DS5, prova su strada, ci mette la faccia

DS5, prova su strada, ci mette la faccia
Il primo passo per differenziare il brand Ds da Citroen è il nuovo look anteriore che debutta sulla media

di Saverio Villa

09.09.2015 ( Aggiornata il 09.09.2015 07:08 )

Presentazione

Di questi tempi, inventarsi un nuovo marchio sembra roba da pazzi. Anche se, come in effetti è avvenuto all’inizio per DS, la scelta di PSA di rendere autonomo il brand da quello Citroën è maturata per il mercato cinese diversi anni fa ed è stata coronata da un successone. D’altro canto, vista la voracità dei cinesi nei confronti delle auto premium - Audi, BMW e Mercedes là si vendono come il pane, anzi sarebbe meglio dire come il riso – il Gruppo francese non poteva certo perdere il treno.

Che poi dall’altra parte del mondo percepiscano la portata storica e culturale di queste due lettere (che in francese si leggono “déesse”, cioè “dea”) è un altro affare. Ma la gestione e l’omogeneizzazione delle implicazioni del nome è un problema che PSA avrà soprattutto in Europa, dove sono tante le categorie sociali che individuano nella vecchia DS del 1955 un riferimento assoluto e atemporale tecnico (appassionati di auto e/o di bella meccanica), stilistico (entusiasti di storia del design) o d’immagine (bulimici di ciò che è “cool” e PR di discoteche di tendenza).

Nel Vecchio Continente, DS è ufficialmente un marchio a sé stante solo da marzo e il primo DS Store italiano, arredato come una boutique, ha aperto in giugno a Milano (non a caso nella città della moda), dopo l’estate verrà inaugurato a Roma il secondo e via di questo passo. Quanto alla percezione del prodotto, però, la faccenda è più complicata, perché per dare da subito un alone di novità ed esclusività a vetture che il pubblico individua da sempre come Citroën servirebbe un miracolo. Preferibilmente di una “dea”, tanto per restare in tema. Ma in Citroën, pardon, in DS, lo sanno e non hanno fretta, ritenendo che sarebbe un ottimo risultato se tra dieci anni la gente accostasse il marchio a quello di Audi, BMW, Mercedes, Infiniti, Lexus e Alfa Romeo.

Il primo modello a proporre una novità che va oltre l’ablazione del doppio “chevron” Citroën è proprio la DS5, che già in partenza si distacca dagli schemi automobilistici canonici (è una berlina con l’altezza da terra da crossover), nello stile (i due volumi non sono un’abitudine nel segmento D) e nell’abitacolo (le suggestioni aeronautiche sono più evidenti rispetto a quelle di altre auto che le millantano).

Di fatto, però, le uniche variazioni sensibili rispetto alla militanza sotto le insegne Citroën della prima DS5 datata 2011 sono il nuovo family feeling anteriore, che arriverà a pioggia anche su DS3 (2016) e DS4 (2014), e l’attualizzazione del sistema di infotainment, finalmente con l’adozione di uno schermo tattile che, come effetto collaterale, ha comportato una riorganizzazione della console e la sparizione di una dozzina di pulsanti meccanici sotto il display. Col vantaggio che, adesso, chi acquista una DS5 nuova, riesce a capire “cosa comanda cosa” con largo anticipo rispetto al tagliando dei 30 mila km.

La calandra rivisitata non stravolge l’insieme della DS5, però prende le distanze dal look Citroën. Nella vista di tre quarti anteriore il new look pare vantaggioso, mentre nella vista frontale piena, la cornice metallica lucida della calandra è un po’ troppo vistosa, anche perché fa blocco con le lame laterali cromate che uniscono il montante A con i proiettori. Ma sicuramente contribuirà all’identità di marca e questo è ciò che perseguono anche gli altri brand premium, pur con risultati altalenanti.

Tra le altre piccole variazioni, si segnalano la disponibilità del sistema di sorveglianza dell’angolo cieco dei retrovisori e della pelle Nappa, che si sposa decisamente bene con la lavorazione a “cinturino di orologio” caratteristica della vettura. Mentre dal punto della sicurezza, è tutt’altro che marginale l’introduzione della Connect Box, con Pack SOS & Assistance che, all’occorrenza, fa partire, anche in modo automatico, le chiamate telefoniche di emergenza o di assistenza localizzata, con l’invio dei soccorsi se necessario; permette la localizzazione dell’auto in caso di furto e mantiene un’agenda virtuale della manutenzione che varia in funzione del tipo di uso che si fa della DS5.

Coerentemente con la strategia DS, il listino è “premium”. Le DS5 con il turbodiesel da 181 cv come quello della nostra prova hanno prezzi che spaziano tra 35.400 e 41.750 euro: quasi invariati rispetto alla gestione Citroën e non bassi in assoluto ma, comunque, un po’ inferiori rispetto a concorrenti come Audi A5 e BMW Serie 3 GT. E dovrebbero anche essere anche poco “trattabili”, almeno negli intendimenti dei responsabili di marca, perché anche da qui passa la credibilità di un brand di prestigio. Non sarà facile imporre il marchio DS ma, parafrasando il testo di una canzone famosa e crepuscolare di Ivano Fossati: la costruzione di un nuovo brand «spezza le vene delle mani, mescola il sangue col sudore, se te ne rimane». Auguri vivissimi.

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