PSA&Friends, come coniugare passato e futuro

Che Amarcord, con le "vecchie" Citroen e Peugeot

di Lordovico Basalù

02.12.2016 07:12

San Gimignano (Toscana)

Non capita tutti i giorni di poter balzare al volante di automobili che hanno fatto storia, aperto nuove vie, sia in termini di design, sia in termini di meccanica. PSA Italia, dunque Peugeot e Citroen, hanno avuto un’idea molto brillante.

Quello di radunare diverse decine di giornalisti in terra toscana, mettendo a disposizione dei convenuti modelli come la Citroen DS, la 2CV o la Dyane, per passare alle Peugeot 205 GTi o CTi, ovvero Cabriolet, piccole sportive che hanno lasciato un segno tangibile presso gli appassionati. Ovviamente, insieme alla prova Heritage (o Vintage se preferite) c’è stata quella con la produzione attuale, per un confronto improbabile ma comunque significativo.

Ecco dunque modelli recentissimi come la Citroen C3, se vogliamo l’erede della 2CV. O perlomeno ideata per rivolgersi alla stesso tipo di clienti di allora, comunque giovani, spensierati, sbarazzini. Oppure la Peugeot 208 GTi, la piccola belva che con i suoi 208 CV diverte senza procurare patemi di alcun tipo, tale è l’equilibrio raggiunto. E infine la DS5, attuale erede della mitica Dessè. Che tuttora sopravvive beata, con molto esemplari circolanti, grazie alla passione di vari club sparsi in tutto il mondo, (in Italia il club è stato battezzato IdèDesse) e conta più di 1000 possessori della DS nei vari modelli costruiti. Presentata nel 1955 e prodotta fino al 1975, la DS deve la sua fama al fatto di aver messo in pratica, idee rivoluzionarie per l’epoca, sposando tutte le caratteristiche di innovazione, eleganza e raffinatezza possibili e immaginabili.

E del resto i padri di questo autentico capolavoro, inconfondibile, oltretutto, sia chiamano André Lefèbvre, che era un laureato in ingegneria aeronautica, oltre ad essere un fervente sostenitore delle ruote motrici anteriori, Paul Magès, altro ingegnere autodidatta, ma capace di progettare i sistemi idraulici della DS, comprese le famose sospensioni idropneumatica. 

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E il varesino Flaminio Bertoni, designer, scultore e pittore di talento, colui dal quale sono saltate fuori le “forme” dell’incredibile automobile transalpina. Guidare una DS 20 con il cambio semiautomatico oppure una più recente DS 23 con cambio manuale a 5 marce è stato comunque esaltante. Soprattutto per constatare come a livello di confort e di tenuta di strada i numeri di queste vetture ci siano ancora tutti. Certo, il motore da 103 CV (nel caso della DS20) o da 109 CV nel caso della DS 23 a carburatori, nonostante una cilindrata di 2347 cc, non sono gran cosa.

Ma non erano granché neanche quaranta anni fa, dato che la DS non ha mai puntato sulle prestazioni estreme, ma su una guida vellutata per distinguersi dalla concorrenza. Certo, il cambio semiautomatico della DS 20 fa un po’ sorridere, anche se è notevole il suo funzionamento, che avviene tramite un sistema idraulico (inutile pensare a qualsiasi fonte elettronica) che spinge un perno che, avanzando e retrocedendo, innesta o disinnesta la frizione. Il conducente deve azionare una sorta di levetta posta dietro al volante, con 4 marce il cui azionamento non è immediatamente comprensibile. Nel 1966, con questi tipo di cambio, una DS vinse il rally di Montecarlo, anche se il motore aveva ricevuto una robusta dose di cavalli in più.

Passando alla 2CV, visto che chi scrive l’ha anche posseduta in passato, l’emozione è stata grande. Con il piccolo bicilindrico boxer di soli 602 cc e 32 CV che continua a fare miracoli, pur se è montato su un scocca molto leggera. Rigorosamente, come la DS, a trazione anteriore, visto che a trazione anteriore era anche stata, prima della guerra ( e prima vettura di serie a farlo) l’altrettanto mitica Traction Avant. Curioso, ma la 2CV guidata è un esemplare unico, dato che Citroen Italia ha preso un esemplare del 1981 e l’ha fatto completamente restaurare, ma con i colori di un progetto restato all’epoca inespresso, visto che la caratterizzazione estetica (bianco e giallo) è opera di Serge Gavin, artista, designer e grafico francese. Che durante la produzione della piccola utilitaria (avvenuta dal 1948 al 1990) provò a far passare il suo progetto estetico, ma invano.

Nel terzo millennio, grazie a Citroen Italia, appunto, la “Soleil” (questo il nome) ha preso vita, rimessa in vita, bullone dopo bullone, da Guido Wilhelm, un autentico mago nel restaurare la 2CV. Che dire ancora? Che il terzo modello Heritage guidato è stata la Peugeot 205 CTi, spinta da un 1.6 litri da 115 CV (c’era anche la 1.9 che di cavalli ne aveva 130), che è, di fatto, una automobile di metà anni ottanta in cui già di intravede l futuro, almeno a livello di prestazioni e di facilità di guida. Con la DS e con 2CV è tutta un'altra storia: vanno capite, non danno confidenza così facilmente. Ma è tipico, del resto, di due signore di alto rango, inimitabili, affascinanti, uniche.

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