I migliori piloti auto di sempre: dal 19° all'11°

I migliori piloti auto di sempre: dal 19° all'11°

di Redazione

18.01.2010 ( Aggiornata il 18.01.2010 09:17 )

Quinta tappa per la classifica di Autosprint dei piloti più forti degli ultimi 60 anni.
Dopo le posizioni dalla 100 alla 51, quelle dalla 50 alla 40, dalla 39 alla 30, dalla 29 alla 20, ci si avvicina all'Olimpo....

NEL CUORE degli appassionati questo silenzioso svedese, morto all’indomani di un bruttissimo incidente al Gp d’Italia del 1978, resta un punto fermo. Peterson fa parte della schiera dei piloti che non rinunciavano mai alla battaglia e che cercano di spremere dalla vettura tutto ciò che è possibile. Era velocisismo, ma la sua carriera non è stata pari al suo talento. Colpa di un carattere non facile che lo ha portato a trovarsi varie volte in diffi coltà e in grande tensione con i team per i quali gareggiava. Se si eccettua uno straordinario Gran Premio d’Italia del 1976, vinto con l’outsider March, tutte le affermazioni di Peterson sono siglate Lotus. Proprio con Colin Chapman, Ronnie intratteneva un rapporto d’amore-odio. Venne lasciato a piedi dal patron Lotus all’inizio del 1976, poi ripescato nel 1978, quando fu relegato a essere la seconda guida di Mario Andretti. Il suo limite è stato quello di essere un pilota “naturale” in un’epoca che stava trasformando il ruolo.

TUTTO LASCIA prevedere che la posizione di Lewis sia provvisoria. Tra i piloti in attività Hamilton ha tutto per potere entrare con relativa facilità tra i primi cinque di ogni tempo. Va fortissimo, ha dalla sua la giovinezza, la rabbia agonistica e quel briciolo di furbizia diplomatica che lo fa diventare il faro della squadra anche al cospetto di compagni più esperti. Non per niente è riuscito a far vedere i sorci verdi ad Alonso nel mondiale del 2007, ovvero alla sua prima esperienza assoluta con la massima formula. Campione del mondo del 2008, nettamente il pilota più veloce di quest’epoca, ha dato prova di grande maturità proprio nel 2009, quando è riuscito a riportare la McLaren a livelli di assoluta competitività dopo un inizio disastroso. Pochi gli appunti da muovergli: forse deve migliorare nel leggere tatticamente le corse ma è ancora talmente giovane che se l’ambizione non lo tradirà lo vedremo ancora fare incetta di titoli iridati. Perché non ha ancora espresso interamente il proprio potenziale.

LA STORIA DI MIKA HAKKINEN è anche quella di un uomo che è riuscito a sopravvivere a un incidente gravissimo, nelle prove del Gp d’Australia 1995, uscendo da quel dramma più forte di prima. Stella della Formula Opel Lotus europea prima e della F. 3 dopo, grande rivale di Schumacher, il fi nlandese è stato un talento naturale di enorme potenziale. Lo ha dimostrato nelle poche occasioni nelle quali ha affiancato Ayrton Senna nelle ultime corse del 1993 con la McLaren. Dopo l’incidente australiano, appena il team di Woking ha trovato la competitività, Hakkinen ha messo in riga tutti quanti nel 1998 e 1999, approfi ttando anche della sfortuna di Schumacher. Spettacolare alla guida, passerà alla storia come uno dei piloti con i quali duellare era bello. Da leggenda quel sorpasso da urlo a Schumacher a Spa 2000 approfttando di un doppiato. Duro ma corretto ha chiuso con la F.1 ancora giovane nel 2001. Ma la sua carriera al top avrebbe potuto continuare ancora per molto.

SPECIALISTA del Gp di Monaco, con cinque vittorie, due volte iridato, unico nella storia a vincere anche la 24 Ore di Le Mans e la 500 Miglia di Indy. Il papà di Damon era pilota completo, dotato di grande acume e ottima sensibilità, di un bello stile di guida. La sua passione lo ha portato dapprima a essere meccanico della Lotus per pagarsi le corse ma Chapman, dopo due anonime stagioni nel 1958 e ‘59, lo mise alla porta preferendogli Clark e altri piloti. Esplose nel 1962 con la conquista del primo mondiale al volante della BRM, che guidò fi no al 1966, quando apparve chiaro che la stella di Jackie Stewart lo metteva in ombra. Dimenticando i dissapori iniziali, approdò alla Lotus con la quale vinse il titolo 1968, dopo la morte di Clark. A fi ne carriera aveva fondato una propria squadra, l’Embassy-Hill per la quale correva l’astro nascente Tony Brise. Entrambi sono morti il 29 novembre 1975 precipitando con l’aereo privato che Hill stava guidando personalmente.

È IL PRIMO PER TITOLI, due, tra i piloti in attività - ovviamente Schumacher escluso -che appaiono in questa classifica. È il primo spagnolo ad aver conquistato il mondo dei Gran Premi ed avere distratto i propri connazionali dal motociclismo, da sempre sport prediletto della penisola iberica. Talento naturale scoperto da Giancarlo Minardi, ha progressivamente messo da parte gli ardori giovanili per diventare uno dei piloti più affi dabili del circo iridato. Ha uno stile molto personale alla guida e un carattere puntiglioso. La negativa esperienza in McLaren nel 2007 ne ha forgiato gli aspetti relazionali con le squadre per le quali lavora. Offre professionalità ma pretende di essere ripagato della stessa moneta. È quello che si aspetta dalla Ferrari a partire dalla prossima stagione. Dotato di grinta a profusione, non rinuncia mai ad attaccare gli avversari e raramente viaggia di conserva. La sua posizione tra gli assi di ogni tempo non è casuale ed è ampiamente meritata.

HA RISCHIATO di essere il secondo Stirling Moss della storia. L’appuntamento con il titolo mondiale è spesso sfumato per le circostanze più disparate. E Nigel si vedeva costretto a rimandare all’anno successivo. Arrivato in Formula 1 senza un gran curriculum alle spalle, non qualifi cato al primo Gran Premio con la Lotus, è poi esploso all’improvviso e da quel momento le sue prestazioni sono diventate sinonimo di velocità, carattere e un pizzico di follia. Come Villeneuve ha saputo offrire spettacolo, non ha mai rinunciato al duello, ha sempre provato a saggiare i propri limiti. Da lui ci si poteva attendere di tutto, anche un sorpasso all’esterno in un punto impossibile. Il suo limite è stata la fragilità caratteriale ogni qual volta in squadra, come accadde in Ferrari, trovava un compagno scomodo. Mansell resterà nella storia dell’automobilismo come uno dei piloti più veloci in assoluto ai quali difettava spesso la visione tattica della corsa. Ma è di diritto uno dei grandissimi.

EROE DEI DUE MONDI nel senso letterale del termine. Asso delle corse Usa, campione del mondo del 1978 con la Lotus, alcune prestazioni da lasciare a labbra spalancate all’epoca del suo debutto in F.1 nel 1968, qualifi cato 11° nelle prove del Gp d’Italia e corsa saltata perché tornò negli Usa per disputare una gara Usac. Ha vinto ovunque: con le Sport della Ferrari, con la Ferrari Formula 1, con la Lotus, la 500 Miglia di Indy. Gli è mancata solo la 24 Ore di Le Mans, gara che ha inseguito a lungo. Esempio di pilota eclettico, completo e velocissimo, che non ha mai mollato. Un professionista sempre ben disposto e umile ma allo stesso tempo concetratissimo in tutto ciò che poteva regalargli la vittoria. In un’epoca dove l’iperspecializzazione domina in ogni campo, l’esempio di Andretti fa venire in mente la frase resa celebre dal presidente Obama: “Yes we can” e Andretti ciò che si poteva ottenere ha ottenuto.

QUANDO APPARVE in F. 1 si capì che sarebbe diventato un grandissimo. Fittipaldi impiegò poco a vincere il primo Gp. Appena lo spazio di due mesi a 24 anni ancora da compiere, nel momento in cui venne promosso prima guida per sostituire in Lotus lo scomparso Jochen Rindt. Da allora Emerson ha vinto due campionati di F.1, primo brasiliano campione del mondo, due 500 Miglia di Indianapolis, numerose corse Indycar e un campionato della serie Usa. Completo, velocissimo, tattico, poco portato all’errore e dotato di grande sensibilità nella messa a punto, Fittipaldi ha forse ottenuto meno di quanto seminato, perché preferì rinunciare alla sicurezza di una grande squadra per intraprendere l’avventura con la Copersucar-Fittipaldi, vettura gestita dal fratello Wilson. Ed anche con quella monoposto riuscì a lottare per punti preziosi in anni di grande competitività generale. La sua è tra le carriere più importanti e longeve della storia: nel 2005 a 59 anni tornò a guidare, in F.Master, e giunse 2°!

TRE VOLTE CAMPIONE DEL MONDO, una carriera lunghissima e importante eppure poco considerato dalla critica che lo relega spesso dietro ad altri. Riportando le cose sotto un’ottica equilibrata c’è da sottolineare che Brabham ha vinto il primo titolo a motore “posteriore” della storia nel 1959; si è ripetuto nel 1960; ha fatto tris nel 1966, al primo anno della nuova era dei motori 3 litri e ha proseguito la carriera sempre tra i primissimi fi no al 1970 quando, a quasi 44 anni, vinse la sua ultima corsa, il Gp del Sudafrica. Coriaceo come pochi, durissimo, temuto da chiunque, è anche l’unico pilota della storia ad aver vinto un mondiale con una vettura da lui costruita. Australiano doc, ha attraversato varie generazioni della Formula 1 da protagonista, scontrandosi con gli eroi “classici” e quelli moderni, tenendo a battesimo schiere di futuri campioni i quali sapevano che contro sir Jack avrebbero dovuto fare i conti e che un duello con lui poteva avere esiti imprevedibili.

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