Auto a idrogeno quale futuro?

Auto a idrogeno quale futuro?
I modelli fuel cell a emissioni zero un tempo erano un’utopia, ma adesso le cose sembrano cambiate

di Redazione

11.02.2015 ( Aggiornata il 11.02.2015 07:27 )

Durante l’ultimo Auto Show di Los Angeles, andato in scena a novembre dello scorso anno, c’è stato l’insolito debutto contemporaneo di ben quattro modelli alimentati a fuel cell a idrogeno: Audi A7 Sportback h-tron quattro, Toyota Mirai e le Volkswagen Golf SportWagen e Passat (standard Usa) in versione HyMotion. Eventi che hanno riportato al centro dell’attenzione l’idrogeno come risorsa per raggiungere una mobilità più sostenibile, tendenza rafforzata dal fatto che Hyundai ha cominciato da alcuni mesi le consegne della ix35 FCEV, quella che può essere considerata la prima fuel cell prodotta in serie. Sostituire nelle emissioni delle auto l’anidride carbonica con il vapore acqueo (azzerando al contempo le sostanze nocive ancora presenti, sebbene in misura sempre minore, negli scarichi delle auto con motore termico tradizionale) è un sogno coltivato da tempo dall’industria automobilistica che vede nel passaggio all’idrogeno il riscatto definitivo dalla tirannia del petrolio e degli altri carburanti fossili e, fatto non trascurabile, la possibilità di abbattere le emissioni medie di CO2 della propria gamma inserendovi un modello “zero emission”. L’idrogeno è un elemento che si estrae prevalentemente dall’acqua ma che va maneggiato con cura quando, dopo averlo reso utilizzabile, si decide di impiegarlo come sorgente di energia. Lo sanno bene in Bmw, la Casa che ha aperto all’inizio del nuovo millennio la corsa all’idrogeno utilizzandolo come carburante in un motore termico che continuava a poter bruciare, in alternativa, la benzina. La tecnologia CleanEnergy ha infatti esordito nel 2000 su 15 Bmw 750 hL equipaggiate con il 12 cilindri da 5.4 litri, 204 cavalli, ovviamente modificato per usare entrambi i carburanti, una flotta di virtuose ammiraglie utilizzate come courtesy car da Monaco di Baviera ad Hannover, sede dell’Expo di quell’anno, coprendo metà della distanza che separa le due città (630 km) usando l’idrogeno liquido immagazzinato, a -253°, in uno speciale serbatoio criogenico. Numerose tecnologie accessorie montate sull’ammiraglia del brand (come il pannello solare inserito nel tettuccio e una batteria funzionante anche a macchina spenta) consentivano, anche se per un tempo limitato, di mantenere la temperatura costante nel serbatoio. Nei due anni successivi le auto furono protagoniste del CleanEnergy World Tour, toccando città, come Milano, dove erano state aperte le prime stazioni di rifornimento, un tour promozionale che preludeva all’entrata in produzione di serie della 745 hL con motore 8 cilindri. A metà del decennio, mentre altre Case cominciavano a sviluppare le fuel cell, Bmw, rimasta sola ad aver scelto l’idrogeno liquido e tradita dai tanti enti pubblici, tedeschi e stranieri, che avevano promesso importanti investimenti nella creazione della rete di distribuzione che non erano stati tradotti in realtà, abbandonò il programma legato all’idrogeno virando, con il progetto Megacity, verso la mobilità elettrica oggi ben rappresentata dalle prime vetture del subbrand “i”.
Auto a idrogeno quale futuro?
  Perché l’idrogeno possa cambiare lo scenario della mobilità abbattendo in maniera drastica, una volta diffuso, le emissioni di anidride carbonica derivanti dalla circolazione, bisogna che questo venga considerato, prima di tutto, non come “fonte” ma come “veicolo” di energia, come da anni sostiene il Nobel Carlo Rubbia. Le auto a fuel cell - le celle a combustibile racchiuse in quella che può essere definita una pila - sono infatti equipaggiate di un motore elettrico che sfrutta l’energia prodotta dalla “combustione fredda”, un processo di ossidazione che si verifica all’interno di ogni singola cella (per un’auto se ne utilizzano fra 300 e 400) dalla combinazione dell’idrogeno allo stato gassoso e l’ossigeno presente nell’aria immessa da un compressore, un incontro dal quale viene generata l’elettricità che alimenta il motore, mentre allo scarico viene emesso soltanto vapore acqueo. L’idrogeno è normalmente stivato in un serbatoio a una pressione molto elevata (700 bar contro i 200 bar delle bombole del metano) che sulla Golf HyMotion, per esempio, viene collocato in uno spazio sotto il pavimento dell’auto, un vano progettato fin dall’inizio sulla nuova piattaforma Mqb di Volkswagen nel quale trovano posto le bombole per la versione a metano e le batterie delle elettriche e-Golf e Golf GTE plug-in ibrida. L’idrogeno è altamente infiammabile e quindi i serbatoi che lo contengono sono superprotetti su tutte le nuove auto a fuel cell. Sotto il profilo della sicurezza, quindi, secondo i costruttori con l’idrogeno non ci sono rischi superiori rispetto a quelli che si corrono con i carburanti di origine fossile. Le prestazioni delle “fuel cell car”, o Fcev, sono ovviamente analoghe a quelle delle auto elettriche (le potenze dei modelli che compongono l’attuale pattuglia di pionieri va da 100 a 170 kW) ma, a differenza di queste, vantano una maggiore autonomia, arrivando a superare in alcuni casi i 500 km prima di fare rifornimento, un obbligo al quale sfugge soltanto la Audi A7 h-tron perché è equipaggiata anche di un pacchetto di batterie ricaricabili con la tecnica plug-in. Anche l’idrogeno non si sottrae alle problematiche legate alla sua reperibilità, quella che è un po’ il tallone d’Achille di tutti i carburanti alternativi. Rispetto, per esempio, al metano che, in Italia, pur contando su una rete di quasi mille pompe, viene ritenuto scarsamente reperibile da buona parte dei potenziali clienti delle auto benzina/ metano, l’idrogeno è messo decisamente peggio perché una rete di rifornimento praticamente non esiste.
quelle di Trento, Carpi e Verona.
Nell’ambito del progetto Hydrogen Highway, che dovrebbe permettere di fare rifornimento lungo tutta l’Autostrada del Brennero per poi collegarsi al progetto europeo HyFive, che toccando Innsbruck, Monaco e Stoccarda permetterebbe di raggiungere Copenhagen, per il momento è attiva la stazione di Bolzano dove è possibile fare rifornimento di idrogeno in tre minuti spendendo circa 60 euro per un pieno (600 chilometri): un impianto moderno dove l’idrogeno è prodotto usando soltanto energia elettrica ottenuta da fonti rinnovabili. Entro il 2016 dovrebbero diventare operative le stazioni di Carpi, Verona e Trento e a quel punto sarà possibile andare da Modena a Monaco emettendo soltanto vapore acqueo. Ma l’idrogeno, come dicevamo, va prodotto, trasportato e stoccato e quella che viene definita la ”macroeconomia dell’energia” ci insegna che per far partire una filiera ci vogliono tante risorse economiche e precise scelte politiche (oggi sull’idrogeno non gravano accise) e di carattere ambientale (produrre l’idrogeno utilizzando carbone o petrolio vanificherebbe i benefici per l’ambiente ottenuti dal suo impiego a sui veicoli). Di fondi pubblici per lo sviluppo dell’idrogeno per le Fcev, in Europa ce ne sono, ma solo per cominciare, perché, come risulta da una ricerca presentata da Bosch a Berlino in novembre, solo il costo per la costruzione di una stazione di produzione/ erogazione ammonta a 1 milione di dollari. Dall’analisi del gigante tedesco dell’elettronica, puntuale protagonista in tutti i passaggi cruciali dell’evoluzione automobilistica – dalla sonda Lambda all’Abs, dall’Esp al common-rail – risulta anche che oggi un’auto a fuel cell proposta a 70mila euro (Toyota Mirai viene venduta a 66mila, tasse escluse) non copre assolutamente i costi di produzione. Le auto a idrogeno, sempre secondo Bosch, potranno essere commercialmente competitive a partire dal 2025, ma si venderanno a patto che esista una rete per il rifornimento degna di questo nome. Le auto elettriche sono sempre in attesa delle indispensabili infrastrutture di ricarica e all’idrogeno non resta che mettersi in fila. Impossibile fare previsioni su quando le FCEV cominceranno ad essere prodotte su larga scala (c’è chi favoleggia di 16 milioni di auto a idrogeno circolanti in Europa nel 2030), ma il gruppo di Case impegnate nello sviluppo di modelli a fuel cell è comunque numeroso e comprende Daimler, Hyundai, Honda, Nissan, Toyota, Ford, General Motors e il gruppo Volkswagen. A queste si aggiungerà presto anche Maserati, lo ha annunciato il Ceo Harald Wester, il primo dicembre dello scorso anno, in occasione del centesimo anniversario della fondazione della Casa del Tridente. Questo il futuro dell’idrogeno: un’utopia che sta diventando — o, meglio, ritornando — ad essere un laboratorio di idee. Piero Evangelisti   Piero Evangelisti

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