Emissione impossibile, VW e Fiat danno battaglia

Emissione impossibile, VW e Fiat danno battaglia
I limiti sui valori di anidride carbonica fissati dalla UE fanno scomparire le piccole diesel

di Saverio Villa

20.01.2015 ( Aggiornata il 20.01.2015 19:33 )

Per anni i grandi costruttori di auto hanno beneficiato dell’inasprirsi delle normative antinquinamento, che ha stimolato un parziale ma costante rinnovamento del parco circolante europeo, ora cominciano a temere che l’atteggiamento oltranzista della Commissione Ue sulle emissioni di CO2 delle auto possa rivelarsi un’arma a doppio taglio. La “road map” prevede che il livello medio di ogni gamma arrivi a 130 g/ km di CO2 dal 2015 per scendere addirittura a 95 g/km tra il 2020 (calcolato sul 95% della gamma) e il 2021 (100%). Ma è il timore che il Parlamento Europeo possa voler andare oltre a scatenare le paure. Ad essere più atterriti dalla prospettiva sono i costruttori di auto di prestigio, quelle con grandi motori che, fisiologicamente, consumano e inquinano di più. Non stupisce, quindi, che il grido di dolore sia partito da Martin Winterkorn, capo del Gruppo Volkswagen, che deve occuparsi anche delle sorti di Audi, Porsche, Lamborghini, Bentley e Bugatti. Winterkorn ha dichiarato che la riduzione di ogni grammo di CO2 in Europa costa al suo gruppo 100 milioni di euro: risultato di una moltiplicazione che tiene conto di una spesa di 30/50 euro per grammo per vettura. Come dire che la spesa da affrontare da qui al 2020 ammonterà a oltre 3 miliardi di euro. E secondo il suo capo, il Gruppo VW, che già investe 10 miliardi di euro all’anno in ricerca e sviluppo, non potrebbe sobbarcarsi un ulteriore incremento di spesa che, quindi, andrebbe a pesare sulla clientela. In proposito Sergio Marchionne, AD di Fiat Chrysler Automobili, è sceso ancora più nel dettaglio, ipotizzando che la soglia fissata per il 2020 possa portare a un aumento del prezzo medio delle autovetture di 1.800/2.000 euro: una ricaduta che avrebbe ripercussioni negative sul mercato interno ma anche a livello mondiale, perché renderebbe il prodotto europeo meno concorrenziale. E su questo tema, le parole di Winterkorn hanno il sapore di una dichiarazione di guerra: "Non permetteremo mai che le nostre imprese vengano frenate o si creino degli svantaggi nell’ambito della concorrenza globale". Dopotutto, ha dichiarato Carlos Ghosn, numero uno dell’alleanza Renault-Nissan e presidente in carica dell’associazione europea dei costruttori di veicoli (ACEA): “L’industria europea dell’auto occupa 12,7 milioni di persone, investe in ricerca e sviluppo 32,3 miliardi di euro l’anno e ha un fatturato di 843,4 miliardi, pari al 6,6% del Pil europeo. Bisogna quindi consentirle di mantenere e rafforzare la leadership tecnologica e il ruolo di traino a livello di normativa che ha svolto tradizionalmente”. Senza contare che per arrivare ai risultati chiesti dalla Ue occorre un impulso al mercato delle auto elettriche e ibride plug-in, che invece è ancora rallentato dalla mancanza di infrastrutture e di una politica comunitaria di incentivazione: in Europa - nel 2013 - sono state vendute poco più di 36 mila auto elettriche, a fronte di un mercato globale di 12,3 milioni di unità, cioè poco meno dello 0,3% (in Italia, se va bene, quest’anno si arriverà a 850 immatricolazioni, per passare a un migliaio nel 2015). Tra l’altro è iniziata da tempo anche una ridefinizione degli scenari mondiali dell’auto guidata proprio dalla necessità di far fronte alla riduzione delle emissioni condividendo gli investimenti tra più costruttori. Una delle credenziali della Fiat nell’accordo con Chrysler fu proprio il suo know-how nel campo dei motori piccoli ed efficienti. BMW si è alleata con Toyota per accedere alla sua sapienza ibrida. Alla base del rapporto di collaborazione tra l’alleanza Renault-Nissan e la Mercedes c’è la fornitura da parte di francesi e nipponici di tecnologia per le auto piccole, in cambio di consulenze sui grandi diesel. In conseguenza di tutto ciò, il numero di vetture a basse emissioni disponibili sul mercato è effettivamente aumentato, ma ha già cominciato ad emergere anche qualcosa di negativo per gli interessi degli automobilisti. Ad esempio stiamo assistendo alla sparizione delle citycar diesel: le varie smart, C1/108/Aygo e Twingo a gasolio erano una manna per il conto al distributore, ma renderle Euro 6 avrebbe inciso troppo sui margini di guadagno dei costruttori, quindi sono state soppresse. E chi ne ha fatto le spese?

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