MINI JCW, il duemila scatenato: prova

MINI JCW, il duemila scatenato: prova
Col 2 litri da 231 cv ha prestazioni strepitose, migliora i consumi. Più comoda ma un po' meno dinamica

di Lorenzo Facchinetti

12.11.2015 ( Aggiornata il 12.11.2015 06:22 )

Presentazione

In un’epoca in cui l’imperativo è abbassare la cilindrata, ritrovarsi per la mani la più cattiva delle Mini con un bel 2 litri sotto il cofano è senza dubbio una bella notizia. Sì, perché archiviata la pratica dei motori PSA, con il “millesei” turbo come punta di diamante per Cooper S e JCW della precedente generazione, oggi l’unica strada percorribile era puntare proprio sul nuovo motore 2 litri a 4 cilindri modulare di origine BMW, il fratello maggiore del 3 cilindri 1.5 che alla John Cooper Works sarebbe stato effettivamente un po’ stretto sia per prestazioni, sia per immagine.

Eccola qui, dunque, la Mini più potente di sempre con una variante dedicata del 2 litri TwinPower Turbo da ben 231 cavalli e forte di una coppia di 320 Nm, numeri buoni per l’epilogo a lieto fine che tutti i costruttori oggi amano raccontare: prestazioni superiori e consumi inferiori. Di questo ne parleremo dopo. Nel frattempo è bene concentrarsi su ciò che offre la nuova edizione della più sportiva fra le Mini.

L’aspetto pare più cattivo del solito: davanti, per far respirare a dovere il propulsore e l’impianto frenante dedicato (Brembo), gli ingressi per l’aria sono molto pronunciati e generosi, con un design che più che assolvere una funzione estetica pare essere stato pensato proprio per un’effettiva valenza pratica in maniera da convogliare l’aria nel modo più selettivo possibile verso propulsore e dischi freno. Questa cura aerodinamica prosegue nella zona posteriore, non tanto in quel del paraurti dove le varie griglie a nido d’ape servono unicamente a fare il paio con quelle anteriori, quanto per il vistoso spoiler sopra il lunotto che ha una conformazione idonea per generare deportanza alle alte velocità. L’unico componente che forse stona un poco sono le ruote: i 17 pollici previsti nel corredo di serie calzano un po’ stretti e mettono in luce l’importante aumento dimensionale della Mini rispetto alla versione precedente. E obbliga, almeno coloro che “anche l’occhio vuole la sua parte” a investire cifre che partono da 820 euro per un bel set di ruote da 18 pollici.

L’ABITACOLO, rispetto alle altre Mini, propone le modifiche del caso in chiave sportiva: volante e pomello cambio JCW, sedili dalla doppia colorazione e alcune grafiche specifiche (bandiere a scacchi e altri tocchi dal sapore racing, un po’ ridondanti per la verità...) sulla strumentazione e attorno  all’oblò centrale. Ma facciamo un passo indietro per chi non fosse mai salito su quest’ultima generazione di Mini: il già citato aumento dimensionale (10 cm più lunga, 4,4 più larga, 2,8 cm in più di passo), in realtà non ha elevato a dismisura l’abitabilità. La zona anteriore è vivibile, ma continua a non abbondare in larghezza, e quella posteriore si riduce sempre a una nicchia d’emergenza per i tragitti brevi. Aumenta invece il volume del baule, di una cinquantina di litri che tornano utili per trasportare una borsa della spesa in più.

LA CRESCITA del corpo vettura, semmai, ha portato benefici in termini di guidabilità. L’aumento delle carreggiate, una nuova scocca più rigida e un passo più lungo hanno consentito di guadagnare una maggior dose di confort, ferma restando una ottima reattività durante la guida sportiva. La nuova Mini, JCW compresa, appare più matura e più versatile, senza per questo aver rinunciato al suo proverbiale go kart feeling. Un feeling che è tale in particolar modo grazie (o a causa...) dello sterzo, incredibilmente preciso e diretto tant’è che nella marcia rettilinea si preferirebbe un comando addirittura più turistico. Ci ha conquistato del tutto, invece, l’accoppiata fra il potente e corposo 2 litri turbo con il cambio automatico Steptronic, l’alternativa al manuale 6 marce: pur essendo un convertitore di coppia, in modalità sportiva e manuale rende giustizia al signor John Cooper...

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