Renault Twingo, il sale sulla coda, la prova

Renault Twingo, il sale sulla coda, la prova
Sovverte le regole e sposta il motore dietro, sotto il baule. Divertente, pimpante, spaziosa, anche in quattro.

di Marco Visani

30.12.2014 ( Aggiornata il 30.12.2014 08:48 )

Prestazioni

Renault Twingo, il sale sulla coda

C’è poi tutta questa differenza, tra la Twingo e la 911? No, che non c’è: stesso layout meccanico, con il motore dietro le ruote posteriori, stesse sensazioni di guida. Quantomeno, “alla grossa”: basta infatti prendere un minimo di velocità (anche sotto i 100) che si percepisce un certo galleggiamento dell’avantreno, leggero giacché privo della massa del propulsore, associato a un non trascurabile sottosterzo.

Poi, vabbè, è finita lì: entrando in curva bruscamente o altrettanto sgarbatamente rilasciando, l’elettronica (blindata) taglia l’alimentazione e quindi di sovrasterzi di potenza non c’è traccia; e poi non è che con 90 cavalli tu possa sentirti realmente su una Porsche. Eppure il preambolo era necessario per dire che, all’anima del fatto che sia una “macchinina”, la Twingo è divertente.

Perché i 90 cavalli (che equivalgono a 100 cv/ litro, e non sono pochi) sono ben erogati e il tre cilindri turbo è gustosissimo: spinge fin dai un tre perché la sua sonorità è inconfondibile ma nella guida disinvolta riesce divertente, anche grazie al felice abbinamento con un cambio a cinque marce dagli innesti ben guidati che digerisce bene anche l’uso più sportivo. Certo, sui trasferimenti fuori porta (quelli autostradali, soprattutto) il suo livello sonoro — con corredo di inevitabili vibrazioni — si fa sentire (ai 130 siamo a 74,6 dB davanti e a ben 76,1 dietro) e il discorso cambia. è peraltro, quello autostradale, uno degli ambiti nei quali la piccola Renault mostra maggiormente la corda. Il che è anche naturale per una city car, come è naturale che una tuttodietro abbia una consistente sensibilità al vento laterale. E comunque, in giornate ventose come pure superando camion e furgoni, lo spostamento si avverte e lo stress si accumula.

Altro pegno che la Twingo paga, quello di avere un assetto molto conservativo, con una rigidità che — complice la massa del motore — si avverte in special modo sull’asse posteriore. Era peraltro lo scotto da pagare per avere un limitato coricamento laterale e affrontare le curve in modo piatto, con un’agilità notevole. Arriviamo così allo sterzo: in velocità non è gran che. Il servo elettrico lo rende lento e non precisissimo, con un feedback che nell’insieme non è dei migliori. Ma il bello arriva in parcheggio: grazie all’assenza di motore tra le ruote – e a un comunque ottimo lavoro eseguito, in fase di progettazione, sulla tiranteria — la Twingo gira praticamente su se stessa: ha un diametro di volta così favorevole che le prime volte c’è quasi da starci attenti, coi suoi quattro giri del volante per una sterzata completa.

Efficaci i freni, nella media di categoria, al netto di una leggera sensazione di serpeggiamento dell’avantreno nelle forti decelerazioni. Il quadro prestazionale privilegia l’uso urbano: rispetto a concorrenti dirette con potenze inferiori (la C1 1.2 82 cv, la 500 0.9 85 cv) la Twingo è lenta: 160,4 km/h, quasi 5 meno del dichiarato e oltre 15 meno della Citroën! Piuttosto posata anche in accelerazione (12”6 nello 0-100), si colloca a metà tra le due rivali citate quanto a tempi di ripresa (che, per essere efficace, comporta quasi sempre la necessità di una scalata). Il consumo è, nuovamente, a mezza via tra quello del bicilindrico Fiat e il tre dell’altra francese: in media si percorrono 17,447 km/litro e, con soli 35 litri di serbatoio, non si superano i 611 km di autonomia. Quel che più conta, vista la vocazione della vettura, è il consumo in città: 14,7 km/ litro. Non male, e comunque meglio di quanto ha saputo fare la 500 (12,5).

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