Mini All4 Racing, la regina del deserto, test

Mini All4 Racing, la regina del deserto, test
Siamo saliti sulla Mini che ha vinto per 3 volte la Dakar, aggressiva tra le dune, veloce sulla sabbia

di Roberto Gurian

19.08.2014 ( Aggiornata il 19.08.2014 08:03 )

Mini All4 Racing, la regina del deserto. Con un prezzo stimato di circa un milione di euro, è la Mini più costosa di sempre. Ed è anche una delle più gloriose, avendo rinverdito i successi delle antenate nel rally di Montecarlo degli anni ’60. Con tre vittorie consecutive alla Dakar, la Mini All4 Racing si è imposta come punto di riferimento nella maratona lungo strade, piste e sentieri tra Argentina, Bolivia e Cile. Poterla provare è davvero un bocconcino prelibato, grazie al menu proposto negli Emirati Arabi a qualche settimana di distanza dal successo raccolto da Nani Roma e da Michel Périn, il suo indispensabile navigatore. Aggressiva non solo per la colorazione giallonera con tetto bianco, la Mini più blasonata ci attende nel deserto poco fuori Dubai dove sono state ricreate alcune delle difficoltà della Dakar. La base della All4 Racing è quella della Countryman John Cooper Works, con la stragrande maggioranza del corpo vettura realizzato però in fibra di carbonio. In altezza e larghezza ha guadagnato circa un 5%, sia per via dei passaruota sia per un’indispensabile superiore altezza dal suolo. Immancabile la gabbia di sicurezza attorno all’abitacolo, con la cellula di pilota e copilota che è l’unica componente non intercambiabile del telaio. A bordo ci sono due sedili con la plancia divisa in tre parti: pilota, copilota e centrale. Quest’ultima può essere sostituita in 3 minuti in caso di malfunzionamento degli indicatori. Per regolamento è vietato ogni tipo di navigatore satellitare. Il copilota riceve un roadbook il giorno prima della tappa, con le indicazioni per raggiungere i controlli orari. Il GPS avvisa della loro presenza solo in prossimità di questi ultimi, con una precisione che ha un raggio di 200 metri. È per questo che il ruolo del copilota è fondamentale, dato che può far perdere o vincere tappe e gara. Il motore è un sei cilindri diesel di 2993 cm3 sovralimentato da due turbo. Ha una potenza di circa 320 cavalli, ridotta anche dalla presenza di una strozzatura da 38 mm di diametro nel condotto di alimentazione dell’aria. Non gira molto in alto, dato che basta arrivare a 3250 giri per disporre di tutta la potenza. La coppia massima, non indicata ufficialmente, dovrebbe aggirarsi sui 700 Nm a meno di 2000 giri. La trasmissione è ovviamente di tipo integrale con tre differenziali, abbinata a un cambio sequenziale a sei marce con comando a inserimenti frontali. Le gomme sono Michelin All-Terrain montate su cerchi non propriamente esili dato che il complesso ruota/ pneumatico pesa ben 27 kg. In compenso, lavorando in perfetta sintonia, pilota e copilota riescono a sostituire una ruota in 2’15” nel pieno della frenesia della gara. Quella di scorta la trovano nei vani sottoporta o in quello posteriore. Nelle prove indoor il record è addirittura di 1’30”. Sulla All4 Racing si sale quasi come su un Suv, vista l’altezza da terra supportata da ben due ammortizzatori per ruota. Pilota e copilota, nel nostro caso Andreas Schulz, sono collegati tramite interfono. Si parte usando la frizione che però non si schiaccia poi più in inserimento e scalata delle marce, senza nemmeno dover alzare il piede dall’acceleratore. Per la logica dell’ergonomia, si sale con i rapporti tirando la leva indietro e si scala spingendola in avanti. Bastano poche centinaia di metri sul fondo sabbioso del test per capire che stiamo guidando un’auto a tre dimensioni. A quelle laterale e longitudinale, la All4 Racing aggiunge infatti quella verticale. Fortemente ammortizzata, assorbe le asperità del terreno con ampi movimenti del corpo vettura, senza contare che in velocità capita a volte di trovarsi con le quattro ruote sollevate dal suolo. Alle andature da gara, l’abitacolo si trasforma in una specie di shaker. Oltre che i piloti, c’è da ammirare i navigatori, per preparazione fisica e... resistenza gastrica! L’auto, da parte sua, è docile e facile da guidare nonostante 1890 kg di peso. Lo sterzo è preciso e con risposte immediate mentre una ben calibrata sensibilità in rilascio aiuta a chiudere le curve nel modo giusto con il posteriore in principio di sovrasterzo. Sembra propensa a perdonare anche gli errori, inevitabili in una maratona come la Dakar. Il motore è un pezzo forte, con un spinta impressionante dai bassi giri e una notevole prontezza nel salire di giri. Si cambia guidati dai Led della strumentazione, senza andare troppo su di giri, come abbiamo visto. Dopo una serie di passaggi con diversi tipi di fondo, da sabbia a terra battuta, abbiamo lanciato l’auto a circa 180 km/h, prossimi alla velocità massima, sempre con una sensazione di ottimo controllo del mezzo. Lo spettacolo finale è per il giro di fianco a Nani Roma che ci tiene a farci ammirare il comportamento dell’auto sulle dune. La Mini All4 Racing si arrampica sulla sabbia con la motricità di un ragno che scala le pareti di casa. E questo è davvero impressionante. Il vincitore della Dakar ha solo l’accortezza di non affrontare mai di petto le dune. Ci sale di traverso e poi, una volta in cima, decide se passare dall’altra parte o continuare sullo stesso lato. Fanno impressione anche gli angoli laterali che sopporta l’auto senza capottarsi. Scalando dune da 400 metri d’altezza come alla Dakar, le possibilità della vettura devono davvero essere tutte da gustare. Ma non vorremmo essere nei panni di Périn, il suo navigatore!

Mini All4 Racing, la regina del deserto

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