Jeep Renegade, prova su strada

Jeep Renegade, prova su strada
Marchio, stile e aspirazioni sono quelli di Wrangler. Ma ha le carte per confrontarsi anche con i SUV stradali

di Saverio Villa

12.03.2015 ( Aggiornata il 12.03.2015 10:31 )

Prestazioni

Cominciamo sbarazzandoci di un possibile equivoco che, parlando di Jeep, è fisiologico. Quasi doveroso, per certi versi. Nonostante il marchio che porta sul cofano, la Renegade non è un’auto pensata per il fuoristrada impegnativo, quindi chi fosse in procinto di sostituire la propria Wrangler per raggiunti limiti di maltrattamento, farà bene ad orientarsi verso altri lidi.

Su un percorso fuoristrada realmente duro, la vettura tende inevitabilmente ad alzare le ruote perché l’escursione delle sue sospensioni (170 mm davanti, 205 dietro) tiene conto anche delle necessità stradali. E il ripartitore di coppia tra avantreno e retrotreno, sottoposto a uno sforzo intenso e prolungato, può perdere un po’ di efficacia. Senza contare l’assenza del riduttore, che non è presente nella forma tradizionale neppure sulla versione più specializzata Trailhawk.

Però si può legittimamente affermare che la Renegade è un Suv compatto capace di fare — questo sì – cose che sono precluse alle sue concorrenti dirette. La Limited 4WD ha un’altezza da terra (198 mm) e angoli di attacco (21°), dosso (23,5°) e uscita (32,1°) davvero molto interessanti per la sua categoria e un sistema di gestione elettronica della trasmissione a terra della coppia – comandabile tramite una manopola sulla console – alle soglie della “professionalità”, che aiuta molto anche chi non ha grande esperienza in fatto di fango, neve, sabbia e, all’occorrenza, blocca anche il suddetto ripartitore centrale. Se poi la si sceglie il cambio automatico, è possibile avere il sistema automatico di controllo della velocità in discesa.

Mettendo il selettore del Selec-Terrain nella modalità “auto” — quella destinata ad essere più frequentata — la trasmissione Active Drive addirittura disinnesta la trazione posteriore appena è possibile per risparmiare carburante e aumentare la scorrevolezza. E proprio la scorrevolezza su strada, la silenziosità (più meccanica che aerodinamica) e il confort sono tra le doti migliori della Renegade, com’era lecito aspettarsi data la sua impostazione. Il 2 litri turbodiesel Multijet, anche in questa applicazione, si rivela uno dei migliori motori della categoria per l’arco di utilizzazione, la brillantezza, la prontezza e il consumo. I cavalli non sono tantissimi ma bastano sempre, sia su strada che fuori. Il cambio a sei marce si apprezza per la manovrabilità, la giusta resistenza allo sforzo e la piacevolezza complessiva, che non fa rimpiangere troppo l’automatico.

Che, del resto, imporrebbe uno sforzo economico supplementare decisamente importante, visto che si tratta del raffinato ZF a 9 rapporti. L’aspetto forse meno convincente nella marcia su asfalto è lo sterzo, almeno per quanto riguarda la capacità di passare informazioni. Ma si tratta di prendergli le misure, dopodiché lo si scopre rapido e preciso a sufficienza. La Limited monta di serie l’avviso di abbandono involontario della corsia che, però, se attivo, allerta il guidatore con un’azione sul volante un po’ troppo invasiva. L’altezza da terra porta inevitabilmente a un aumento dei movimenti di rollio e beccheggio, che però non diventano mai fastidiosi perché sono ben controllati, grazie anche all’adozione di ammortizzatori Koni a smorzamento selettivo. Nei cambi di traiettoria la Renegade segue bene le dritte di chi guida, non si scompone quasi mai ed è discretamente agile.

La frenata è potente ed efficace anche quando si viaggia a pieno carico; al limite scarica un po’ il retrotreno ma l’elettronica tiene tutto sotto controllo con diligenza. Le sospensioni filtrano bene e, soprattutto davanti, si beneficia di un confort elevato grazie anche ai sedili ben imbottiti e sagomati. Dietro si sta seduti quasi in corrispondenza dell’assale, quindi si è un po’ più esposti alle sollecitazioni e si percepisce anche una leggera rombosità.

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