Auto elettriche: tutto un bluff?

Auto elettriche: tutto un bluff?

di Redazione

30.08.2010 ( Aggiornata il 30.08.2010 17:05 )

"Conduciamo intense ricerche sulle auto elettriche dal 1988, ne abbiamo introdotte centinaia negli Usa dal 1997 al 2000, ma non mi sento di raccomandarle a cuor leggero”.
Chi parla è Tomohiko Kawanabe, dallo scorso aprile presidente di Honda R&D, la società che sviluppa i nuovi prodotti per la Casa giapponese. Che aggiunge: “Abbiamo cessato 10 anni fa di produrre auto a batteria e non abbiamo ripreso fiducia in questi veicoli, il vero problema è che non sappiamo quanto l’utente accetterà gli inconvenienti di un’autonomia limitata e della perdita di tempo per ricaricare le batterie”.
Perché allora Honda ha in programma di tornare a vendere auto elettriche negli Usa? A questa domanda risponde Harald Wester, direttore tecnico di Fiat (oltre che amministratore di Alfa Romeo, Maserati, Abarth e di molto altro), in un’intervista apparsa su Quattroruote: “Per un’esigenza californiana, entro il 2012 ogni costruttore deve presentare qualcosa a emissioni zero. Il che significa semplicemente spostare le emissioni dallo scarico delle auto alle ciminiere delle centrali termiche”. E aggiunge: “Sapete quante elettriche sono state vendute l’anno scorso in tutto il mondo? Duemilacento. E dovrebbero avere un impatto sui nostri programmi? Fa ridere, sono sciocchezze”.
Charles Ghosn, gran capo di Renault e Nissan che ha scommesso parecchio sugli EV (le auto elettriche, ndr) sostiene che nel 2012 ne produrrà 500.000. Ma Menahem Anderman, presidente delle Advanced Automotive Batteries, un’azienda californiana che dovrebbe sapere di cosa parla, afferma che ancora nel 2020, in tutto il mondo, gli EV non saranno più dell’1%. Non c’è alcun dubbio, l’ha rivelato lo stesso Ghosn a Yokohama, in Giappone, durante la presentazione della Leaf, che senza la sponsorizzazione e gli incentivi di alcuni governi e amministratori pubblici l’auto a batteria sarebbe ancora ferma al palo. Il costo delle batterie e la necessità di costruire prima le reti di ricarica sono, infatti, ostacoli insormontabili per il mercato automobilistico. Ma, per una di quelle combinazioni mediatiche che fanno diventare vere anche le leggende metropolitane, l’auto elettrica è stata venduta da ecologisti talebani come prodotto maturo e pronto, ma avversato dalle lobby dei petrolieri; come veicolo con emissione di CO2 pari a zero (come se non consumasse energia) e pulito per eccellenza, ma bisognoso di spinte politiche e aiuti di stato.


Mail ideologica sul web

Circola sul web una mail a favore degli EV, ben congegnata, ma così piena di falsità tecniche da screditarsi da sola. Eppure è talmente propagandistica e ideologica convincere molti (politici compresi) a ritenere vere le affermazioni contenute. Perfino le Case hanno alimentato la confusione, sottoscrivendo che non emettono anidride carbonica non hanno lo scarico, ma le centrali attingono energia ne emettono, e come!).
Ovvio che il politico non conosca la differenza fra CO2 e CO (alimento delle piante, il primo, e gas tossico, il secondo), naturale che sposi la tesi più demagogica, quella che fa più presa sull’opinione pubblica, assolutamente comprensibile che si innamori del concetto di “rinnovabile”. Ma provate a chiedere a un ecologista talebano cosa significa “rinnovabile”. Vi risponderà che è un’energia che arriva gratis e che ogni anno si rinnova. Provate allora a chiedergli come fa a raccogliere pomodori o uva senza arare, seminare, irrigare, coltivare, fertilizzare, potare. O come fa a ricavare energia elettrica dal sole senza prima aver fuso un cristallo di silicio e averlo fatto a fette, spendendo una quantità di energia pari a quella che il pannello fotovoltaico gli restituirà solo dopo 6 anni di esercizio. O se è capace di catturare il vento e di fargli produrre energia elettrica senza investire un mare di soldi in “torri a pale”.
Rinnovabile è una parola che incanta, ma se non si spendono braccia umane, soldi altra energia non esiste, non produce energia: va bene solo per imbonire i popoli. Ma questo Angela Merkel, Obama, Sarkozy non lo sanno. O preferiscono ignorarlo. Le batterie sono troppo care? Ecco gli incentivi per l’acquisto. La ricerca ha bisogno di altri passi in avanti? Ecco i fondi per lo sviluppo. Mancano le stazioni pubbliche di ricarica? Ecco le società nazionali elettriche (pressate dai governi) pronte a istallarle dappertutto, e sindaci di alcune grandi città (Yokohama, Lisbona, Milano, Pisa) che regalano spazio per le colonnine e permessi di parcheggio in cambio di gloria. E di voti. La strada per l’auto elettrica è spianata. E la favola metropolitana diventa realtà.
Così sono partite Renault e Nissan, così è decollato il piano Mercedes per la Smart, così la Mitsubishi (seguita a ruota da Peugeot e da Citroën) ha iniziato a vendere in Giappone la sua Miev.
Così si sono lanciate - a fare qualcosa di elettrico negli Usa - quelle Case che volevano attingere ai 2,7 miliardi di dollari stanziati da Obama per l’auto a inquinamento zero.


C’è chi gioca su due tavoli

Così hanno deciso di giocare sul tavolo verde anche costruttori che avevano sempre mostrato scetticismo per le batterie, come Honda e Fiat. Ma ora il numero dei giocatori si allarga. Sentite cosa diceva pochi mesi fa Martin Winterkorn, presidente del Gruppo Volkswagen: “Molti si azzardano ad affermare che le auto elettriche sono già pronte per la produzione in serie. Di fatto non è così. La via verso la mobilità a emissioni zero è lunga... La corsa verso la produzione dell’auto elettrica non è paragonabile ai 100 metri, quanto piuttosto a una maratona. Il motore elettrico, da solo, non basta. Entro il 2020 prevediamo che l’auto elettrica avrà una quota di mercato, a livello globale, pari all’1,5%. E il restante 98,5%?
Winterkorn aggiunge: “Per avere successo la vettura elettrica deve avere un prezzo abbordabile ed essere adatta all’uso quotidiano, senza compromessi... I prezzi delle batterie sono ancora troppo elevati per pensare a un impiego in serie di questa tecnologia nell’attuale generazione della Golf…Un set di batterie, come quello utilizzato nella E-Up!, costa tra 8.000 e 12.000 euro. Al contempo occorrerà garantire che le batterie raggiungano la durata degli attuali motori benzina e diesel. Finora non è così. Un ulteriore punto debole è costituito dal tempo di ricarica. Oggi, ricaricando una batteria per un minuto, si ottiene un’autonomia pari a un solo chilometro. Se si rifornisce per un minuto una Polo Blue- Motion con gasolio, si possono percorrere senza problemi 1.000 km. Anche i cicli di ricarica rapidi non rappresentano soluzioni davvero definitive in quanto riducono la vita utile delle batterie”.
Dichiarazioni forti, senza mezzi termini, che rivelano molto scetticismo. Ma dopo qualche mese lo stesso presidente afferma che il Gruppo investirà 5 miliardi di euro per lo sviluppo degli EV e prevede di introdurre per il 2013 un nuovo modello elettrico della New Small Family, da produrre in piccola serie, sottolinea. Ripensamento? No, partecipazione al gioco su due tavoli, anche perché in Germania il Governo Federale ha deciso che a partire dal 2020 circolerà un milione di auto elettriche, come enunciato nel “Programma nazionale della mobilità elettrica”.Perché rinunciare?


Trendy, pulita, ma molto costosa

E non è sola, Volkswagen, a dire le cose come stanno e poi a investire denaro per non rimanere indietro, nel caso l’auto a batteria possa camminare da sola. BMW, per esempio, ha deciso di radunare alcuni giornalisti e di fare un discorso molto serio, valutando cosa è pronto per la produzione di serie e cosa manca ancora. Ad esempio, i motori, l’elettronica, la regolazione di potenza, la sicurezza, le prestazioni, in termini di accelerazione e velocità, sono tutti traguardi raggiunti. Manca l’autonomia o meglio è troppo poca l’energia accumulata in 300 chili di batterie. E allora bisogna spenderne meno durante le accelerazioni, che nella marcia urbana possono consumare anche il 30- 40% del serbatoio. Ma senza compromettere le prestazioni. Ecco quindi la soluzione interlocutoria di BMW: una scocca in fibra di carbonio (costruita esattamente come le monoposto di F.1), con due telai in lega leggera per ospitare sospensioni e organi meccanici, in grado di assorbire egregiamente urti e prove di crash, che restituisce 300 chili di peso da destinare alle batterie. Portando così l’autonomia a un livello minimo accettabile, attorno ai 200 km. Beninteso con quattro persone. Così sarà la Megacity, nel 2013, quando uscirà.
La BMW non è nuova all’uso del carbonio, già oggi impiegato sui modelli più prestigiosi, proprio per ridurre di circa il 50% il peso di alcuni componenti come tetto, supporto paraurti e altri. Le tecniche di stampaggio e di preformatura consentono di ricavare automaticamente superfici complesse e di incollare poi vari pezzi con resine epossidiche, fino a comporre strutture complete come una scocca intera. Il problema è ancora il costo. Ma – dicono gli ingegneri di Monaco – il mercato delle auto elettriche sarà ancora per molti anni estremamente limitato, il cliente degli EV non sarà certamente un manager oculato, che fa scelte ponderate dal punto di vista economico, e neppure un verde idealista, moderno ma senza soldi da buttare. Sarà piuttosto un personaggio danaroso, attratto dalle mode, anche da quella dell’ecologia, che ama le auto prestazionali e trendy, poco importa se pagate a caro prezzo. Insomma, attori californiani e calciatori sembrano fatti apposta per sedere al volante della Megacity in fibra di carbonio. O forse, è il contrario.

Il miracolo della leggenda metropolitana

Allora è un bluff o non è un bluff? Noi, che di auto a batteria ne mastichiamo da tanti anni, pensiamo che, se la capacità delle batterie rimarrà al livello attuale (anche prendendo per buoni i valori teorici), dovremo limitare gli EV alla soluzione minima: vetturetta urbana, adatta a due- tre persone o alla consegna di merci, prestazioni limitate, autonomia di 100 km garantiti. E nulla più, ma sempre con qualcuno che paga la batteria.
Se, invece, proprio grazie alla spinta politica e ai soldi investiti qualcuno inventasse accumulatori che superano i 200 wattora per chilo di peso … allora non sarà un bluff. Sarà il “ miracolo” della leggenda metropolitana.

Enrico De Vita


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