Renault Twingo, il sale sulla coda, la prova

Renault Twingo, il sale sulla coda, la prova
Sovverte le regole e sposta il motore dietro, sotto il baule. Divertente, pimpante, spaziosa, anche in quattro.

di Marco Visani

30.12.2014 ( Aggiornata il 30.12.2014 08:48 )

Presentazione

Small car, small bargain: gli americani hanno sempre avuto questa fissa. Fare automobili piccole è un affare da poco. Se un tempo il ritornello era un modo per giusticare l’ipertrofia dei loro transatlantici su gomma oggi, dannazione, il ragionamento si applica anche all’Europa.

Con esclusione dell’Italia, che fa repubblica a sè, i costi di sviluppo di una macchina piccola — dove piccola va inteso qui per city car: Panda, up! e compagnia — sono purtroppo difficilmente giustificabili in relazione alle potenzialità del mercato.

Questi sono i fatti. Ora mettetevi nei panni di Renault. Che dopo avere fatto quel capolavoro della prima Twingo e quell’assai meno riuscito oggetto della Twingo 2, doveva inventarsi la Twingo 3. I casi erano due: o la cancellava visto che avrebbe reso poco, lasciando però spazio alla concorrenza; o si inventava una cosa nuovamente rabberciata. Oppure, terza via, trovava qualcuno con cui fare a metà delle spese. La busta scelta è stata la numero 3, quel partner si chiama Daimler, alias Mercedes, cui a sua volta non avrebbe dato fastidio l’ipotesi di risparmiare sui costi della nuova Smart. Bene, il matrimonio s’ebbe da fare. Ma a questo punto è arrivato l’inghippo: la Smart, anche la nuova come le precedenti, sarebbe stata una tutto dietro. Dunque anche la Twingo avrebbe dovuto tornare a motore e trazione posteriori.

Come ai tempi della Dauphine, dopo che dal 1961 (anno di nascita della R4...) i francesi sono stati tra i più convinti sostenitori della trazione anteriore. Ce ne sarebbe stato abbastanza da sollevare un polverone tecnico-filosofico. Senza contare alcune complicazioni pratiche mica da ridere sollevate dalla convivenza tra motore e baule, oltre che su un comportamento dinamico inevitabilmente meno assimilabile a quello — solito, rassicurante, finanche noioso — delle piccole tutto avanti. E invece Renault ha trasformato un potenziale problema in opportunità, riuscendo a usare bene i pochi vantaggi di questa architettura meccanica: passo lungo e abitacolo avanzato.

Alla fine, anche se il baule ha un limitato sviluppo in altezza ed è piccolino, tra panchetta divisa in due, mancanza di scalini e sedile anteriore destro ripiegabile a libro è più sfruttabile di molti vani ben più ampi. L’organizzazione degli spazi, specie quella dei portaoggetti, è particolarmente creativa e riuscita. Sullo 117 stile sono già stati versati fiumi di inchiostro e lo spreco non è nei nostri costumi.

Ci limitiamo a dire che, nonostante un profilo che più Fiat 500 di così non si può, la Twingo ha una sua personalità e che, anche alla guida, riserva più di una sorpresa: col 3 cilindri 900 turbo è divertente, consuma il giusto, è sicuramente diversa dalle solite auto da città anche se, nonostante l’elettronica faccia tutto il possibile per evitare difficoltà, alcuni limiti connaturati alla particolare disposizione meccanica ci sono. Ma alla fine, il matrimonio è stato utile? Sul piano finanziario, non è stata una brutta pensata: la nostra vettura di prova, top di gamma e full optional, raggiunge i 16mila euro. Ok: sono tanti per una piccola. Ma commisurati alla dotazione molto ricca anche sul piano della connettività, rappresentano una richiesta nell’insieme corretta.

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