Nuovo codice della strada, c'è ben poco di chiaro

Nuovo codice della strada, c'è ben poco di chiaro

di Redazione

14.07.2010 ( Aggiornata il 14.07.2010 10:58 )

Di Enrico De Vita

Così come gli italiani sono tutti commissari tecnici della Nazionale di calcio, i nostri parlamentari si sentono esperti di sicurezza stradale. E quando si parla di auto e di circolazione non accettano che a legiferare sia chi davvero se ne intende: devono sempre dire la loro.
Peccato, però, che si lascino influenzare da tanta emotività e dalle tante lobby che hanno interessi - da perdere e da guadagnare -con le nuove norme. È stato quasi un balletto, negli ultimi giorni, il susseguirsi di emendamenti inseriti e poi eliminati a furor di popolo. Basta ricordare l’ingenua proposta avanzata in Senato di non sanzionare con la sottrazione di punti-patente gli autisti delle auto blu, perché sarebbe troppo punitivo – dicono nel Palazzo - visto che spesso sono gli stessi onorevoli a chiedere loro di ignorare il Codice. Grave, molto grave: la legge deve essere uguale per tutti, vip compresi.
Andare a 200 all’ora in autostrada è pericoloso? Allora lo è anche per gli autisti degli onorevoli, altrimenti chi possiede la licenza di pilota potrebbe ritenersi esonerato dai limiti. Andare forte è rischioso? Allora gli autisti dovrebbero proteggere i loro preziosi passeggeri riducendo l’andatura.
Ma, evidentemente, per certi politici l’impunità deve diventare un diritto. Ovvia sollevazione popolare contro il provvedimento, tuttavia la stampa ha dimenticato due cose: 1) che esiste un elenco di targhe super-protette (non solo intestate allo Stato) le quali non pagano multe, parcheggiano in doppia fila, sforano i 200 sotto il Tutor facendo marameo, entrano abusivamente in ZTL, non pagano i parcheggi. E se un vigile vuole sanzionarle non riesce, perché il cervellone della Motorizzazione gli risponde “no contest”. 2) che gli autisti di palazzo possiedono già una patente speciale. E quindi la loro patente privata rimane indenne dal prelievo che eventualmente dovesse scattare quando commettono abusi scarrozzando il vip. 

La strada è mia e mi arricchisco io
A suo tempo la Camera aveva introdotto alcune norme salutari per difendere il cittadino dallo stillicidio di multe. Ma ora il Senato le ha modificate, mortificate e avvilite, tanto che temiamo non sopravvivano alle pressioni di associazioni dei Comuni e di varie bande bassotti. Alludiamo al giro di vite che i deputati avevano previsto per limitare il business delle multe e il vizietto di fare cassa.
Per stroncare gli abusi con autovelox e telecamere e per estromettere le ditte private dalla gestione dei verbali, il testo originale sottraeva per intero, o quasi, il gettito delle multe comminate dalle polizie locali su strade provinciali e regionali. Poi il Senato, cedendo alle pressioni dei sindaci, aveva stabilito un fifty-fifty fra Stato e municipalità, imponendo però ai Comuni di destinare il suo 50% al miglioramento delle strade e della sicurezza. Ma un furbissimo emendamento dei senatori Grillo e Stiffoni ha inserito una frase velenosa che, forse, gli altri senatori non hanno compreso appieno: la quota che andrà ai Comuni serve per il “potenziamento delle attività di controllo e accertamento delle violazioni stradali”.
Interpretata con un po’ di esperienza, cari lettori, questa frase significa semplicemente che con i soldi delle multe potranno comprare o noleggiare altri autovelox. Tanti autovelox e nuovi Tutor, visto che il business è così attraente da interessare anche il fratello del presidente del Consiglio. Abbiamo partecipato a trasmissioni radiofoniche su questo argomento. Il relatore del disegno di legge al Senato ci ha assicurato che rimarranno salve due condizioni: la riduzione a 60 giorni, contro i 150 di oggi, del tempo di notifica delle infrazioni e l’obbligo di acquistare o noleggiare le attrezzature elettroniche senza poterle ottenere gratis in cambio di una provvigione sugli utili. Entrambe queste prescrizioni dovrebbero allontanare le ditte private dalla compilazione dei verbali e dalla riscossione delle sanzioni. Sarebbe già un bel risultato visto che, ormai, il tesoro - costituito dagli oltre 16 milioni di multe distribuite annualmente dalle macchinette elettroniche – ha superato il valore di 1,5 miliardi di euro.
Ma il merito della crescita vertiginosa è dell’elettronica, o meglio, delle ditte che hanno piazzato sulle strade centinaia di T-Red e autovelox – come una volta avveniva con i flipper – a costo zero per i bar, pardon, per i Comuni, accontentandosi di una lauta percentuale sugli introiti



Lumache a rischio di incubo
Quanto gioca ancora l’emotività nei testi proposti dai nostri parlamentari è evidente con la storia delle microcar. Tre giovani hanno perso la vita, a Roma, nel maggio scorso, alla guida di un quadriciclo. Ed ecco spuntare nel nuovo Codice la severità di facciata, che spaventa, ma non produce effetti positivi: sanzione da 389 a 1.586 euro al meccanico che ha truccato il mezzo e da 48 a 594 euro a chi circola con un quadriciclo–ciclomotore che viaggia a più di 45 km/h.
Avete mai provato a guidare un’Ape 50, rigorosamente di serie, su una strada trafficata? Noi vorremmo far provare questa traumatica esperienza ai senatori che hanno sottoscritto quella norma: vale a dire viaggiare su una strada tortuosa, con una fila interminabile di camion a cui l’Ape fa da tappo, e provare la paura di finire schiacciati quando finalmente si viene sorpassati.
Lo spostamento d’aria e la paura di finire in un imbuto diventano un incubo. Chi non lo ha provato non può dettar legge in proposito. Il pericolo la velocità diversa (inferiore) traffico pesante. Per un giovane anche 60 o 70 km/h non sono un problema, visto che sugli sci o in bicicletta glieli consentiamo regolarmente. Entrare a 14 anni nel traffico – in bicicletta, col motorino o col quadriciclo – comporta una serie di rischi, di doveri, di diritti, di esperienze che il giovane ancora non conosce. I segnali stradali, il nozionismo, l’abilità di guida sono corollari vuoti senza l’esperienza. Le statistiche dicono che i neopatentati alla guida dell’auto denunciano moltissimi sinistri nei primi due anni (18-20 anni) un po’di più di quanto fanno i sedicenni alla guida di ciclomotori o di quadricicli. La causa prima, quindi, non è la velocità ma la non conoscenza dei rischi.

Il tasso, la tassa e la tosse
La stessa emotività di cui sopra ha guidato i parlamentari nella crociata contro l’alcol, condotta brandendo il taumaturgico etilometro. Nel numero scorso abbiamo dimostrato che basta un colpo di tosse per farlo impazzire…I neopatentati (licenza da meno di tre anni) non potranno guidare se hanno bevuto un bicchiere di vino: il loro tasso deve essere zero, senza decimali. Bene, ma temiamo che, se i controlli alle discoteche non saranno costanti e numerosi, il proclama diventerà un attentato alla credibilità delle leggi. Sarà vietato somministrare alcolici e superalcolici nelle aree di servizio autostradali dalle 23 alle 7 di mattina, con forti sanzioni (fino a 2500 euro) per i gestori, fino alla sospensione della licenza.
La vendita è comunque sempre vietata ai minori di 18 anni. A proposito di autostrade, ha avuto un penoso epilogo il progetto di elevare a 150 km/h il limite di velocità su alcune tratte a tre corsie. Fine ingloriosa di una norma di legge che da molti anni prevedeva la facoltà per le società concessionarie di aumentare il limite, ma che non è stata mai utilizzata. E nessuno si è mai chiesto il perché. Ora la norma era stata infilata nuovamente nel testo e sembrava cosa fatta, perché Lega e ministro Matteoli la sostenevano gagliardamente. Ma, come avevamo previsto, non è passata. In Senato si è discusso di opportunità, di inquinamento, di consumi, di pericolosità, ma il vero motivo della bocciatura è che le società autostradali si sentono padrone assolute delle tratte loro assegnate e non accettano di cambiare le regole, nemmeno la contropartita di un aumento pedaggi.
Così come non vogliono sentir parlare di riduzione delle tariffe quando, per la lentezza dei lavori di manutenzione, bloccano per mesi e mesi lunghi tratti con i cantieri di lavoro, ora temono che un aumento della velocità possa far crescere il numero degli incidenti o le loro conseguenze, invertendo il salutare trend della patente a punti. E così, nel nuovo codice, non ci sarà più il riferimento ai 150 km/ h, trasformato in un banale ordine del giorno per il Governo: le concessionarie autostradali dovranno semplicemente rendere noto perché la norma sui 150 all’ora non sia mai stata applicata.


Norma vergognosa da cancellare
C’è infine una norma indecente che già conosciamo e che da qualche anno viene sospinta da manine interessate e infilata ad ogni occasione fra gli articoli del Codice. Si tratta di una nuova versione del comma 13 bis dell’articolo 7 del Codice, che regola la circolazione dei veicoli nei centri abitati. Il nuovo testo recita: “Chiunque circola con veicoli appartenenti, relativamente alle emissioni inquinanti a categorie inferiori a quelle prescritte, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 155 a euro 624 e, nel caso di reiterazione della violazione nel biennio, alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da 15 a 30 giorni”.
Traduzione: se a Roma o a Canicattì, il sindaco che vuole conquistare benemerenze verdi vieta, in certi giorni o sempre, la circolazione di vetture Euro 0, o Euro 1 o Euro 2 ( o anche di Euro 4 senza Fap come vige a Milano nella cerchia dei Bastioni), il poveraccio beccato per due volte alla guida della sua splendida veterana — che non può permettersi di cambiare – subirà l’onta e la condanna della sospensione della patente. Semplicemente allucinante.
A parte l’errore lessicale delle “ categorie” relative alle emissioni inquinanti ( non esistono), in nessun Paese europeo è stata vietata o ristretta la circolazione di determinati veicoli, in funzione dei limiti di emissione: quando un’auto è stata acquistata, rispettava determinati limiti in vigore. Basta che continui a rispettare quelli. Non è un segno di civiltà o di democrazia vietarle oggi di circolare. A meno che non si dimostri che quel veicolo o quella categoria di veicoli siano un pericolo reale, accertato, per la salute pubblica. Ma finora non c’è riuscito nessun esperto d’inquinamento a dimostrarlo. Tantomeno i sindaci.

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