Lamborghini Gallardo Superleggera, scatenata

Lamborghini Gallardo Superleggera, toro scatenato

di Redazione

13.10.2010 ( Aggiornata il 13.10.2010 16:29 )

Prestazioni

Tentiamo di prendere il biglietto dell’autostrada. Con una manovra da parcheggiatore professionista sfioriamo il muretto del casello con il guscio in carbonio dello specchio, per premere agevolmente il bottone rosso; ma non c’è nulla da fare: con le cinture a quattro punti non riusciamo muovere il corpo nemmeno di un centimetro, dunque occorre slacciarsele altrimenti il biglietto resta lì e bisogna sfondare la sbarra... Ok, si parte: col paddle destro inseriamo la prima, giù tutto il gas e gli scarichi con valvole by pass aperte squarciano la quiete dell’alba, con 92,1 decibel di pura libidine che hanno il potere di risvegliare chiunque dal torpore mattutino. L’ago del contagiri arriva con rapidità fotonica a 8500 giri mentre il corpo si comprime nei sedili a guscio; colpetto al paddle e hai una tregua inferiore al decimo di secondo prima di ricevere una frustata dietro la schiena, non appena entra il secondo rapporto; tempo un battito di ciglia e anche questa marcia è già esaurita, col tachimetro già a “ velocità Tutor” di 132 km/ h. Tocca rassegnarsi e infilare subito la sesta, la festa è già finita. Il boato, però, continua: a 130 effettivi i decibel in abitacolo sono 86,8! Che però scendono a 83,2 a 120 e paradossalmente diventano 80,7 a 140. Non è il nostro fonometro impazzito, bensì occorre trovare il regime giusto di crociera affinché le sonorità dello scarico suonino più o meno intensamente.
Vabbé, sotto il pannello in carbonio a centro plancia ci sarà almeno una radio piuttosto che un dannato ingresso iPod per passarsela un po’; e invece no, la nostra Superleggera è allestita da... gara: dunque niente musica. Se non quella del V10 che, con la sua ottantina di decibel di default, ci accompagnerà per trecento chilometri fino alla nostra pista di Balocco; un V10 anch’esso rassegnato, come noi, a star con... le orecchie basse, mentre cerchi il sorpasso su un Ducato Maxi che fa i 128 e intanto difendi la posizione da una Panda Natural Power che s’insidia negli specchi a 132... Per fortuna esistono i circuiti, l’unico paradiso terrestre dove è possibile sciogliere le catene al Toro e farlo sfogare come si deve. Non appena varchiamo l’ingresso pista e inanelliamo i primi giri arrivano le prime belle sensazioni: nulla di nuovo sul fronte sterzo, con la solita eccellente precisione e consistenza delle altre Lambo; molto meglio invece i freni, che in presenza di dischi carboceramici migliorano notevolmente la loro modulabilità, in un impiego spinto e, soprattutto, alle andature normali, pecca dei precedenti impianti carboceramici finora usati sulle Gallardo. Quanto al motore, mettici che ha 10 cavalli in più e che deve spingere 45 chili in meno, il risultato è che con la Superleggera si raggiunge “ velocità curvatura” in un tempo insolitamente contenuto: 3” 45 sullo 0- 100, 20” 24 sul km e una progressione che non accenna a fermarsi nemmeno in vista dei trecento, col V10 che continua a spingere come un forsennato. La staccata si avvicina, l’andatura è dannatamente elevata, dunque ci si attacca ai freni con una certa decisione ( o apprensione?). Ma finché non ci prendi la mano, sei sempre corto: la Gallardo frena così tanto ( 30,4 metri da 100 km/ h!) e scala talmente velocemente e puntuale ( grazie al software della Supertrofeo), che per trovare il punto giusto di stacco devi prender bene le misure. Arrivato il momento di inserirla in curva, la Superleggera si inserisce con rapidità pazzesca, merito di un corpo vettura molto più saldo e fermo nei movimenti. Nel lento c’è un pizzico di sottosterzo, mentre in uscita di curva la motricità è eccellente, con un accenno di sovrasterzo che aiuta a portarti fuori.
Ma è sul veloce che emergono le differenze più marcate rispetto alla Gallardo standard. Scompaiono quell’effetto “ pompaggio” del retrotreno e la tendenza a chiudere eccessivamente col muso anche sollevando di pochi millimetri il piede dal gas, in favore di una stabilità del retrotreno invidiabile. Che consente di spingere senza apprensione, e soprattutto di guadagnare tanti chilometri orari e decimi di secondo.

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