Tonino Lamborghini

Cos’è per lei la creatività?
Esprimere tutto quello che hai dentro, nel cuore, nel pensiero e sperare che possa avere consenso. Non deve però essere scollegata dalla sensualità dell’oggetto. Mio padre diceva che la Miura era una bella donna: sexy, aggressiva, violenta, potente. Lui ne ha fatto una ragione di vita.

Com’è essere figlio d’arte?
Non è facile, l’importante è non mettersi mai in competizione. Si può dire che io sia “nato in azienda”. A 16 anni chiesi a mio padre di essere interpellato nella produzione di un nuovo trattore. Io presentai un modello inusuale, bianco e azzurro come le barche e con tante innovazioni come il tettuccio parasole o l’autoradio. All’inizio sono stato un po’ sbeffeggiato. Ho chiesto di fare una prova nelle piazze e il gradimento fu altissimo.

Perché la scelta di deviare dalla strada paterna?
Sono sempre stato sensibile al design. Mi sono chiesto, ad esempio perché una caldaia dovesse essere nascosta. Mi sono fatto aiutare da un amico designer, il professor Mario Volpi, e abbiamo realizzato un bruciatore che mezza Europa ci ha copiato.

Com’è il suo rapporto con la tecnologia?
Ottimo, io lavoro tutti i giorni con la tecnologia. Oggi però è difficile essere innovativi.

Cosa ci vuole, allora, oggi, per innovare?
Ci vuole, ancor più di prima, uno staff su cui contare anche se ai giorni nostri le separazioni sono più facili, sia a livello familiare che professionale. Serve coesione, ci vuole serenità. In più devi essere un po’ meccanico, un po’ ingegnere elettronico, un po’ designer, devi essere esperto di industrializzazione. Altrimenti non puoi reggere.

Quali sono le passioni che animano la sua vita?
La prima sono le donne: potrei passare ore a parlare di tutto con loro. L’altra è la creatività. Devo provare, devo sperimentare, fare mille cose diverse: ogni volta che mi lancio in un progetto nuovo mi sembra di rinascere.