Morto Cesare Romiti, il manager degli Agnelli che ha cambiato il volto della FIAT

Morto Cesare Romiti, il manager degli Agnelli che ha cambiato il volto della FIAT© ANSA

Ribattezzato il "Manager dal pugno di ferro", ha guidato la FIAT dal '74 al '98 tra crisi petrolifera e lotte sindacali, imponendo la sua visione sul destino industriale dell'azienda torinese

di Michele Salvatore

18.08.2020 13:16

Cesare Romiti, il manager e imprenditore italiano che per un quarto di secolo ha segnato la storia della FIAT è morto questa notte all’età di 97 anni.

Nato a Roma il 24 giugno del 1923, figlio di un impiegato delle poste, si  laurea in scienze economiche e attraversa la soglia del Lingotto dopo una serie di esperienze nell’industria chimica e nelle aziende a partecipazione Statale.

Dall'IRI alla FIAT

Infatti, nel 1973, l’IRI lo chiama in Alitalita, nominandolo direttore generale per poi promuoverlo amministratore delegato, ma la prima, vera, svolta della sua carriera arriva nel 1968, durante la fusione tra la Bomprimi Parodi Delfino e Snia Viscosa, società per la quale ricopriva la carica di a.d.. Durante l’operazione conosce Enrico Cuccia, all’epoca patron di Mediobanca, e i suoi modi di fare chiari e diretti gli fanno guadagnare la stima del banchiere che, successivamente, sponsorizza il suo nome alla famiglia Agnelli.

È il 1974 e tra la crisi petrolifera e le proteste sindacali, la FIAT ha bisogno di un profilo “da duro” come quello di Romiti per far quadrare i conti. E il personaggio che poi passerà alla storia come il “Manager di Ferro” del capitalismo italiano, entra a Corso Marconi più che cinquantenne e tutt’altro che in punta di piedi.

Il primo scontro

Infatti, al rapporto di assoluta fiducia che lo legherà per tutta la vita a Gianni Agnelli, fanno da contrappeso gli scontri con Umberto Agnelli, con il quale condivideva la carica di a.d. e Carlo De Benedetti, che aveva comprato quote della Casa automobilistica in cambio della cessione della sua Gilardini, all’epoca fornitore di componentistica per le vetture FIAT.

Le personalità del manager e dell’Ingegnere vanno subito in conflitto e il dualismo termina in maniera brusca dopo 150 giorni, con De Benedetti che, sostanzialmente messo all’angolo dagli Agnelli più propensi a stare dalla parte del manager, vende le sue quote e lascia il Lingotto sbattendo la porta.

Con l’uscita dell’Ingegnere, Romiti vede accrescere sempre più il suo potere al punto che, nel 1976, porta la sua firma - con il beneplacito degli Agnelli - una delle operazioni più controverse della storia dell’azienda.

L'accordo con i libici

La FIAT ha ancora molto bisogno di soldi e Romiti diventa così il grande regista dell’ingresso della Lafico, la società finanziaria della Libia governata dal dittatore Muammar Gheddafi. Nel pieno della Guerra Fredda e in un Mondo diviso in due fazioni, per una delle aziende più importanti di una potenza tra le nazioni del blocco occidentale, non è facile trovarsi in casa, come socio, un governo mal visto da tutti nella parte del globo sotto l’ala degli USA, però l’operazione riesce. I soldi libici salvano la FIAT e Gheddafi esce dalla società nel 1986.

Uomo solo al comando

Vinto lo scontro con De Benedetti, arriva il turno di Umberto Agnelli. Nel 1980 la crisi è ancora forte e sotto la spinta di Mediobanca e Enrico Cuccia, Umberto lascia gli incarichi operativi e Romiti diventa il braccio destro dell’Avvocato, praticamente un uomo solo al comando, potere che gli permette di imporre la sua visione industriale, cambiando per sempre il destino della FIAT.

Punto di svolta è l’annuncio della riduzione dei costi che passa per il licenziamento di 14.000 dipendenti che scatena le ire dei sindacati. Il braccio di ferro si conclude con la Marcia dei quarantamila del 14 ottobre e dopo 35 giorni di sciopero. Per le strade di Torino, i quadri dell’azienda sfilano contro i picchetti sindacali che impedivano l’accesso alle fabbriche, per chiedere a gran voce di tornare a lavorare.

Come effetto diretto della manifestazione, il sindacato sceglie di chiudere la vertenza, ma con un compromesso favorevole per la FIAT, che rinuncia i licenziamenti, ma manda in cassa integrazione a 0 ore 22 mila operai.

Gli anni d'oro e la lotta contro Ghidella

L’esito cambia per sempre i rapporti tra politica, industria e sindacati. Ma soprattutto rafforza ancora di più la posizione di Romiti che porta così FIAT a crescere di anno in anno, ma la sua visione industriale lo porta sulla via di un nuovo scontro, quello con il geniale responsabile del prodotto, Vittorio Ghidella.

Due modi diversi di vedere le cose: la visione del manager, che voleva differenziare gli investimenti, contro quella legata all’amore esclusivo per l’auto. Nonostante ci sia la firma di Ghidella su modelli di successo assoluto per l’epoca come Uno, Thema, Y10 e Croma, anche in questa occasione è stata la linea di Romiti a passare e nel 1988 l’ingegnere di Vercelli lascia la FIAT dimettendosi.

Il decennio degli anni ’80 si conclude con l’acquisto dell’Alfa Romeo dall’IRI e con il tentativo, nel ’91 di comprare Chrysler, affare non andato in porto per le perplessità degli azionisti e soprattutto di Umberto Agnelli.

La nuova crisi

Gli anni ’90 sono segnati dalla Guerra del Golfo, che fa ripiombare la FIAT in crisi con il marchio che scende in Italia sotto il 40% e scivola al 10% in Europa, ma anche dall’inchiesta di Tangentopoli che tocca direttamente il Romiti e altri manager dell’azienda, con una condanna per falso in bilancio. Sentenza poi revocata nel 2003 dalla Corte di Appello di Torino perché, nel frattempo, era cambiata la legge che fissava i termini del reato.

Ma sono anche gli anni in cui Romiti compie gli ultimi gradini fino al vertice assoluto in FIAT. Nel 1996, a 75 anni, l'Avvocato lascia la presidenza per diventarne presidente onorario, con il testimone passato nelle mani di Romiti fino al 1998, quando anche per lui scatta il limite dei 75 anni.

Dopo la FIAT

Lasciato il Lingotto con una buonuscita di oltre 105 miliardi di lire, Romiti copre la carica di presidente di Rcs fino al 2004. Dal 2005 al 2007 copre lo stesso ruolo nella società di costruzioni Impregilo, oltre a essere anche presidente della Accademia di Belle Arti di Roma fino al luglio 2013. Nel 2003 costituisce la Fondazione Italia-Cina, nella quale poi copre la carica di presidente onorario. Per questo impegno nel rafforzare i rapporti tra Italia e Cina, la “Chinese People’s Association for Friendship with Foreign Countries” gli conferisce la cittadinanza onoraria della Repubblica Popolare Cinese il 13 ottobre del 2006.

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