Volkswagen-Porsche 914: la sua storia

Volkswagen-Porsche 914: la sua storia

Cinquant’anni fa la Casa di Wolfsburg e quella di Stoccarda unirono le forze per creare la “Porsche del popolo”, targa economica che potesse rimpiazzare la Karmann Ghia e la 911. Ebbe poca fortuna, sia sul mercato che… nei circuiti di Formula 1

di Redazione

05.06.2019 ( Aggiornata il 05.06.2019 18:14 )

Cosa può legare un’azienda che produce “macchine per il popolo” e una che dalle sue fabbriche fa uscire solo modelli sportivi, raffinati e costosi? Le esigenze di mercato. Oggi potrebbe sembrare una follia, ma alla fine degli anni Sessanta la grande scommessa prende forma in Germania.

Due Case, l’una praticamente l’opposto dell’altra, ma gli stessi obiettivi. A Wolfsburg, la Volkswagen deve sostituire la Karmann Ghia, coupé di punta dell’azienda da metà anni Cinquanta in avanti, a Stoccarda Porsche vuole trovare una formula ancora più economica per rimpiazzare la 911. Trovare un accordo per stipulare una joint venture è facile: le due Case infatti già da tempo collaborano a livello di motorizzazioni o fabbricazione.

Il primo passo è, nel 1966, la creazione della VW-Porsche Vertriebsgesellschaft mbH, società con sede a Ludwigsburg, nei pressi di Stoccarda. In seguito, ci si divide il lavoro per realizzare la nuova auto: la Porsche prende a carico telaio e sospensioni, la Karmann - azienda che all’epoca aveva nella Volkswagen la principale committente – si aggiudica carrozzeria e assemblaggio. A capo del progetto, l’imprenditore austriaco Ferdinand Piëch. Sta per nascere la Volkswagen-Porsche 914.

LA "PORSCHE" DEL POPOLO

Prima dell’uscita ufficiale sul mercato, però, la prima bega. Un anno prima della presentazione al pubblico, muore Heinrich Nordhoff, ingegnere capo della VW e colui che aveva in precedenza siglato l’accordo con Porsche. Si stabilisce un nuovo management, da subito scettico sulla resa della 914. Il progetto tuttavia va in porto, e al Salone di Francoforte del 1969 tutti possono ammirare la neonata.

La 914 è un puro modello targa, con tettuccio rigido asportabile e solido roll bar. Forma tipicamente squadrata ma con un’aerodinamica fluida e resistente. Nasce con due motorizzazioni boxer con raffreddamento ad aria: la 914/4 con 4 cilindri VW, 1679cc a iniezione e 80 CV e la 914/6 spinta da un 6 cilindri Porsche da 1991cc a doppio carburatore e 110 CV. La poca potenza sprigionata dal motore, ubicato in posizione posteriore-centrale, muove le prime critiche: troppo pochi 110 cavalli per una Porsche, un’esagerazione al ribasso gli 80 della Volkswagen.

Le sospensioni vengono costruite a 4 ruote indipendenti con barre di torsione, cambio manuale a 5 marce e freni a disco. L’anima cabriolet viene evidenziata nei due posti disponibili, anche se sono presenti due bagagliai, uno anteriore e uno posteriore. Tutte caratteristiche presenti nei due allestimenti della vettura, Standard e S. Quest’ultima si differenzia per il rivestimento in vinile del roll bar, colorato di nero, i cerchi in lega marchiati Fuchs e Pedrini e il miglioramento degli interni.

La “Porsche del popolo”, così come viene soprannominata tra l’affettuoso e l’ironico, non coglie il successo sperato. Nel ’72 Volkswagen si ritira dal progetto, anche se continua a fornire il motore alla Porsche. La Casa di Stoccarda si ritrova così a dover tirar fuori una nuova versione. La nuova 914, denominata 2.0, cambia il motore: un 4 cilindri boxer raffreddato ad aria e a iniezione, realizzato proprio dalla VW. La potenza comunque rimane sulle solite cifre, 100 CV. Per il resto, le altre modifiche riguardano gli interni e i paraurti, che da cromati diventano opachi. “Lusso” è l’unico allestimento disponibile.

La gamma si rinnova nel 1973 e 1974, con la 1.8, che propone 85 CV (solo cinque in più rispetto alla precedente 914/4, che va proprio a sostituire) ma una cilindrata superiore, da 1679 a 1795cc. Fuochi di paglia che non riescono a risollevare le sorti della vettura, destinata a uscire dal listino.

LE DIVERSE VERSIONI

Ne sono state costruite anche differenti versioni. La 916, ad esempio, che a causa del costo elevato ha visto la luce in soli 11 esemplari, più sportiva e veloce, capace di raggiungere i 230 km/h. La 914/8, ancora più di nicchia (due soli esemplari fabbricati), derivata dalla Porsche 908, vincitrice nel 1968 e ’69 del mondiale Prototipi. O la 914/6 GT, che con i suoi 210 CV riesce a vincere nel ’70 a Le Mans nella categoria GT 2 litri.

LA PRIMA SAFETY CAR DELLA STORIA

La 914 lascia però con un primato non da poco. Una prima volta, che nel corso del tempo diventerà tradizione. Avviene nel posto probabilmente meno congeniale a essa, un circuito automobilistico. È il 23 settembre 1973, Formula 1, Gran Premio del Canada. Al Mosport, un incidente tra Scheckter e Cevert provoca uno spargimento di detriti in pista. La situazione, pericolosa per i piloti, richiede ordine. Una 914/6 gialla è parcheggiata ai box. Vi salgono il pilota canadese Eppie Wietzes e Peter Mackintosh, segretario dell’associazione costruttori di F1. È scesa in pista la prima safety car della storia.

Come ogni invenzione al debutto, l’imprevisto è dietro l’angolo. Perché i due piloti sbagliano clamorosamente e piazzano la 914/6 non davanti al primo in classifica, ma al malcapitato Howden Ganley, su Williams, undicesimo. Il neozelandese vince una gara ovviamente falsata: seguiranno calcoli e nuovi conteggi, che alla fine decretano Peter Revson, McLaren, vincitore ufficiale. Povera 914. Poca fortuna persino in pista.

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