Alfa 4C, Biscione bollente, prova completa su strada

Alfa 4C, Biscione bollente, prova completa su strada
Esaltante e senza compromessi

di Saverio Villa

07.01.2014 ( Aggiornata il 07.01.2014 07:44 )

Prestazioni

Se per entrare nel Regno dei Cieli bisogna tornare come bambini, il “giocattolo” 4C è probabilmente una via diretta per il Paradiso. Attenzione, però, ad affrontare questa via con la testa sulle spalle, perché quest’Alfa può diventare perfida se la si prende sottogamba.

Metterla in moto e ammirare nello specchietto il motore che si scuote ad ogni accelerata (e non è che si veda molto altro nel retrovisore) provoca una fibrillazione a ruote ancora ferme, alla quale si aggiunge l’ansito per lo sforzo di girare il volante: il servosterzo non c’è, ufficialmente per questioni di peso, ma non è detto che sia tutto qui, visto che per sviluppare un’assistenza elettrica ben fatta, con la precisione farmacistica necessaria a una supercar, sarebbero occorsi un bel po’ di soldi in più.

Quando le ruote anteriori, che non sono neppure troppo larghe (205 mm), finalmente cominciano a girare, lo sterzo si alleggerisce a livelli umani. Però, poi, in piena accelerazione, bisogna autoconvincersi che i P Zero sono ancora a contatto con l’asfalto. A velocità stabilizzata o in frenata, in compenso, dal piantone arriva una scansione perfetta di ogni vizio della strada ed è preferibile tenere ben salda la corona anche quando non si è esattamente in prova speciale. Per evitare guai, ad esempio, suggeriamo di demandare all’eventuale passeggero la sintonizzazione della radio e il controllo del volume, mentre se si è da soli è meglio provvedere da fermi.

Il motore ha solo 5 cv in più rispetto a quello della Giulietta Quadrifoglio Verde, che ci aveva stupito più per la disponibilità di coppia in basso che non per la rabbia in allungo, ma se il temperamento rimane lo stesso, le conseguenze vengono riparametrate sulla base di un peso inferiore di un terzo. Già ai piccoli angoli di acceleratore la spinta è “imbarazzante” e, se il grip non è ottimale, si finisce per benedire la presenza dei controlli elettronici, attenti e non invadenti nella modalità Normal del selettore DNA e più possibilisti, ma sempre all’erta, in Dynamic. Tra i 2 e i 4 mila giri, quella che sulla Giulietta si classifica come elasticità, sulla leggerissima 4C diventa una gran botta di accelerazione e in un attimo si arriva ai regimi superiori. Che però non sono quelli di un vero motore pistaiolo, visto che il “time out” del limitatore arriva a circa 6600 giri e, comunque, il picco di potenza, oltre il quale non è produttivo andare, sta intorno ai 6000 giri.

Su strada, ovviamente, questo comportamento ha i suoi pregi e dal punto di vista sonoro/emotivo poco importa, perché il frastuono del motore riempie testa, orecchie e cuore già molto prima della zona rossa, specialmente quando c’è anche il controcanto degli scarichi sportivi (a richiesta), che sparacchiano, gorgogliano e soffiano a pieni polmoni. In pista, invece, un po’ più di allungo non guasterebbe.

Il cambio è molto veloce ma non fulmineo, specie in scalata, ma la caduta di giri tra una cambiata e l’altra è minima in accelerazione e le staccate, come vedremo poi, sono comunque allo stato dell’arte. Diciamo piuttosto che, rispetto alla media delle trasmissioni a doppia frizione, il TCT è più brusco e avvertibile, il che lo riempie di feedback quando si guida forte, ma “sconfortevole” nei momenti del “riposo del guerriero”. Tanto più se si sceglie il funzionamento automatico e si dimentica di passare dalla modalità Dynamic alle più educate Natural o AllWeather.

Dicevamo della frenata: i dischi hanno la corona in ghisa comune e dimensioni normali, ma gli spazi di decelerazione sono formidabili, la resistenza è ineccepibile, l’attacco del pedale è aggressivo e la modulabilità è millimetrica. Il peso piuma dell’Alfa si traduce anche qui una manna e questi risultati dovrebbero far riflettere i legislatori sull’opportunità di appesantire continuamente le auto per aumentare la sicurezza passiva, dimenticando che, oltre a limitare i danni negli impatti, bisognerebbe anche preoccuparsi di evitarli, gli impatti. Tornando alla frenata della 4C, si potrebbe forse aspirare a una ripartizione un po’ meno sbilanciata verso l’anteriore, ma sono sfumature.

Le sospensioni, ovviamente, sono granitiche. La nostra 4C era equipaggiata con l’assetto racing opzionale, ma è difficile pensare che le regolazioni standard possano essere molto più riguardose nei confronti delle otturazioni di chi sta a bordo. Rollio e beccheggio, di conseguenza, sono irrilevanti e la 4C si muove senza inerzie e cambia direzione con immediatezza. Però non informa più di tanto sull’approssimarsi del limite e il passaggio dal sottosterzo (blando) al sovrasterzo può diventare decisamente impegnativo in modalità Race, con l’elettronica staccata.

E, a proposito di Race, è questa la selezione necessaria per “fare” il tempo in accelerazione, ma serve un accorgimento, perché non basta la funzione standard di “launch control”, che stabilizza il motore a 4000 giri in partenza: prima di mollare il freno, occorre dare un colpetto al paddle della scalata, così il regime sale a 6000, si accentua l’effetto fionda e durante i rilevamenti siamo addirittura scesi di tre decimi sotto il limite ufficiale sullo 0-100.

E il bello della 4C è anche questo: ogni volta che la si usa, suggerisce qualcosa di nuovo, una malizia, una piccola invenzione che consente di andare ancora più forte. Così, ogni volta, ci si sente un po’ più bravi, orgogliosi e appagati. E la si può finalmente mollare in garage senza rimorsi di coscienza per salire su una banalissima e rilassante Juke a Gpl...

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