Vantaggi e svantaggi reali delle ibride

Vantaggi e svantaggi reali delle ibride

di Redazione

08.06.2010 ( Aggiornata il 08.06.2010 12:00 )

Venne lanciato come optional dalla Fiat negli anni Ottanta, sulla Ritmo e sulla Regata Energy Saving. E fu un flop totale. Oggi, a 24 anni di distanza, è riproposto da tutti i marchi blasonati e addirittura adottato in serie. Stiamo parlando dello Start&Stop, un aggeggio del quale sembra non si possa più fare a meno. Perché cotanto ripensamento, visto che il risparmio di carburante è sempre lo stesso, cioè dal 2 al 3%? Anzi, a dire il vero, oggi il risparmio è inferiore perché, mentre lo spegnimento del motore ai semafori era tassativo sulla Regata, ora – per non creare “conflitti d’interesse” con la tranquillità di guida - viene evitato quando è in funzione il climatizzatore o quando la temperatura è troppo bassa.
Il fatto è che, allora, contava il vero risparmio di benzina per l’utente, cioè tutto l’anno, e il 2% era troppo poco per invogliare all’acquisto di un optional. Oggi, invece, conta molto il valore misurato nel ciclo. Che è un risparmio teorico, o comunque fittizio, perché misurato in condizioni ben lontane dalla realtà, ma ha valore “legale”, è buono per rientrare negli incentivi, nei centri storici e in mille altre agevolazioni. E poiché ormai i tecnici hanno raschiato il fondo del barile, per abbassare ulteriormente i grammi di CO2 (vale a dire per dimostrare di aver ridotto i consumi), si va a cercare qualunque artificio.

Alternatore solo in rilascio

Per esempio, visto che nel ciclo urbano le fasi al minimo durano quanto quelle a velocità costante, ecco che un sistema di Start&Stop può far figurare riduzioni della CO2 superiori al classico 2-3%. Non solo, ma visto che le fasi in decelerata durano quanto quelle di accelerazione, se si riesce a recuperare parte dell’energia durante i rilasci, diventa tutto grasso che cola. In realtà, si tratta di gocce di grasso, ma in tempi di magra tutto va bene. E così vediamo che nei modelli più evoluti (di BMW e di altri marchi), oltre allo Start&Stop, si adotta un alternatore di dimensioni maggiori che rimane folle durante la marcia normale, ma entra energicamente in funzione durante le decelerazioni, risparmiando così al motore termico la fatica di trascinare di continuo il generatore per la ricarica normale della batteria.
Poi c’è uno stadio ulteriore, costituito da un alternatore capace di diventare anche motorino d’avviamento (collegato al motore termico con robuste cinghie di trasmissione). Sono tutti sistemi che fanno risparmiare qualche goccia di benzina, o meglio, qualche grammo di CO2 nel ciclo, e in vista degli ulteriori inasprimenti delle norme Euro 6, Euro 7 e successive… tutto serve, anche perché i valori delle norme Euro sono ormai diventati un raffinato strumento di obsolescenza del parco circolante. Vale a dire il miglior incentivo naturale al rinnovo delle auto usate.

I 12 modelli ibridi venduti in Italia

L’ibrido non sfonda in F.1

Procedendo sulla strada dell’elettrificazione, si parla di ibrido quando un motore elettrico partecipa alla spinta della vettura. La grande potenzialità dell’ibrido sta nel fatto che può recuperare energia di decelerazione o di frenata che altrimenti andrebbe persa. Il limite è che tale energia viene taglieggiata (quasi dimezzata) dalla doppia trasformazione da meccanica a elettrica a chimica e, viceversa, da chimica a elettrica e infine a meccanica. Un secondo limite è che la batteria di trazione costituisce un peso morto e provoca un aggravio dei consumi nella marcia a velocità costante: la sua dimensione ( capacità) andrebbe quindi scelta in funzione del percorso più frequente utilizzato dall’automobilista. In genere, tuttavia, le Case ottimizzano tutto al fine di ottenere i minori valori della CO2 nel ciclo.
E così, anche nel più critico dei casi ( come con un Suv Porsche o BMW), riescono a dimostrare che con l’ibrido i consumi si abbassano del 20- 30%. In realtà, si tratta di un risultato teorico: il relativo fiasco del Kers in F. 1 è la più chiara dimostrazione che il vantaggio dell’ibrido non è assoluto, ma che il sistema andrebbe adattato e dimensionato circuito per circuito. E non è detto che vinca… Diverso sarebbe il caso di una vettura capace di riutilizzare tutta la sua energia cinetica col rendimento del 100%. Non è teoria, ma esattamente quanto accade nelle gare di consumo, ove il pilota deve affrontare tutte le curve del percorso senza mai disperdere energia cinetica sulle guarnizioni di attrito: frase dal sapore difficile che significa semplicemente “ senza mai frenare”.
È quanto è accaduto alla 25 Ore di Magione, una gara nazionale sull’autodromo di Perugia, ove vince chi va più forte, consuma meno e pesa di più, secondo una formula che tiene conto, appunto, di questi tre parametri. Nelle ultime due edizioni erano presenti anche quattro ibride: hanno vinto la categoria a benzina, ma non sono andate oltre il decimo posto nella classifica assoluta, battute da nove diesel, con in testa la 207 Peugeot. E il risultato non fa meraviglia, perché per poter recuperare energia, l’ibrida deve introdurre una decelerazione supplementare, che comporta un rallentamento della velocità e che non darà mai luogo alla completa restituzione dell’energia immagazzinata. Il pilota che riesce a non frenare, può invece sfruttare tutta l’inerzia della vettura con rendimento 100%, senza pagare alcuno scotto. Ovviamente, il circuito, con tre secche curve a gomito e otto ad angolo retto va sapientemente gestito in modo da non dover mai toccare i freni.

Il genio nobilita l’ibrido

Per obbiettività bisogna aggiungere che gli ultimi modelli di berline ibride, vedi nuova Prius e Honda Insight, dimostrano di essere davvero poco assetati e di offrire ai loro proprietari un reale vantaggio nei consumi. Ma tale risultato è dovuto a interventi estranei alla tecnologia ibrida e riguardano invece il motore termico ( vedi il ciclo Atkinson della Prius), l’aerodinamica, l’attrito dei pneumatici, il peso della vettura, i rapporti al cambio, e perfino lo stile di guida suggerito da convincenti icone, come sulla Honda. Sono tutte misure che potrebbero benissimo essere adottate anche nelle vetture normali, ma per ora riservate alle ibride.
Nei prossimi anni vedremo fiorire in questa categoria le più geniali ( o stravaganti?) soluzioni. La BMW, per esempio, ha costruito un prototipo della Serie 1 ove, per ridurre al minimo l’emissione di ( sempre misurata nel ciclo), è ricorsa a un vero e proprio stratagemma. Ha aggiunto al retrotreno un motore elettrico da 82 kW, che si sostituisce al motore termico ( anteriore) in tutte le partenze rapide o quando si deve eseguire il ciclo di misura. Per questo gravoso ( ma breve) compito non viene alimentato da una batteria ma da supercondensatori ( annegati in un contenitore al posto della scatola cambio). La trovata per non emettere anidride carbonica sta in una piccola e lenta fuel cell – da soli 5 kW — che fornisce l’energia elettrica per tener carichi i condensatori. A sua volta la fuel cell è alimentata da piccole bombole di idrogeno, come quelle da sommozzatore.

Al diesel serve poco, però…

Molti si sono chiesti perché l’ibrido non è ancora entrato nel diesel. Oltre ai motivi di costo e al distacco col quale i giapponesi, maestri nelle ibride, trattano il diesel, la vera ragione è che, per passare le norme Euro, non ne ha bisogno, perché il motore a gasolio è già molto basso nelle emissioni di CO2.
 Semmai avrebbe bisogno di ridurre ulteriormente gli ossidi di azoto, visto che il particolato, con i filtri trappola, è stato debellato.
Ciononostante, tutte le marche europee si stanno attrezzando per lanciare nuove berline diesel dotate di opzione ibrida. Mercedes, BMW, Porsche, Audi hanno già in cantiere le loro soluzioni, e presto Citroën, Peugeot, Fiat si aggiungeranno con nuovi modelli.
Esaminando il loro modo di funzionare si scopre facilmente che sono pensati per ottenere soprattutto un risultato: minimizzare i consumi registrati nel ciclo. Il tutto con un sapiente incremento della coppia, del piacere di guida, del calcio nella schiena quando si sommano le potenze. E di un conseguente aumento dei consumi, nella marcia normale.


Mild Hybrid

La BMW Serie 7 ActiveHybrid è un mild hybrid, ovvero un motore a benzina V8 Twinturbo da 330 kW, abbinato a un piccolo motore elettrico di tipo sincrono da 15 kW e a un pacco di batterie litio- ioni da soli 27 kg: la potenza totale diventa quindi di 342 kW ( 465 cv) e la coppia massima di 71,4 kgm. Il motore elettrico è sistemato nella scatola della trasmissione automatica a otto rapporti, davanti al convertitore idraulico di coppia: una frizione può renderlo solidale con l’albero motore o con le ruote a seconda delle necessità. La trovata innovativa e intelligente del sistema consiste nel fatto che il motore elettrico è stato dimensionato soprattutto per agire da freno, generando corrente elettrica, quindi entra in funzione non solo quando si decelera, ma anche quando si schiaccia il pedale del freno. Ovviamente, agisce anche come Start& Stop spegnendo il motore nelle soste al minimo e rimettendolo in moto automaticamente e dà una mano al motore termico durante le accelerazioni.
Tutta la produzione di energia elettrica a bordo è concentrata nelle fasi di rilascio e di frenata ed è affidata a questo motore sincrono che diventa generatore ( non più l’alternatore), quindi ilmotore termico è esonerato dal compito di consumare benzina per mantenere le batterie. La batteria litio-ioni è in grado di far funzionare il compressore del climatizzatore anche quando il motore a benzina è spento.

Full Hybrid

Il progetto della BMW ActiveHybrid X6 risale a quattro anni fa ed è stato sviluppato assieme a Mercedes, con la quale condivide soluzioni comuni, incluso pacco di batterie NiMh, cioè nichel idruri metallici. Si tratta di un full- Hybrid, di una soluzione che consente anche la marcia — a bassa velocità, fino km/ h e per un periodo limitato — esclusivamente in “ elettrico”. Il motore a benzina viene attivato non appena si richiede potenza con l’acceleratore e spento automaticamente in rilascio quando si scende a una velocità inferiore ai 65 km/ h.
Il sistema di propulsione è composto da un motore V8 TwinPowerTurbo da 300 kW ( 407 cv) e da due motori elettrici che producono rispettivamente 67 kW ( 91 cv) e 63 kW ( 86 cv). La potenza massima è di 357 kW ( 485 cv), la coppia massima di 79,4 kgm: la vettura ibrida più potente del mondo.
Qui la novità consiste nel cambio automatico a sette rapporti, realizzato con due gruppi distinti, ciascuno dei quali è collegato a uno dei due motori elettrici, che consentono di realizzare due modalità di esercizio: una per le partenze, con impiego di potenza particolarmente elevato, e per la guida a basse velocità; una seconda, ottimizzata per la guida ad alta velocità ( il secondo motore elettrico interviene solo sulle marce alte).
Nelle fasi di rilascio e di frenata l’energia cinetica viene trasformata in energia elettrica e accumulata nella batteria NiMH ( capace però di immagazzinare solo 2,4 kWh di energia, quindi non in grado di marciare per più di pochi km in “ elettrico”). A seconda della situazione di guida, uno o entrambi gli elettromotori assumono a questo scopo la funzione di generatore e poiché la vettura è a trazione integrale, l’effetto frenante elettrico viene esercitato su tutte le ruote. Data l’elevata potenza dei motori elettrici, il recupero di energia in frenata è 25 volte superiore al valore finora ottenuto da BMW negli altri modelli equipaggiati con recupero dell’energia in frenata.
La tensione dell’impianto è di 312 volt e serve anche ad alimentare il servosterzo elettromeccanico e il condizionatore ( che devono funzionare anche a motore spento).
Il risultato di tali alchimie della BMW è un risparmio del 20% in tutti i valori del ciclo, consumo e inquinamento compresi. Davvero un bel passepartout per rientrare nelle future norme. E anche per entrare nelle città proibite.

Enrico De Vita


  • Link copiato

Commenti

Leggi auto.it su tutti i tuoi dispositivi

Auto, copertina del meseAuto, copertina del meseAuto, copertina del mese