Mazda RX-7, Wankel scatenato

Mazda RX-7, Wankel scatenato

di Redazione

02.08.2011 ( Aggiornata il 02.08.2011 11:44 )

Con la Lexus LFAe la Nissan GT-R dei nostri giorni le Case giapponesi hanno rinverdito — in parte — i fasti di una ventina d’anni fa, quando le sportive nipponiche spopolavano e facevano paura alle europee. Questa puntata di AutoStory è dedicata alla Mazda RX-7, estrapolata da un confronto che facemmo su auto di agosto del ‘93 che vedeva schierato il meglio della produzione giapponese dell’epoca: Honda NSX, Mitsubishi 3000 GT, Nissan 300ZX e, appunto, la Mazda. Che abbiamo scelto non a caso, ma per una ricorrenza sportiva: la 24 Ore di Le Mans. Vent’anni fa, Mazda fece il colpaccio e alla faccia di tutti quelli che la davano per spacciata vinse l’edizione 1991 con la 787B, un prototipo Gruppo C spinto da ben quattro rotori Wankel e altrettante turbine. La RX-7 che vedete qui, di pistoni triangolari rotanti — che non è un’arma segreta di Goldrake ma sono appunto i rotori Wankel — ne ha soltanto due. Ma erano sufficienti per farle toccare la ragguardevole potenza di 241 cavalli nonostante la cilindrata totale fosse di 1,3 litri, somma data dalla cubatura unitaria di 654 cm3 di ciascuno dei due rotori. La RX-7, sigla interna FD3S che sta per la terza e ultima generazione, è una vettura interessante per almeno due motivi: oggi si possono trovare esemplari in buone condizioni a cifre nell’ordine di 10mila euro, meno di una city car. E con quel prezzo ci si mette in garage un’auto dalla meccanica più unica che rara. Aggiungiamo anche che la guidabilità era uno dei suoi punti di forza, tant’è che durante il nostro confronto fra le quattro nipponiche sulla pista di Imola, la RX-7 fece segnare il secondo tempo alle spalle della eccezionale Honda NSX. La Mazda era leggera (1340 kg effettivi), agile e precisa; con una buona dose di sovrasterzo che sapientemente sfruttata consentiva di trarre il massimo nella guida sportiva e di divertirsi un bel po’. L’unico aspetto cui fare attenzione era la frenata, non tanto per l’impianto che era ben dimensionato, bensì per la quasi totale assenza di freno motore data dalla tipologia del propulsore, che di fatto faceva gravare sui dischi tutto il lavoro decelerante. Anche le prestazioni velocistiche, considerata la potenza non esorbitante, erano di tutto rispetto: 253,3 km orari di punta massima, meno di sei secondi sullo 0-100 e ottime doti di ripresa nonostante la coppia fosse espressa a un regime piuttosto elevato (5000 giri), perché ben supportata dai due turbocompressori con intercooler aria-aria. Dal sound molto originale, la coupé col wankel pagava però consumi piuttosto elevati: mediamente 6-7 km con un litro. La Mazda RX-7 convinceva anche per gli interni curati, per la versatilità data da un vano bagagli molto ampio considerato il genere, mentre la posizione di guida era sì corretta, ma occorreva fare i conti con il sedile fisso in altezza e il volante anch’esso non regolabile.

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