Le Ferrari di Ferrari, dieci modelli mitici a 25 anni dalla scomparsa

Le Ferrari di Ferrari, dieci modelli mitici a 25 anni dalla scomparsa
Le Rosse più amate dal Drake

di Redazione

03.10.2013 ( Aggiornata il 03.10.2013 09:30 )

"Non esiste emozione più bella al mondo che guidare una Ferrari a 240 all’ora” è l’esplicita dichiarazione del regista Roberto Rossellini, affezionato cliente di Maranello, che pure le emozioni era abituato a viverle, e molto forti, con due compagne come Ingrid Bergman e Anna Magnani. La Ferrari però è riuscita a conquistare lui e gli appassionati di tutto il mondo proprio per le emozioni uniche che da sempre ha offerto con le sue prestazioni, la tenuta di strada, le linee affascinanti, gli interni coinvolgenti, ma anche, e forse soprattutto, per il suono dei suoi 12 cilindri, come scrisse il maestro Herbert von Karajan a Enzo Ferrari: “Il motore esprime un’armonia così perfetta che nessun maestro, credo, potrebbe mai interpretarla”. Proprio il 12 cilindri è stato fra i “segreti” del successo della Casa di Maranello, che fin dal debutto, nel 1947 con la 125S, ha puntato sul motore plurifrazionato per dare più potenza, prestigio e “sinfonia” alle sue vetture. Solo nel 1952, per soddisfare i nuovi regolamenti del campionato iridato, ha fatto la sua apparizione il 4 cilindri nella gamma di Maranello. A dire il vero però c’è stato agli albori della carriera di costruttore di Enzo Ferrari un propulsore meno “nobile”, l’8 cilindri di 1.5 litri, realizzato unendo due 4 cilindri Fiat, montato sulla Auto Avio Costruzioni 815, la prima vettura prodotta nel 1940 dal costruttore modenese, che allora non poteva utilizzare il suo nome e il marchio del Cavallino Rampante, per un accordo con l’Alfa Romeo, di cui aveva diretto negli anni Trenta la squadra corse. Anche il nome Ferrari ha rischiato però di non fare mai la sua apparizione sul cofano di un bolide di Maranello, come ha raccontato lui stesso in un’intervista rilasciata oltre trent’anni fa a Enzo Biagi: “Quando decisi di fare una macchina tutta mia avevo pensato di battezzarla Mutina (antico nome di Modena n.d.r.), ma fu un amico, l’avvocato Enzo Levi, che mi disse: Giacchè ti senti così convinto di riuscire devi darle il tuo nome”. Tutti gli appassionati di automobili e di corse debbono essere grati a questo amico del Drake: vedere sfrecciare una Ferrari certo è tutt’altra cosa che vedere passare una Mutina... Questi sono solo alcuni dei mille aneddoti legati alla storia della Casa di Maranello e del suo fondatore, uno dei personaggi più famosi, amati, stimati, ma anche “chiacchierati” non solo della storia dell’automobile. Certo non era perfetto, ma aveva delle doti uniche, soprattutto come conoscitore di uomini e in particolare di piloti, che l’hanno fatto diventare il numero 1 nel mondo automobilistico: anche le sue auto erano tutt’altro che perfette. “Per renderle competitive e perfette ci vogliono almeno 5 anni” dichiarò in un’intervista, e certo allora i collaudi e le verifiche erano tutta un’altra cosa rispetto a quelli attuali. Le Ferrari però furono subito le vetture più amate non solo dai piloti e dagli amanti della velocità, ma da tutto il jet set internazionale: negli archivi di Maranello si trovano centinaia di foto di Vip di tutto il mondo venuti in pellegrinaggio per visitare la fabbrica, parlare con il Commendatore e casomai ritirare la Ferrari nuova fiammante appena acquistata: re, imperatori, star di Hollywood attendevano con impazienza il giorno in cui potevano essere ricevuti dal Drake, che non poteva mancare a questo doveroso compito di rappresentanza, a cui però spesso avrebbe rinunciato volentieri. Ma quali erano i segreti di questo successo? Intanto la fama che Ferrari aveva conquistato nel mondo delle corse prima come pilota di buona levatura poi come fondatore della Scuderia Ferrari, per cui avevano corso negli anni Trenta molti dei migliori piloti del tempo, a cominciare da Nuvolari e Ascari, al volante delle Alfa Romeo. L’ultima carta vincente fu quel Cavallino Rampante, il simbolo di Francesco Baracca, il più famoso aviatore italiano della prima Guerra Mondiale, abbattuto in combattimento, che fu affidato dal padre del pilota lughese proprio a Ferrari dopo il successo conquistato sul Circuito del Savio. Chissà, senza quella vittoria, quale sarebbe stato il simbolo di Maranello e… quante altre cose sarebbero state diverse. Il vero segreto del successo erano però proprio le Ferrari: potenti, veloci affascinanti, vincenti e frutto di nuovi progetti fin dal debutto, mentre molti costruttori erano costretti a riproporre alla fine degli anni Quaranta i modelli realizzati prima della seconda Guerra Mondiale, solamente aggiornati. L’ultimo ma decisivo tocco al successo delle vetture del Cavallino Rampante lo diedero i carrozzieri: da Touring a Vignale, da Farina a Ghia e Bertone, realizzarono autentici capolavori (… non sempre), fino all’incontro, nel 1954, al Salone dell’Automobile di Torino, con Battista Pinin Farina che segnò la storia della Casa di Maranello, come racconta lo stesso Ferrari nel libro “Una vita per l’Automobile”: “Quel giorno è nato il nostro matrimonio. Pinin si stupiva del tempo che gli dedicavo, come io mi stupivo del tempo che lui spendeva per me. Così capimmo. Fu chiaro che uno cercava una macchina famosa e bella da vestire, l’altro un couturier di classe che la vestisse”. Fino ad allora la produzione della Ferrari non aveva superato le poche decine di unità all’anno, quasi sempre esemplari unici o realizzati in piccola serie o modelli destinati alle competizioni, come la 166 Inter del 1948, equipaggiata con il 12 cilindri di 2 litri da 110 cv, e la 340 America del 1951, con il V12 di 4.1 litri da 220 cv. Ma a partire dal 1957 si superano le cento unità (113 in quell’anno), con un aumento costante e progressivo, fino a raggiungere i 729 esemplari nel 1968, quando si avvertono i segni della crisi che porterà molti cambiamenti a Maranello. Grazie anche alla collaborazione con Pinin Farina nascono vetture che hanno fatto la storia della Ferrari. Fra i tanti gioielli non si possono dimenticare la spider 250 GT California del 1957, da 250 km/h, equipaggiata con il V12 di 3 litri da 240 cv, e le emozionanti fuoriserie esclusive firmate Pinin Farina: la 410 Superfast del 1956, di 5 litri, da 340 cv e 260 km/h, e la 400 Superamerica da 280 km/h. Gli anni Sessanta sono quelli del boom economico, della sempre più ampia diffusione dell’automobile e di celebri modelli Ferrari, come la 275 GTB del 1974 e l’ancora più famosa 365 GTB/4 “Daytona” del 1967, preceduta di pochi mesi dalla “piccola” Ferrari, che in realtà non ha mai portato in marchio e il nome della Casa di Maranello: la Dino 246 GT del 1967, dedicata al figlio scomparso del costruttore, equipaggiata con il 6 cilindri di 2 litri da 180 cv, con cui è iniziata la collaborazione fra Ferrari e Fiat, che ha montato sui suoi modelli lo stesso motore. La necessità di trovare un partner in grado di finanziare le corse e di assicurare un futuro alla Casa di Maranello porta nel 1969 all’ingresso del Fiat nel capitale azionario della Ferrari. Al contrario di quanto è successo ad altri marchi, come Lancia, Innocenti, Autobianchi e Alfa Romeo, fagocitati all’interno del Gruppo, grazie anche alla costante presenza del Drake alla guida della fabbrica le Ferrari rimangono Ferrari: nascono così la 308 GTB nel 1975, prodotta in oltre 12.000 esemplari, e la 512 BB nel ’76. Nello stesso anno, grazie anche alle ripetute sollecitazioni del giornalista televisivo Gino Rancati, da sempre amico del Drake, nasce anche la prima Ferrari con il cambio automatico, l’elegante coupé 400 Automatic, equipaggiata con il V12 di 4.9 litri da 340 cavalli. Non tutte le Ferrari però sono belle, abbiamo anticipato, e fra le meno riuscite ci sono le coupé 4 posti a motore posteriore: la 208 GT/4 di Bertone del 1975 e la Mondial 8 di Pininfarina, del 1980, che rimangono fra le Ferrari meno apprezzate dai collezionisti e oggi hanno quotazioni molto abbordabili. Si arriva così agli anni Ottanta e alla Testarossa, da 390 cv e 290 km/h, del 1984, che riprende il nome dall’affascinante 500 Testa Rossa, biposto scoperta da corsa del 1956. Anche la 288 GTO, supersportiva prodotta in serie limitata nel 1984, riprende il nome da una delle Ferrari più amate e ambite dai collezionisti, la 250 GTO degli anni ‘60, berlinetta da corsa contesa alle aste con rilanci da milioni di euro. (leggete qui l'articolo dell'asta da 52 milioni di dollari) Ma l’ultima Ferrari progettata e presentata sotto la guida del Drake, a cui restava sempre la parola finale prima dell’entrata in produzione, è stata la F40, nata nel 1987 per celebrare i 40 anni della Casa di Maranello: prodotta in serie limitata sfruttando le tecnologie della F.1 raggiunge i 324 km/h grazie al V8 turbo di 2.9 litri da 478 cv. Non ci poteva davvero essere un addio migliore per il più famoso costruttore di automobili di tutti i tempi.

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