L'auto di domani. Il microchip sta imparando a guidare.

L'auto di domani. Il microchip sta imparando a guidare.

di Redazione

09.12.2010 ( Aggiornata il 09.12.2010 12:44 )

Ha cominciato la Volkswagen Touran a parcheggiare da sola, lateralmente, seguita dalla Peugeot 5008. Poi è stata la volta della Passat che entra nei parcheggi a spina di pesce e individua il posto libero tra due auto. Ora BMW sperimenta l’ultima trovata: il sistema che… tu scendi dalla macchina davanti al box, lasci il motore acceso, in folle, e ti porti via il telecomando. Poi ordini di andare a cuccia: lei comanda l’apertura della serranda, innesta la marcia, avanza guardandosi ai lati, centra perfettamente la porta del box, parcheggia in fondo, spegne e chiude. Se c’è un secchio sul pavimento, la manovra non riesce, perché vede anche quello. Oggi siamo veramente a un passo dal ricevere aiuti precisi, puntuali e gratuiti da sensori con occhi elettronici, quasi angeli custodi che ci guardano le spalle ( letteralmente), che vedono ciò che noi non vediamo, che intuiscono ciò che non immaginiamo e che agiscono molto più efficacemente di noi. Senza sostituirsi alla nostra volontà o togliere alcunché al nostro arbitrio. Due anni fa Volvo aveva stupito il mondo introducendo per prima il sistema ottico che – a bassa velocità - individuava un ostacolo sul percorso, avvisava il guidatore di intervenire sullo sterzo o sui freni e dopo alcuni decimi di secondo, constatato che l’urto sarebbe stato ormai inevitabile, azionava i freni. Il sistema è stato poi ripreso da Honda sulla Legend con un dispositivo - premiato in sede internazionale - che agisce a velocità maggiore e decide quando e come frenare per ridurre le conseguenze di un impatto.
Scandalo a Ginevra
Si era gridato allo scandalo perché l’auto, per la prima volta, faceva autonomamente ciò che l’uomo non gli aveva ordinato. Ma erano solo bizantinismi da Convenzione di Ginevra: oggi nessuno più si scandalizza se l’elettronica vede e decide al posto nostro. Anzi siamo quasi tutti convinti che possiamo fidarci più del chip che di certi guidatori imprudenti e indisciplinati, patentati chissà dove e chissà come. Più del chip che di certe nostre distrazioni o botte di sonno. D’altro canto, viaggiamo tranquilli su certe navette aeroportuali senza pilota o sugli aerei di linea ove il pilota automatico propone e fa molto più di quanto immaginiamo.
I tempi sono maturati, i governi spingono affinché le vittime della strada scendano alla metà di quelle attuali, le tecnologie che lo consentono sono a portata di mano, gli sviluppi dell’elettronica costano ma vengono ampiamente ripagati. E, poiché il valore della vita diventa ogni giorno più sacro, non c’è limite alla protezione. E ai costi.
Siamo alla vigilia di una rivoluzione che nei prossimi dieci anni porterà all’introduzione di autentiche diavolerie. Ma non su tutte le auto, perché è impensabile gravare di costi superflui un’utilitaria: inevitabilmente si arriverà presto a una divisione dei compiti: da una parte l’auto urbana, spartana, a prova di ( piccolo) urto, risparmiosa e pulita, magari elettrica, forse presa in car sharing; dall’altra l’auto da lavoro e da lunghi viaggi, sicura, protettiva, collegata al Grande Fratello informatico, con tanti occhi elettronici, con l’ufficio a bordo e il megacine per la famiglia. È di quest’ultima che ne abbiamo testato le soluzioni già pronte.


Andare da A a B col minimo consumo
Finora il navigatore ti chiedeva di scegliere il percorso più breve, o il più ( secondo lui) rapido o quello che lui chiama “ ottimizzato” ( e che nessuno si azzarda a scegliere perché non si fida). L’auto di domani non viaggia da sola, è perennemente collegata via sim telefonica a due centri: uno è territoriale e fornisce di continuo informazioni locali, l’altro è della Casa o comunque agisce per conto suo. Ed è collegato ad Internet, sa tutto, come un’enciclopedia. Il navigatore, pertanto, può scegliere il percorso al fine di consumare meno in assoluto, tenendo conto dell’altimetria dei vari tracciati, dei semafori e del loro tempo di rosso, del recupero di energia in discesa, dei tratti ove può mettere in folle perché dietro una curva sa che c’è una rotonda ove bisogna rallentare. Può anche gestire il motore e il cambio automatico per ottimizzare tale scelta, tenendo conto della quantità di benzina presente nel serbatoio. E se non è sufficiente, suggerisce i distributori vicini della marca preferita, o quelli che praticano i prezzi migliori. Oppure può richiedere alla centrale le reali condizioni di traffico prima di scegliere un percorso.
Non basta. Il navigatore può apprendere giorno dopo giorno i viaggi ( per esempio, casa- ufficio) che si ripetono puntualmente e imparare a memoria le varie alternative, con i tempi occorrenti, le svolte, i semafori, le soste. Per esempio, se la sosta a un semaforo supera il minuto ( la vettura ne chiede conferma al centro informazioni locale), sul display possiamo leggere i titoli delle news o addirittura la posta ricevuta in e- mail. Poi, in occasione di un’altra sosta, è possibile dettare la risposta senza staccare le mani dal volante, ricevere dal centro operativo il testo composto e corretto e inviarle al destinatario. Non è fantasia futuristica: le foto dimostrano che è già realtà.
Così come è già realtà l’impiego del telecomando dell’auto per effettuare altre operazioni. Per esempio, per pagare piccole somme al supermarket, al distributore, alla stazione dell’autobus o della metropolitana.

Piramide o cartello stradale? 

Il futuro – fortunatamente - è anche orientato verso l’unificazione, la standardizzazione, la semplificazione. Discorso che significa non doversi portare appresso mille carte di credito nel portafogli, mille chiavi nelle tasche e mille password o codici di identificazione nel cervello. Un cellulare potrà supplire a tutto e sapere tutto di noi, senza che gli altri possano usarlo. E potrà sostituire il telecomando per l’auto. Non solo, ma potremo trasferirgli un’infinità di funzioni automobilistiche via sim, e viceversa: accendere il riscaldamento o il condizionatore a distanza, individuare la vettura lasciata in un grande parcheggio all’aeroporto ( ove, come spesso accade, dimentichiamo piano e posizione). Oppure ricevere dal cervello centrale informazioni sui posti disponibili nei garage pubblici, apprendere i collegamenti con treni e bus da un punto della periferia, prenotare posti e biglietti… Quelle illustrate sono tutte funzioni di tipo passivo, che richiedono solo il possesso di informazioni, di notizie, di collegamenti. Il grande salto in avanti per la sicurezza della guida è, invece, rappresentato dalle funzioni visive, cioè dalle decisioni di tipo attivo, che il computer può prendere quando vede l’ambiente che lo circonda. Elemento essenziale sono i nuovi occhi che l’elettronica sta fornendo all’industria dell’auto a prezzi ogni giorno più interessanti.
Noi ne abbiamo due e una visione stereo: l’auto può avere infiniti occhi e quattro- cinque tipi di visione. Una normale telecamera fornisce un’immagine simile a quella rilevata dall’occhio umano: a questa si aggiungono le altre, del tutto nuove. Per esempio, immaginiamo che la telecamera veda un oggetto a forma di triangolo col vertice rivolto in alto. Come fa a capire se si tratta di una piramide o di un segnale di pericolo? Semplice: con un sensore di distanza ( un occhio a onde corte) misura quanto è lontano l’oggetto, poi il microchip fa i suoi calcoli e rileva quanto è grande. L’occhio umano fa la stessa operazione utilizzando la visione stereo. Come fa poi a decidere che si tratta del segnale di pericolo generico fisso? Esattamente come l’allievo di scuola guida: apre l’archivio dei ricordi e confronta l’immagine ( in dimensioni e colori) con quelle messe in memoria.


Un vigile a sangue caldo
Poi ci sono altri occhi che noi non abbiamo. Come si fa da lontano a distinguere se un vigile è una sagoma di cartone o un vigile in carne e ossa? Basta avere una telecamera a raggi infrarossi che fornisce la visione degli oggetti in funzione della loro temperatura. Così anche un palo di cemento o di ferro diventa diverso da uno in legno. E di notte si scoprono i gatti che stanno per attraversare la strada.
Ormai le telecamere che vedono davanti, dietro, di fianco, sono diventate accessibili a tutte le tasche. La differenza la fa il cervello che c’è dietro. Vale a dire è la grandezza della biblioteca delle immagini ( megabite di memoria) e il tempo che il processore impiega a passare in rassegna le immagini ( velocità di calcolo).
I sensori di distanza si sono arricchiti di tre tipi di strumenti a buon mercato capaci di misurare da 50 cm a 150 metri, a seconda che si tratti di sensori a ultrasuoni o a onde corte. Offrono un solo parametro ( la distanza), ma danno altre due informazioni preziose: innanzitutto segnalano che c’è un ostacolo, poi indicano in che direzione si trova. Può sembrare poco, ma se pensiamo che funzionano anche nel buio e che possiamo metterli dove i nostri occhi non possono arrivare…
Integrando queste “ visioni” con quella della telecamera a infrarossi diventa molto più immediato distinguere i pedoni e seguire i loro movimenti. La velocità di calcolo del chip è in grado di accorgersi molto prima di un normale guidatore se c’è pericolo reale di incidente e preparare, quindi, un’inchiodata stratosferica anche ad alta velocità quando non c’è più tempo per attendere una reazione del conducente. Oppure effettuare un semplice rallentamento quando gli occhi elettronici riconoscono un pedone disattento ( come gli inglesi che guardano dall’altra parte quando scendono in Europa, o come facciamo noi continentali in Albione).
Poi ci sono i radar che offrono altre informazioni supplementari sulla forma degli oggetti e sul loro movimento. Infine, abbiamo particolari onde radio ad alta frequenza che in presenza di un trasponder, cioè di un dispositivo elettronico passivo, ne misurano la distanza, la direzione e le caratteristiche. Per esempio, un trasponder nascosto nello zaino di un bambino vi rimane in eterno senza consumare energia, ma si attiva quando viene colpito dalle onde radio e fornisce i suoi dati. Sul display dell’auto viene visualizzata immediatamente la sagoma del bambino che sta per attraversare la strada, nascosto da una vettura. In futuro, il trasponder potrà anche essere integrato nel telefonino.

Emergenza infarto
Se l’auto vede, capisce, ragiona come un normale guidatore e compie manovre quando è certa di poterle fare, diventa possibile sostituire completamente il pilota in condizioni di estreme necessità, per esempio in caso di infarto. È quanto la BMW sta facendo in collaborazione con centri medici tedeschi. Non è ancora stato deciso quale sarà il protocollo biomedico che rivelerà l’attacco cardiaco o la perdita di coscienza, ma una volta definito tale stato attraverso un sensore ( che potrebbe anche essere la pressione sul volante), si attiva la procedura che abbiamo sperimentato di persona a Monaco: abbandonando sterzo e comandi, la vettura “ esamina” la strada, accende gli hazard, comincia a rallentare, sceglie come spostarsi a destra, legge le corsie, trova una corsia di emergenza o un parcheggio, entra, frena e si ferma. Poi chiama i soccorsi.
Può sembrare, a questo punto, che le Case siano a un passo dall’affidare l’intera guida al computer di bordo. Non è così, il guidatore sarà ancora libero di decidere cosa fare e addirittura di operare il contrario di quanto l’elettronica gli suggerisce. I moderni sistemi di lateral crash avoidance ( prevenzione dell’urto laterale) che spingono il volante a destra o a sinistra quando rilevano un Tir dannatamente vicino al nostro spigolo posteriore destro o quando si accorgono che ci stiamo accostando troppo pericolosamente alla vettura a fianco, sono solo cortesi suggeritori: il volante è sempre nelle nostre mani e possiamo disobbedire. Altrimenti dove va a finire il piacere della guida? Ma più proviamo tali sistemi, più ci convinciamo che potranno salvarci dalle nostre distrazioni. E soprattutto proteggerci dagli errori degli altri.
Enrico De Vita

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