L’altra metà della velocità

metavelocita

di Redazione

27.03.2009 ( Aggiornata il 27.03.2009 11:05 )

Un bello e orribile mostro che manda il suo grido come di turbine. L’auto, simbolo della modernità, è stata pensata come la via verso le magnifiche sorti e progressive o come un Leviatano che opprime. Visioni che il cinema, che con l’auto condivide il principio della sua esistenza, il movimento, ha saputo rendere entrambe le interpretazioni. Dai film “on the road” a Duel, in cui il camion guidato da un’autista mai inquadrato diventa il simbolo del male, la macchina ha travalicato il suo essere veicolo. Con Scorsese diventa personaggio, in “Taxi driver” o “Quei bravi ragazzi”. Ritrova però il suo essere mezzo, il suo fascino bello e dannato nella saga di “Fast and Furious” che spinge alla massima velocità le suggestioni che furono già di James Dean. Auto belle e dannate come le donne protagoniste della serie, di cui è in uscita il quarto episodio, che ritrova i personaggi femminili della prima puntata, Michelle Rodriguez e Jordana Brewster, sorella di Dominic Toretto, il duro con il volto e i muscoli di Vin Diesel. Donne che non sono più solo corredo estetico, spezia di contorno per intrappolare lo sguardo ma intervengono in prima persona mostrando il loro lato più hard-boiled. Donne che entrano di forza, e a velocità massima, in un mondo di uomini, fatto di corse, olio e del profumo dell’asfalto, ci restano e spesso vincono.

LE TANTE FACCE DI PRISCA

Un cognome importante, un’anima ribelle e la velocità nel Dna. “Si dice che le passioni si trasmettano col sangue, e nel mio caso è vero” racconta Prisca Taruffi, nata quando il padre, Piero, vincitore alla Mille Miglia del 1957 con la Ferrari 350 S, aveva smesso di correre. “È stato lui ad insegnarmi a guidare, anche se non voleva che io e mio fratello ci avvicinassimo alle gare” spiega Prisca. Ma non l’ha tenuta lontana per molto. “Per un certo verso, almeno all’inizio, essere donna poteva dare un vantaggio, perché venivamo viste come uno strumento di pubblicità. Io però ho costruito la mia credibilità con i risultati. Ho battuto anche tanti uomini, e alcuni per questo non mi potevano sopportare”. Tra le passioni di Prisca ci sono i viaggi, che abbina all’hobby del golf e alla partecipazione a rally raid. “Dà emozioni che nessun altra gara riesce a dare. Ti senti davvero un tutt’uno con la tua auto” rivela. L’intensità con cui ha vissuto da protagonista il mondo delle corse si traduce nella profondità di analisi con cui lo riesce a commentare come giornalista. “Essere spettatrice è un po’ uno sdoppiamento della personalità. Ma essendo stata pilota spesso riesco ad interpretare situazioni e sensazioni che magari lo spettatore non riesce a cogliere”. Da diversi anni Prisca mette la sua esperienza anche al servizio dei giovani, nei corsi di guida sicura: “È una sensazione bellissima riuscire a trasmettere tutto questo agli altri”. Centrale per lei il rapporto tra i giovani e la guida, soprattutto in relazione alle cosiddette stragi del sabato sera. “Bisogna impegnarsi nel bere responsabilmente, le politiche punitive non bastano”.

IL VOLTO DEI MOTORI


La pensa così anche Maria Leitner, che cura la rubrica Tg2 Motori. “Vorrei avere più spazio per parlare di sicurezza” rivela, “è un tema sociale fondamentale. È importante che tutti riconoscano il valore di certi comportamenti. La sicurezza non si impone, si insegna”. E lei, friulana, conosce bene fascino e rischi della guida. “La macchina mi ha sempre dato un gran senso di libertà” racconta la giornalista, cresciuta tra piloti e meccanici. “Vivevo vicino Piancavallo, lì passava un rally valido per il Campionato Europeo. C'era la Lancia con Cesare Fiorio, la Peugeot con Jean Todt, piloti come Biasion, Vattanen, Allen. Io ero piccola, mi divertivo a vedere queste squadre che provavano, restavo con i meccanici a chiacchierare”. Il passaggio dal guardare al “toccare” è stato naturale. “Siccome conoscevo bene molti i piloti (Biasion, unico italiano due volte campione del mondo di rally, è di Bassano, ndi), qualche volta mi hanno chiesto di partecipare, come copilota: a Monza abbiamo vinto; a San Remo, rally valido per la Coppa del Mondo, siamo arrivati ventesimi assoluti e primi della nostra classe”. Suo padre non voleva che lei corresse, per non sottrarre troppo tempo allo studio. Maria nel 1989 approda a Tmc per raccontare dai box la Formula 1. “È stata l’esperienza professionale più bella della mia vita. All’inizio tutti erano gentili, perché credevano che non sarei durata molto. Ma a me quel lavoro piaceva davvero e volevo farlo bene. C’erano piloti con un carisma straordinario. Senna, per esempio, se non gli garbava la domanda o non era precisa ti riprendeva, ribatteva se non era d'accordo. Ho imparato molto dai piloti, soprattutto l'importanza della disciplina”. Alla fine dell’esperienza in Formula 1 arriva il passaggio in Rai, in una struttura diversa e con compiti diversi. “Ci occupiamo di prodotto, mostriamo pregi e difetti di un’auto senza dare consigli. Per me ogni auto ha un'anima e un equilibrio e bisogna scoprirli. Perché se non si conosce a fondo la propria auto si corrono inutili rischi, ad esempio ci si può lanciare in un sorpasso senza sapere se si ha la potenza necessaria per effettuarlo”.

STELLE E STRISCE

Lustrini e paillettes accompagnano tradizionalmente le corse statunitensi. Non fanno certo eccezione Danica Patrick e Milka Duno, simboli delle donne di successo nel regno della velocità su quattro ruote. La Patrick potrebbe presto passare alla Formula 1: sarebbe la candidata principale per uno dei due posti nella nuova Usf1, scuderia tutta americana diretta da Ken Anderson. La ragazza del Wisconsin, 27 anni il 25 marzo, è la prima donna ad aver vinto una gara dell’IndyCar Series (a Motegi, l’anno scorso). La sua avvenenza l’ha portata spesso sulle copertine dei magazine patinati. Le sue apparizioni su Sports Illustrated, le pubblicità, le partecipazioni a videoclip le avevano attirato qualche critica di chi la paragonava alla bella quanto sportivamente inconcludente Anna Kournikova. Ma i suoi successivi risultati in pista hanno dimostrato che l’estetica e il marketing possono andare di pari passo, e con successo, con l’agonismo. La supposta lentezza dell’avversaria l’ha portata ad affrontare a muso duro, durante una gara, l’altra pilota della serie, la venezuelana Milka Duno, che non ha ancora vinto (anzi, in due anni di Indy non è mai andata oltre l’undicesimo posto) ma è arrivata seconda alla 24 ore di Daytona del 2007, il miglior risultato per una donna nella storia della gara. I suoi inizi sono inusuali. Ex modella, ha scelto la strada universitaria ottenendo una laurea in biologia marina e architettura navale; più tardo il suo amore per le corse, sbocciato a 24 anni. Un amore che ha portato anche al cinema. I fratelli Wachowski l’hanno scelta per interpretare Gearbox, una pilota, in “Speed Racer”.

VELOCITÀ MASSIMA

Presa sul serio, presa per gioco. Il rapporto tra la vicentina Paola Cazzola e il motociclismo è un curioso incrocio di destini, un amore improvviso fatto di pause lunghe e intensi ritorni di fiamma. “Mio fratello era appassionato di motocross, è grazie a lui se sono salita su una moto la prima volta”. Viene notata da una squadra di motocross femminile e accetta di farne parte. “Ho partecipato al campionato dal 1993 al 1999, con risultati sempre migliori, poi sono andata 6-7 mesi in America. Ma lì ho avuto un incidente che mi ha tolto la voglia di gareggiare e mi sono presa 3-4 anni sabbatici. Poi ho fatto qualche gara di motard, ho avuto un incidente nel 2003 e successivamente è iniziata l’avventura nel Campionato Italiano Femminile. Il primo anno ho gareggiato con un team privato, poi con l’ufficiale Ducati”. Vince due campionati italiani (2005 e 2006) e quello europeo nel 2006, passando poi alla 4 cilindri, 1000 cc, con una moto Yamaha. “Ho vinto altri due titoli italiani nel 2007 e 2008, quando sono arrivata seconda all’Europeo, e ho partecipato al Trofeo Yamaha R1. Dall’anno prossimo torno alla 600, che sarà l’unica cilindrata del campionato femminile”. Paola è ambiziosa e testarda al punto giusto. “Se vuoi emergere a certi livelli devi certamente avere grinta. È uno sport dove c’è contatto, devi stare sempre al limite, non è facile. Ci vuole cattiveria, caparbietà e un limite della paura spostato piuttosto in avanti”. Doti che la vicentina possiede in quantità, data anche la sua passione per gli sport estremi. “Mi piacciono tutti gli sport adrenalinici, ora faccio molto snowboard, ma anche il cross, il jet-ski (moto d’acqua), il motard, la mountain bike d’estate, che uso anche per allenarmi”. Resta un sogno nel cassetto: “Un giorno vorrei correre un rally”.

A TUTTA MOTO

Paola è una delle punte più luccicanti dell’iceberg delle motocicliste. Una passione, quella per le due ruote e la velocità che attira 200 mila donne, con un aumento di 20 mila l’anno, e che guadagna spazio e consensi. Dal 1998 è attiva “Motocicliste” (www.motocicliste.it), associazione e motoclub FMI che organizza il campionato italiano ed europeo femminile di motociclismo. Eventi che vedono una nutrita partecipazione di pilote, anche straniere, e sono cresciuti anche grazie all’ingresso di team ufficiali delle case più prestigiose. L’associazione ha anche una community online, cui sono iscritti migliaia di uomini, che fornisce informazioni, curiosità e organizza viaggi e raduni. Quest’estate si svolgerà il nono “Meeting delle Motocicliste”, il più grande evento del genere in Europa, che convoglierà in un unico luogo tutte le appassionate e gli appassionati delle due ruote per un lungo week-end rombante.


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