Alfa Romeo Stelvio, passo veloce: la prova strumentale

Alfa Romeo Stelvio, passo veloce: la prova strumentale

La forma non compromette la prestazione, fedele all'impronta sportiva Alfa... ma adesso c'è spazio

di Cesare Cappa

27.07.2017 15:15

Prestazioni

L'apparenza a volte inganna. Perché è indubbio che la classe dei Suv, disponibilità di cavalli a parte, difficilmente venga considerata sportiva. Eppure l’Alfa Romeo Stelvio ti coinvolge sin dai primi metri al volante, proprio come la Giulia fece a sua tempo. È il suo punto di forza, quello che manca ai competitor tedeschi che, per quanto possano essere altrettanto prestazionali, mostrano un comportamento più asettico e meno complice rispetto ad un vero “smanettone”. D’altro canto vantano una qualità di finiture e materiali, unità ad un ventaglio di tecnologie in tema infotainment, che Alfa Stelvio deve ancora conquistare. L’italiana celebra la sportività in senso assoluto, pur rispettando il confort degli occupanti.

È L’ASSETTO la chiave di volta del Suv del Biscione. Il giusto compromesso per convincere la consorte a cedere al fascino del lungo mare tortuoso, piuttosto che rimanere su un impersonale rettilineo autostradale. La vettura non è piatta e non “riversa” in abitacolo ogni minima imperfezione del manto stradale. Il gruppo molla ammortizzatore di Stelvio rivela come la tecnologia Alfalink che modifica il classico schema a doppio braccio oscillante sull’asse anteriore, sia un toccasana pure in materia di Suv. Ma il fatto che il corpo vettura si muova, rivelando che non sia immune a rollìo e beccheggio, non sminuisce in alcun modo il divertimento di guida.

Il compromesso è quello giusto, perché l’azione della ruota è sempre efficace, in ogni situazione. Ciò significa che non c’è avvallamento o buca che possano in qualche modo stravolgere la dinamica di Stelvio. Sempre molto neutra, potendo vantare un distribuzione dei pesi quasi ottimale: 52% all’anteriore, 48% al posteriore. La tendenza al sottosterzo si palesa solo quando si ha davvero esagerato. E in fase di rilascio i movimenti della coda sono ridotti ai minimi termini, quanto basta per non perdere la “traccia” soprattutto alle velocità nemmeno certe supercar possono vantare.

Ci sono però ancora tre elementi che concorrono ad alimentare il fascino della guida nell’Alfa Stelvio. In primis lo sterzo servoassistito elettricamente. Diretto, preciso e con un grado di durezza migliorato (almeno in apparenza) rispetto a Giulia. Non serve una pista per convalidare la nostra affermazione, ma basta una qualunque curva disponibile per evidenziare che l’avantreno sia solido e stabile. POI C’È il cambio, lo ZF a 8 rapporti. Le palette solidali al piantone sono adeguate fintanto non dobbiate affrontare un tornante particolarmente stretto. Quanto all’efficienza... ineccepibile. E se spostate il selettore dell’Alfa DNA in Dynamic, la decisione di cambiare marcia è solo nelle vostre mani. A chiudere la parentesi ci pensa il 2,2 litri turbodiesel da 210 cavalli. L’unità di Stelvio, condivisa con Giulia Veloce, mostra un’erogazione della coppia (470 Nm) lineare e progressiva. Potendo vantare anche una certa rotondità d’esercizio che si palesa quando siete intorno la soglia dei 1500 giri/min, con innestato un rapporto alto. Nessun tentennamento, nessuna vibrazione, si preme l’acceleratore e si torna a salire sino alla quota dei 4000 giri/min, regime intorno al quale la spinta tende inevitabilmente a smorzarsi.

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