redazione

17.06.2009 ( Aggiornata il 17.06.2009 13:11 )

Potrebbe essere il titolo di una trasmissione televisiva: dov’è finito Jacques Villeneuve? Il campione del mondo di F.1 del 1997 che ha infiammato i cuori di tanti tifosi nel mondo per quel suo modo di vivere e guidare in maniera anticonformista.
Villeneuve, il pilota entrato nella leggenda non si sa bene se più per essere stato il figlio del mitico Gilles, oppure se per merito di una famosa ruotata.
Quella che gli rifilò Schumacher a Jerez de la Frontera, nel Gp di Spagna 1997, e che permise a Villeneuve di conquistare quel primo e unico titolo mondiale della sua carriera e che provocò invece al tedesco squalifica e disonore.
Personaggio scomodo, discusso, senza peli sulla lingua, Jacques Villeneuve si può amare oppure odiare. E vi dico subito che io appartengo alla prima schiera. Per i detrattori Jacques è il pilota che ha vinto un mondiale F.1 soltanto perché in quel magico 1997 aveva un missile sotto al sedere che andava il doppio delle altre monoposto.
E che avrebbe mostrato poi, con gli scialbi risultati degli anni successivi, la vera pasta inconsistente di cui era fatto. Ma per tanti, tantissimi altri appassionati di corse, Jacques Villeneuve è e resta un mito. Un talento puro della guida, ma anche un personaggio scomodo per la F.1 dorata e troppo conformista di fine Anni ‘90.
Un uomo schietto, che non si allineava al buonismo dilagante. Uno che sapeva esprimere verità controcorrente; un personaggio ribelle che l’establishment della F.1 ha tollerato a fatica quando trionfava ed era popolare, ma che è stato preso di mira ed emarginato appena ha smesso di vincere. Primo fra tutti i suoi detrattori Michael Schumacher che non perdonò mai a Villeneuve di essere stato umiliato da lui a Jerez e che gli ha sempre fatto chiudere le porte in faccia dalla Ferrari quando Jacques negli anni successivi si è offerto a Maranello.
Ragazzo colto, intelligente e poliglotta, Jacques Villeneuve parla tre lingue perfettamente (inglese, francese, italiano), è dotato di grande cultura, figlia della sua formazione cosmopolita: è stato educato in un college della Svizzera, ha vissuto in Italia, in Giappone, negli Stati Uniti, a Montecarlo e infine in Canada. Da ogni paese in cui ha abitato ha tratto insegnamenti che hanno formato e forgiato, pezzetto per pezzetto, il suo forte carattere.
A qualcuno andava storto quel suo aspetto un po’ ribelle nel parlare e nel comportarsi, che lui esasperava con un abbigliamento grunge tipico del mondo della musica rock: pantaloni larghissimi, ampie t-shirt oppure camicioni a scacchi; capelli sempre tinti (prima che cominciasse a perderli...), una volta biondi, una volta castani, una volta viola.
Ma il suo stile di guida, il suo talento al volante, resta indiscutibile. Con buona pace dei detrattori. Non si diventa campioni del mondo, anche con la migliore macchina dello schieramento, se non si possiede “qualcosa” di più. E Jacques l’aveva. È forse l’unico figlio di corridore che ha saputo ereditare i geni di pilota del genitore. Dal figlio di Gilles Villeneuve, l’uomo che ha stupito il mondo con la sua guida funambolica, dal pilota che non si arrendeva mai, che altro poteva venir fuori?
Jacques ha capito quando aveva 15 anni, e il padre era morto da tre, che guidare un’auto da corsa era quello che avrebbe sempre voluto fare. Aveva barattato con la madre, Johanna, la possibilità di provare un kart se a scuola si fosse migliorato in matematica, dove era carente.
Si applicò e la mamma, pur impaurita di avere un altro pilota in famiglia dopo la morte del marito, mantenne la promessa. Pochi sanno che il battesimo di Jacques sul kart avvenne nel piazzale del circuito di Imola, nel settembre 1985, con un mezzo fornito da due meccanici bolognesi.
Da lì la carriera di Jacques decollò. Curiosamente non debuttò nelle corse con una monoposto, ma con una berlina Alfa 33, in Italia sulla pista di Pergusa in Sicilia a soli 17 anni.
Oggi non stupisce più perché a quell’età Sebastian Vettel aveva già guidato una F.1, ma negli Anni ‘80 mettersi al volante di un’auto da corsa senza aver ancora conseguito la patente era una cosa da marziani. È sempre stato ambiguo il rapporto di Jacques Villeneuve con il ricordo del padre. Molti hanno detto e scritto che lui odiava il paragone con Gilles e che rifiutava di parlare di lui.
In realtà non è vero: Jacques non ne parlava perché non voleva che le sue parole venissero strumentalizzate, ma in realtà amava il ricordo di Gilles, prova ne sia che nel suo debutto in corsa usò sia il casco che le scarpette ignifughe del padre, anche se fuori moda e probabilmente di omologazione scaduta. Jacques Villeneuve, anche a 17 anni avrebbe avuto mille modi di procurarsi un abbigliamento moderno: se agì così, invece, è perché voleva compiere un estremo omaggio alla memoria del padre. La stella di Jacques si offuscò dopo quel primo e unico titolo mondiale conquistato con la Williams nel 1997.
Quando rinunciò a inseguire squadre vincenti e blasonate per un atto di orgoglio: fondare insieme al suo amico dei tempi del college svizzero e poi suo manager, Craig Pollock, un nuovo team grazie alla valanga di soldi offerti da uno sponsor di tabacchi. Col senno di poi fu il suo più grande errore strategico: puntare a soldi e agiatezza. La Bar non decollò mai. Ironia della sorte, oggi dalle ceneri di quella Bar è nata, attraverso la Honda, la BrawnGp che domina la F.1 con Jenson Button che nel 2003 fu compagno di squadra di Jacques.
Ormai fuori dalla F.1 da metà 2006, quando fu appiedato dalla Bmw per far posto a Kubica,Villeneuve aveva tentato con caparbietà una nuova impresa epica: vincere con la Peugeot 908 ufficiale la 24 ore di Le Mans per conquistare quel grande slam di successi nei tre eventi più mitici dell’automobilismo (Indianapolis, Mondiale F.1 e Le Mans) che nella storia delle corse è riuscito soltanto a un pilota: Graham Hill.
Ma quando era in testa, durante la notte e sotto la pioggia, è stato rimontato e superato dall’Audi che avrebbe vinto. L’ultimo brutto colpo che ha offuscato la sua fama. A Villeneuve è rimasta una pensione dorata, nella quale si è dedicato alla musica, l’altra sua grande passione assieme allo sci. Ha inciso un disco in francese (“Accepterais-tu?”), ha aperto un ristorante a Montreal e una scuola di pilotaggio. Ma pur non essendosi mai ufficialmente ritirato dalle corse, non riesce a rientrare nel giro.
E a 38 anni il tempo gli sta sfuggendo via.

di Alberto Sabbatini_Direttore di Autosprint

  • Link copiato

Commenti

Leggi auto.it su tutti i tuoi dispositivi

Auto, copertina del meseAuto, copertina del meseAuto, copertina del mese