Mini Panamericana: Honduras e Nicaragua in un colpo solo

Mini Panamericana: Honduras e Nicaragua in un colpo solo

Due tappe marathon, che non ci hanno permesso di vivere appieno l’esperienza del viaggio. Giornate trascorse in auto per attraversare il più velocemente possibile i due Paesi dell’America Centrale

di Cesare Cappa

03.08.2018 14:06

Le vite come nei film sono più semplici da vivere di quanto si possa immaginare. Da Netflix alla realtà il passo è stato breve, soprattutto quando di mezzo ci sono situazioni politiche incerte. Così il passaggio di Honduras e Nicaragua si è trasformato in una corsa contro il tempo, perché le condizioni di sicurezza erano precarie. Una due giorni fatta di chilometri, su strade in cui le distanze hanno una rilevanza totalmente differente rispetto a quelle europee.

Ma prima di macinare chilometri bisogna passare frontiere e dogane, un’operazione che in alcuni casi ci ha obbligati a 7 ore di fermo. Una situazione che ti fa capire quanto la pazienza sia davvero l’unica virtù disponibile. Innervosirsi come in fila alle poste non aiuta se vi trovate in Nicaragua, meglio aspettare diligentemente, tanto in un modo o nell’altro la situazione andrà a risolversi.

L’ostacolo sono state le 3 Mini Countryman Cooper S E ALL4. Ma avrebbe potuto riguardare qualunque altro tipo di veicolo al mondo che non fosse stato immatricolato da quelle parti. Così venire rimbalzati tra un’ufficio e l’altro è la prassi e l’attesa la regola.

L’ingresso in Honduras si potrebbe definire una passeggiata, avendoci impiagato poco più di due ore e 30 per controlli documenti e vetture. Probabilmente uno degli stati con le strade più belle che abbiamo percorso. In primis perché dopo l’esperienza in Guatemala le due corsie sembravano un miraggio e poi perché si sale sino a quota 1500 metri prima di passare dalla capitale Tegucigalpa.

Mini Panamericana, il viaggio continua

Mini Panamericana, il viaggio continua

Da Tikal verso Puerto Barrios e Tegucigalpa verso Managua a bordo di Mini Cooper S E Countryman ALL4

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Noi ci siamo mossi principalmente all’interno dello Stato centroamericano, lasciando spiagge e mare cristallino ai turisti. Così dalla giungla tropicale tipica del Guatemala, siamo passati alla foresta honduregna. Il colore verde rimane una garanzia, ma la vegetazione muta.

Salire di quota verso Tegucigalpa apre ad uno scenario di curve inatteso. Un toboga dove i sorpassi sono “consentiti” in ogni direzione, ideale per sperimentare la tenuta di una Mini appesantita dal pacco batterie e dalla configurazione off-road. Di sicuro la parte divertente del viaggio. Poi il divertimento si trasforma in consapevolezza: quella che per percorrere 130 chilometri siano necessarie più di 3 ore. Media che neanche una gara ciclistica di amatori sarebbe in grado di tenere così bassa. La doppia corsia ci abbandona e ci lascia soli dinanzi ad un serpente di tornanti infinito.

Da Tegucigalpa a Choluteca, destinazione finale di questa giornata di viaggio, diventa quasi impossibile sorpassare. Rappresenta una delle poche arterie che porta fino al confine con il Nicaragua, quindi la presenza di bus e camion è una costante. Numerosi i posti di blocco lungo il percorso, così come è naturale che alle stazioni di servizio presenzino guardie armate. Qui la sicurezza è una merce rara, per questo sale un po’ di tensione nel gruppo quando è palese che giungeremo a destinazione solo quando sarà buio. Ma alla fine tutto è filato liscio come l’olio.

Il giorno successivo nuova sveglia all’alba per attraversare in un solo giorno tutto il Nicaragua e fermarsi a dormire in Costa Rica. La tappa più difficile del viaggio è iniziata con una serie di complicazioni alla dogana, tanto che appena partiti abbiamo dovuto arrestare la marcia per quasi sette ore. Dapprima un problema con i colleghi russi, sprovvisti del visto d’ingresso e poi ovviamente le auto.

La prima preoccupazione è quella di accertarsi che i veicoli non siano rubati e non ci sia l’intenzione di venderli. Dopo una mattinata di “contrattazioni” riusciamo a partire, ma ad una condizione. Sul furgone d’appoggio della nostra spedizione deve viaggiare anche un poliziotto della dogana, per accertarsi che nessuno di noi voglia vendere armi ai ribelli del governo del Nicaragua (sebbene auto e bagagli fossero stati già ampiamente controllati). Un viaggio surreale che ci ha imposto di non fare alcun tipo di fermata. Solo una, verso il finale di tappa, per fare rifornimento alle vetture. Con solo 36 litri di serbatoio di benzina, con una media di poco più di 10 chilometri al litro, i limiti legati all’autonomia sono strutturali.

La condizione delle strade in Nicaragua si presenta sulla falsariga di quella del Guatemala, con tratti ancora in fase di costruzione e quindi passaggi sterrarti altamente scenografici. Ma se pensate che dopo 12 ore in auto le cose siano andate meglio, vi sbagliate. Al confine, sceso il nostro amico poliziotto, sono iniziate le pratiche per l’ingresso in Costa Rica. Siamo stati più fortunati, perché ci sono volute “solo” 3 ore di tempo, ma l’ennesima conferma che la pazienza sia l’unica possibilità a vostra disposizione.

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