Citroën C3 Hybrid Air. Senza batterie, ma ad aria

Citro?C3. Hybrid Air
L'aria non è un gas perfetto, fa la cresta su tutto quello che gli dai....

di Redazione

20.05.2013 ( Aggiornata il 20.05.2013 09:56 )

L’auto ad aria compressa ha più di 100 anni (i primi brevetti dei quali si ha notizia risalgono al 1903), ma sono 100 anni spesi male giacché il risultato è ancora un flop. Non ha mai funzionato, anzi i vari prototipi hanno dato un sacco di guai. Per forza, l’aria non è un gas perfetto, fa la cresta su tutto quello che gli dai: si scalda quando la comprimi e si raffredda quando si espande. Ciò significa che trasforma in calore buona parte dell’energia spesa per comprimerla, e poi autodistrugge parte di quella residua abbassando la propria temperatura durante l’espansione. Insomma, spendi 100 e ti ritrovi 80 nella bombola sotto forma di energia e 20 in forma di calore che si disperde lentamente nell’ambiente. Poi, quando richiedi questi 80, scopri che in realtà ne puoi utilizzare solo 65, perché - mentre si espande - l’aria si raffredda e riduce la sua pressione per effetto della minor temperatura. Beninteso, i 100 spesi inizialmente erano energia bella e buona, meccanica o elettrica, quindi potenzialmente già in grado di muovere un veicolo. Quindi i 20 e i 15 rappresentano una perdita secca, inutile, dovuta solo al fatto che la molla scelta – cioè l’aria - non è un gas perfetto. Ma i guai per le auto ad aria non erano dovuti allo scarso rendimento del sistema di accumulo dell’energia. Ben più importante era la scarsa autonomia del sistema, perché anche comprimendo aria a 250 bar (la massima sopportabile da bombole in acciaio tipo metano) l’energia immagazzinabile era ridicola: per capirci, un’auto molto leggera non riusciva a percorrere più di 10 km. Non per nulla abbiamo scritto su queste pagine che se bastasse una bombola a 250 bar per camminare, tutte le auto a metano avrebbero una doppia riserva di energia: quella dicombustione del metano e quella di pressione del gas. Ma nessuna Casa, tantomeno la Fiat - che del metano ne ha fatto una bandiera - ha approfittato di questa opportunità. L’auto ad aria fa acqua Poi vengono i problemi tecnici: dentro l’aria c’è anche un bel po’ di umidità, e l’acqua non è un buon lubrificante. Questo significa che a lungo andare i pistoni patiscono qualche attacco di ruggine, favorita anche dal fatto che l’aria contiene il 21% di ossigeno, che - come dice la parola - favorisce l’ossidazione. Morale, idea affascinante, ma perdente. E questo anche dopo che geniali ingegneri del mondo della F1 avevano pensato di utilizzare l’aria compressa (in piccole dosi) come comburente nel quale fare accendere una piccola carica di combustibile: in tal modo si innalzava la pressione a valori significativi consumando poca aria e poca benzina. Idea brillante, denominata “Eolo”, che ha tratto però in inganno una rete di speranzosi concessionari. Come giudicare ora “Hybrid Air”, la soluzione annunciata e mostrata a Ginevra da parte del gruppo PSA (Citroën-Peugeot), che si basa appunto sull’accumulo di energia mediante aria compressa? Diciamo innanzitutto che è un sistema ibrido, sperimentato e costruito con la collaborazione della Bosch, nel quale la potenza “continua” è fornita da un motore a benzina, mentre i picchi e le partenze (compreso l’avviamento del motore termico) sono ottenuti dalla spinta di un gas compresso all’interno di un circuito idraulico. Tale circuito recupera, quando possibile, l’energia cinetica del veicolo. Accoppiata tradizionale Intanto va detto che il gas non è aria, ma azoto, elemento presente nell’aria in percentuale del 78%. In secondo luogo, l’azoto non è prelevato dall’ambiente, ma è racchiuso in una bombola ermetica del volume di circa 20 litri. In tal modo, non c’è contaminazione, né umidità. Nella bombola si può raggiungere una pressione di 250 bar grazie al movimento di una membrana spinta da un liquido contenuto in un recipiente separato, da 17 litri. Il liquido è glicole etilenico (è un fluido simile a quello degli impianti freno). Non sappiamo – perché PSA non lo ha comunicato - se la membrana è elongabile (come un soffietto) o se è rigida e si muove come un pistone: di certo separa l’azoto dal liquido, e trasmette reciprocamente la pressione. Fin qui è tutto tradizionale: l’accoppiata azoto-glicole, con annessa membrana di gomma per separarli, era già usata nelle so- 44 spensioni della DS 19 nel 1955. Venne poi riproposta nelle Innocenti IM3 e nelle Mini Minor col sistema Hydrolastic, che connetteva fra loro le sospensioni anteriori e posteriori di ogni lato. Oggi è comunemente usata per gestire l’effetto ammortizzante nelle sospensioni cosiddette “ad aria”. È nuovo, invece, quello che viene dopo, nel circuito idraulico. Infatti, il liquido - per passare dal suo serbatoio (a pressione ambiente) alla bombola di azoto - deve essere spinto da una pompa idraulica, che quindi - attraverso la membrana - provvede a innalzare la pressione dell’azoto. Analogamente, quando è l’azoto che spinge il liquido, il glicole fa il percorso in senso inverso, attraversando un motore idraulico e tornando nel suo recipiente a pressione atmosferica. Si intuisce facilmente che quando il glicole viene spinto dalla pompa a comprimere l’azoto siamo nella fase di recupero di energia (discese, frenate, rilascio dell’acceleratore). Quando invece vogliamo la restituzione di tale energia, il liquido spinge sul motore idraulico. Inutile dire che sia la pompa sia il motore idraulico sono collegati con le ruote (per poter ricevere e dare energia), che in tutte le vetture del Gruppo PSA sono quelle anteriori (motrici). Ma il motore idraulico è anche collegabile col motore termico, per poterlo mettere in moto. È altrettanto comprensibile che una centralina elettronica gestisce le valvole di apertura e di chiusura dei circuiti idraulici, per ottenere le sequenze volute. Sia la pompa sia il motore idraulico hanno portate variabili in funzione del lavoro che devono svolgere (che a sua volta dipende dalla pressione raggiunta nella bombola). Meno di 3 litri di benzina per 100 km Cosa si può ottenere dall’Hybrid Air? Secondo Citroën questa innovazione rappresenta un’offensiva tecnologica unica al mondo al servizio dell’ambiente, una tecnologia basata sulla storica competenza della Casa nell’utilizzo dell’idraulica, dai costi inferiori a qualsiasi altra soluzione ibrida e idonea agli usi più svariati, adatta a modelli dei segmenti B, C e a veicoli commerciali leggeri. Sempre secondo i progettisti francesi, il sistema offrirà prestazioni innovative, avrà un consumo inferiore a 3 litri di benzina per 100 km nel ciclo combinato di misura, 45 segue a pagina 46 pari a una emissione di 69 g di CO2 al km (per confronto: il tre cilindri PSA, da 82 cv, con cambio manuale, produce 104 grammi di CO2, sempre nel ciclo combinato). Non ha bisogno di batteria supplementare, comporta costi accessibili e offre spazio inalterato a bordo. La riduzione del consumo nella guida in città sarebbe del 45% per modelli come la Citroën C3 o la Peugeot 208, che addirittura sarebbero in grado di coprire dal 60 all’80% dei percorsi in città utilizzando solo l’energia immagazzinata nell’azoto. Cosa c’è di vero? Intanto si può dire che una molla ad aria non soffre di autoscarica, coma una batteria. Dopo un anno, l’energia immagazzinata è sempre la stessa, al massimo subirà delle variazioni di pressione interna a seconda della temperatura ambiente, ma si tratta di variazioni cicliche e non di perdite secche. C’è poi un’altra caratteristica interessante: se l’utilizzo dell’energia immagazzinata avviene rapidamente, le perdite sono minime, cioè il rendimento della rigenerazione è elevato, perché il riscaldamento dell’azoto non fa in tempo a cedere calore all’ambiente. Il che si traduce in grande efficienza del recupero di energia nella marcia in città con frequenti accelerate e frenate. Al contrario, una batteria si scalda sia quando riceve molta energia in poco tempo, sia quando deve restituirla rapidamente: in entrambi i casi le perdite raddoppiano. Il punto debole del sistema PSA è la quantità di energia che si può immagazzinare. Osservando le dimensioni della bombola (20 litri) e la pressione massima raggiungibile al suo interno (250 bar) non è difficile calcolare quanta energia vi si può racchiudere. Basta rifarsi alla legge dei gas perfetti pv =RT per scoprire con sufficiente approssimazione che il contenuto non può essere superiore a un decimo di chilowattora. E infatti, ponendo la domanda ai tecnici Peugeot abbiamo avuto la conferma: nella bombola si possono racchiudere solo 35 wattora, ovvero 0,035 kWh. Cosa si può fare con tale energia? Si può sollevare fino a 10 metri di altezza una vettura del peso di 1250 kg (infatti 0,35 Wh corrispondono a 120 kJ), oppure si può marciare per un tempo di 2 minuti utilizzando una potenza di 1,5 cavalli, oppure infine di può percorrere un km a bassa velocità. Ovviamente vale l’inverso: percorrendo in folle una discesa con dislivello di soli 10 metri, e recuperando tutta l’energia cinetica ottenuta, la bombola raggiunge immediatamente la sua pressione max, cioè 250 bar. E il recupero di energia deve essere interrotto (dai sistemi elettronici), per non fare esplodere il recipiente. Ottanta brevetti Indubbiamente è un po’ poco per gridare alla grande scoperta, anche se la PSA ha depositato 80 brevetti sull’Hybrid Air. Tuttavia una domanda, come si dice, sale spontanea: come fa un sistema con capacità di accumulo così limitata a proclamare riduzioni del consumo pari al 45%? Se i dati di PSA sono corretti, e noi crediamo che lo siano al 99%, è la più grande conferma di quanto scriviamo da tempo. Vale a dire che il ciclo di misura dei consumi non dice la verità sui consumi reali, ma si presta a escogitare metodologie che - mentre mantengono inalterato il rendimento del motore termico e i relativi consumi in autostrada - mostrano riduzioni eccezionali dei consumi urbani se vengono simulati percorsi stop&go e stili di guida che difficilmente l’utente normale potrà riprodurre. Però è quanto basta per poter godere degli incentivi pubblici e del plauso degli ecologisti. Che ancora credono che la CO2 sia un veleno e non un sistema di valutazione dei consumi. D’altro canto, in tutto il mondo la storia della CO2 fa proseliti fra i governanti. Al punto che l’Europa si è data un traguardo di 95 g/km di CO2 per il 2020, mentre la Cina fissa per la stessa data un limite di 117 grammi. Le Case non sono in grado di ridurre i consumi reali delle stesse quantità, l’unica via d’uscita è quella di mantenere i motori attuali e di applicare ad essi un sistema ibrido, capace di ridurre la CO2 misurata nel ciclo. Si calcola che in tale data il 15% delle auto prodotte avrà qualcosa di ibrido. Non importa se la bolletta energetica delle singole nazioni non se ne accorgerà, non importa se i consumi totali rimarranno pressoché inalterati, non importa se le auto costeranno molto di più. L’importante – a quanto pare - è continuare a produrre e a vendere.

Enrico De Vita

  Inchiesta pubblicata su Auto 05/2013  

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