BMW 220d Coupé M Sport, prova su strada

BMW 220d Coupé M Sport, prova su strada
Guadagna un nuovo nome e mantiene l’esclusività della trazione posteriore

di Saverio Villa

02.07.2014 ( Aggiornata il 02.07.2014 04:37 )

Prestazioni

Stile a parte, i punti di contatto tra la giubilata Serie 1 Coupé e la Serie 2 Coupé sono tanti e, nonostante l’inevitabile evoluzione progettuale, le auto offrono lo stesso “primo contatto”. Nel senso che anche debuttando al volante della “2” si ha la sensazione di conoscerla da sempre. Sembra una frase da Bacio Perugina, ma la sostanza è quella: la consistenza del volante, la postura di guida e il sedile basso ma non troppo fanno sentire a casa, mentre le risposte di motore, sospensioni e freni determinano una confidenza immediata anche in movimento.

Al primo appuntamento non si bacia mai, si dice, ma al primo appuntamento con la 220d vien voglia di fare ben altro. Il motore, per essere un diesel, è molto silenzioso ai bassi regimi e continua ad esserlo anche in alto. Gira sempre regolare, senza ruvidità, ma intorno ai 2000 giri arriva una bella botta di coppia perfino nella modalità “buonista” Eco Pro, mentre nella Sport+ la generazione della spinta addirittura sorprende. E viene da chiedersi come potrà mai andare la 225d biturbo, ma la domanda rimane, per ora, senza risposta. Certo non è naturale pensare che a un “duemila” si possa chiedere altro, anche perché, tutto sommato, si può arrivare con la lancetta del contagiri fino a 5000 o giù di lì,senza che il quattro cilindri tedesco vada in debito d’ossigeno. Lo sterzo a rapportatura e assistenza variabili è pesante in modo piacevole e molto rapido ma anche omogeneo e per niente ansiogeno sul veloce.

Oltretutto governa un avantreno molto fedele, per cui si è portati a strafare. Tra l’altro, fatti i primi esperimenti, si scopre presto che la motricità è ottima e che sull’asciutto è ben difficile far partire la coda della 220d anche se si usa l’acceleratore con un approccio omicida, quindi allentati i freni inibitori, si tende a guidare la “2” come se si fosse su un grosso kart, con un uso “on/off” del gas. Le sospensioni della versione M Sport sono durette ma non maleducate: bisogna stare un po’ attenti sui dossi rallentatori ma, in condizioni di strada normale, resta quella giusta dose di coricamento che dà naturalezza e agilità alla guida.

La posizione arretrata del motore e la distribuzione delle masse fanno sì che il peso sia distribuito equamente tra l’asse anteriore e quello posteriore, e questo è alla base di un comportamento neutro, con solo un accenno di sottosterzo che serve a tranquillizzare chi ancora qualche timore reverenziale nei confronti della trazione posteriore. Viaggiando in scioltezza, senza forzare la meccanica, si possono tenere andature sorprendenti, traendone un divertimento notevole in assenza totale di stress.

Sulla nostra vettura era montato il cambio automatico ZF a 8 rapporti in configurazione sportiva, che è dotato anche della funzione launch control e che, secondo i dati ufficiali BMW, permette di guadagnare un decimo di secondo rispetto al manuale sia sullo 0-100 che sul km da fermo. Al di là del cronometro, comunque, è difficile pensare a un modo migliore per spendere – sempre che li sia abbia in tasca — altri 2.350 euro anche perché, tra l’altro, nella modalità manuale/Sport+ vengono disattivati il kick down e la cambiata automatica in prossimità del limitatore, lasciando quasi intatte le possibilità di autodeterminazione di chi guida.

Per contro, la bontà delle regolazioni dell’assetto sportivo M permette di investire diversamente, o risparmiare, i 780 euro necessari per le sospensioni adattive. E parlando di risparmio, non si può sorvolare sul fatto che l’insieme dei vari “trucchetti” che determinano la filosofia EfficientDynamics ha colpito un’altra volta: quasi 19 km/litro effettivi percorsi mediamente nel corso della nostra prova. Per un’auto tutto sommato così emozionale, sono davvero un risultato eccezionale.

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