XJ 3.0 D, lusso cattivo

La linea inconsueta taglia nettamente col passato.

di Redazione

29.03.2011 ( Aggiornata il 29.03.2011 16:08 )

Prestazioni

Buona parte dell’immagine della Jaguar è stata costruita dalle sue berline ad alte prestazioni e la XJ, che pure prende le distanze dalla tradizione sotto molti punti di vista, non poteva sottrarsi al suo dovere storico.
La nostra 3.0 D, che già sulla carta si presenta come il modello più leggero e potente della categoria, ha dimostrato quanto ha di buono perfino sulla pista di handling di Balocco, che non è sicuramente un territorio di caccia naturale per una berlina a gasolio di oltre cinque metri di lunghezza.
Con 3’08”90 ha ottenuto praticamente lo stesso tempo sul giro delle agilissime Citroën DS3 1.6 THP e VW Polo GTI e, tra le auto che sono passate sotto i nostri cronometri, le uniche due berline di dimensioni paragonabili che hanno fatto meglio sono state l’inarrivabile Porsche Panamera Turbo (2’51”31) e la Maserati Quattroporte (3’03”11). Se questo vi pare poco.
Già nel suo ambiente naturale, comunque, la XJ 3.0 D dimostra di avere ottime carte da giocare in termini di feeling di guida. Fin dai primi metri si entra subito in confidenza con lo sterzo, leggero ma pastoso e sensibile, e questa sensazione di confidenza viene accentuata dalle dimensioni compatte del volante. La posizione di guida è aggiustabile al millimetro e, una volta raggiunte le regolazioni opportune, ci si ritrova in posizione centrata e con un ancoraggio per le gambe solido anche se non perfettamente simmetrico. Cambia molto, invece, il discorso riguardante la visibilità. Davanti è buona,perfettamente individuabili, come ormai capita su gran parte delle auto. Dietro, invece, è critica a causa della bordo inferiore altissimo del lunotto.
In manovra il rischio di arricchire un carrozziere specializzato nel trattamento dell’alluminio viene minimizzato dai sensori di parcheggio, mentre in marcia a volte è difficile percepire la presenza delle auto molto vicine. Insomma: se volete sorpassare una XJ in autostrada non lampeggiatele quando siete troppo “sotto”, perché il conducente non se ne accorgerebbe neppure. In compenso, nonostante le dimensioni abbondanti, raramente si ha la sensazione di guidare un mastodonte come invece avviene talvolta con le concorrenti. Il motore è straordinario per la prontezza con la quale risponde all’acceleratore e per la spinta: possente, con un gran coppia e anche molto fluido. Non ha niente da invidiare ai turbodiesel tedeschi più in voga, anzi...
Oltretutto ha anche una sonorità molto gradevole ai regimi più alti
, con un “che” di sportivo che è inusuale per un motore a gasolio. Nonostante il picco di coppia massima sia segnalato a 2000 giri, vale a dire a un regime leggermente superiore a quello dei concorrenti che lo raggiungono intorno ai 1500/1700 giri, l’erogazione è sempre molto vigorosa e non si sente affatto la mancanza di una maggiore dotazione di rapporti. La presenza di un cambio con sole sei marce (Audi ne ha otto, Mercedes sette) può creare solo qualche problema di immagine, per chi è sensibile all’argomento, ma non si riflette affatto sulle prestazioni né, tantomeno, sui consumi: meno di 7 secondi sullo 0-100, più di 11 km/litro a 130 all’ora e quasi 10 in città sono risultati da leccarsi le dita in questa categoria.
Per concludere l’argomento cambio occorre aggiungere che quando si seleziona la modalità dinamica e lo si pilota tramite le leve dietro il volante, la rapidità di innesto/disinnesto dei rapporti è sorprendente e si possono usare tutti i giri fino alla zona del limitatore: questo rende la XJ più gratificante delle avversarie sui percorsi molto guidati.
 Peccato solamente che i “paddles” siano solidali col volante e non fissi, quindi sui tornanti e nelle curve molto strette si rischia dei “perderli” e, in questo caso, si può solo fare affidamento sulle doti di tiro del motore perché la manopola sulla console non permette di intervenire nella scelta del rapporto come capita con i selettori convenzionali. In modalità automatica questo sei marce ZF non fa che confermare tutto quanto è emerso nelle applicazioni viste finora: è molto ben educato, solerte nell’adattarsi allo stile di guida e pronto nel kick down. Sui percorsi guidati la sensazione di maneggevolezza e rapidità di risposta della Jaguar diventa evidente: la XJ entra ed esce dalle curve quasi con leggiadria ma regalando sempre un’ottima percezione di quello che combinano le ruote. Il sistema di controllo di stabilità, specie nella modalità dinamica, lascia qualche margine al divertimento, senza che questo ne pregiudichi l’efficacia anche se, magari, sul bagnato, può sembrare un po’ intorpidito. Le sospensioni rappresentano comunque uno degli aspetti più riusciti della XJ, perché sono molto ben controllate e omogenee sia nella modalità normale che in quella sportiva.
Fatto salvo il confort, che è principesco in tutte le condizioni d’uso, gestiscono i movimenti della scocca in modo preciso e niente affatto artificiale. Insomma, non sembra di viaggiare su un tappeto volante col pilota automatico che vi porta a spasso, come capita a volte sulle “berlinone” di prestigio, ma su di un’auto intrigante, con la quale si instaura un dialogo produttivo e che suscita la voglia di guidare. E di guidare bene. Quando si adotta un piglio sportivo, lo sterzo, che nella maggior parte dei casi sembra essere lo sterzo “perfetto”, rivela invece una certa leggerezza e una demoltiplicazione eccessivamente generosa, quindi occorre far fare un po’ di straordinari al volante ma, ripetiamo, da un’auto di questo genere sarebbe ingiusto pretendere dell’altro.
L’impianto frenante offre ottimi riscontri in fatto di potenza e sensibilità, con un pedale sempre molto consistente sotto il piede e spazi di frenata tranquillizzanti nelle normali temperature di esercizio. In pista abbiamo rilevato un po’ fading, inevitabile e giustificato. Insomma, la nuova XJ può essere variamente giudicata sotto il profilo estetico, ma è un’auto che ci si sente addosso, capacissima di portare e di viziare, ma anche di farsi portare e di divertire.
La linea inconsueta taglia nettamente col passato.

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