Mazda3 2.2 Skyactiv-D, quando le dimensioni contano, prova su strada

Mazda3 2.2 Skyactiv-D, quando le dimensioni contano, prova su strada
Cilindrata elevata, dimensioni abbondanti: va un po’ in controtendenza. Però ha contenuti importanti, su strada è gratificante e consuma poco

di Saverio Villa

26.02.2014 ( Aggiornata il 26.02.2014 07:05 )

Prestazioni

Mazda3 2.2 Skyactiv-D

Quelli che vedono il mondo a stelle e striscie (“più grosso è il motore, meglio è”, concetto che viene declinato in svariate parafrasi più o meno incisive) avranno di che gioire e metter fuori gli striscioni “noi l’avevamo detto”.

La potenza, come abbiamo detto, è la stessa della Golf 2.0 TDI e il peso non cambia poi di molto, però in ripresa la Mazda3 lascia indietro la tedesca di parecchio (nella prova da 80 a 120 in sesta parliamo di oltre 1 secondo e mezzo). E la questione sta tutta qui: niente prestazioni fuori scala che facciano gridare al miracolo – la Golf, anzi, se la si sfrutta a fondo è leggermente più veloce e scattante — niente consumi che facciano gridare allo scandalo, ma semplicemente un gran “tiro” che nell’uso globale e normale che si fa di un’auto dà una bella mano.

Sia quando si guida tranquilli, perché il cambio ce lo si può dimenticare molto spesso anche se non si ha l’automatico (qui può esserci a richiesta un sei rapporti a 1.900 euro), sia quando ci si vuole divertire un po’, perché le prestazioni sono tutte lì a portata di acceleratore e non c’è bisogno di far girare troppo alto il motore. Cosa che, oltretutto, a prescindere dal fatto che per un diesel è perloppiù contro natura. Senza contare che sfruttando con furbizia i quasi 39 kgm di coppia e i rapporti alti, si può lavorare sui consumi con molto profitto.

Detto questo, dal punto di vista dinamico la Mazda3 2.2L Skyactiv-D mette sul piatto della bilancia anche uno sterzo pronto e preciso, con una risposta piacevole e una traduzione piuttosto chiara per chiunque di quello che combinano le ruote davanti. Insomma, di quelli che mettono a proprio agio e danno piacere anche viaggiando ad andature da parata. L’assetto è composto, misuratamente rigido, specialmente dietro, ma niente affatto scomodo. In traiettoria la “3” è stabile, precisa, solida. In ingresso in traiettoria l’inerzia del muso non è poi tanta e l’inserimento è più rapido rispetto alla maggior parte delle concorrenti, mentre in uscita il sottosterzo è morbido e graduale, come è giusto che sia su un’auto da famiglia.

Nel complesso questa Mazda è molto ben guidabile e anche divertente quando si ha l’occasione di muoverla con un po’ di partecipazione. Non è propriamente sportiva e, sotto questo aspetto, la sua ispiratrice Giulietta rimane più sanguigna, però ce la si sente addosso e a un’auto di questa categoria non si può chiedere molto di più. La frenata è piuttosto buona, migliore della media per quanto riguarda gli spazi, ma soprattutto facile da gestire anche nelle decelerazioni di emergenza e robusta nell’uso prolungato.

Il cambio si lascia strapazzare, è preciso negli innesti e piacevole nella consistenza e la rapportatura lunga viene metabolizzata allegramente grazie al tipo di erogazione del turbodiesel. In autostrada c’è un po’ di rumore aerodinamico e di rotolamento, mentre quello meccanico non è affatto invasivo. Al feeling tra vettura e guidatore contribuisce indiscutibilmente anche il posto guida che, salvo un leggero disassamento del piantone, è raccolto, avvolgente e ospitale.

Il volante, piuttosto piccolo, offre una presa consistente e ha un design più sportivo di quello di certe sportive o presunte tali e la leva del cambio sembra essere stata posizionata e dimensionata da un designer appassionato di guida. Il grosso contagiri cerchiato di rosso, protagonista assoluto della vista del cruscotto, fa addirittura “racing”, però avrebbe meritato un po’ più di rilevanza il tachimetro, al quale viene invece riservato un piccolo display ad indicazione digitale che fa da comprimario nel contagiri stesso.

Nella dotazione di serie, tra l’altro, è compreso l’head up display: il sistema è di quelli semplificati e prevede la proiezione su un piccolo panello in plastica che spunta dalla palpebra sopra gli strumenti, non direttamente sul parabrezza come nelle realizzazioni più sofisticate, però dà indicazioni chiare e fruibili. La visibilità posteriore, specialmente di tre quarti, è limitata e impone una certa attenzione quando si è in movimento, in compenso i sensori di parcheggio (di serie anche davanti) in manovra tolgono un bel po’ di preoccupazioni.

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