L'auto usata al collasso

L'auto usata al collasso

di Redazione

02.10.2010 ( Aggiornata il 02.10.2010 09:48 )

"Se in Italia si vende così poco usato, la colpa è anche di noi rivenditori. Oggi siamo più seri e organizzati che in passato, poniamo più attenzione al consumatore, ma se fossimo stati più corretti se avessimo cancellato meno chilometri non saremmo qui a lamentarci di un mercato ingessato e ridotto ai minimi termini. E soprattutto della poca fiducia che ci siamo conquistati”.
Chi parla così fuori dai denti è Roldano Fraboschi, un veterano del settore, da 35 anni commerciante di vetture usate e concessionario auto. E ha ragione: ogni 100 auto nuove, da noi, si vendono 130 auto usate. In Gran Bretagna, per esempio, se ne vendono 350, in Francia 260, in Germania 200.
Ma questi sono dati del 2008. Se andiamo a guardare i primi sei mesi del 2010, la situazione peggiora ulteriormente: l’usato in Italia scende a 110. E, si badi bene, questo crollo avviene proprio quando non ci sono più gli incentivi, che logicamente spingevano il mercato del “nuovo” a scapito di quello dell’usato. Doveva accadere il contrario. C’è qualcosa di patologico, da noi, nella compravendita di auto usate ed è bene che la classe politica se ne renda conto, anche perché le colpe non sono tutte dei venditori: ce n’è un bel mucchio per i ministri dell’Economia che si sono alternati in passato e per i loro suggeritori, per enti parastatali come l’Aci e per enti parassitari come il Pra, per il Ministero dei Trasporti e per i burocrati accondiscendenti che spesso lo abitano. 


Interessi da usuraio

Cominciamo dalla malattia cronica delle amministrazioni pubbliche: la burocrazia. Da noi, per vendere un usato, bisogna pagare più tasse che in qualunque altro Paese europeo, ma soprattutto bisogna presentare tanti documenti. Che comportano perdita di tempo per ottenerli e difficoltà di sesto grado per compilarli. Per riempire certi moduli occorrono competenze stupide ma specialistiche. Alcune domande somigliano a test d’intelligenza, in realtà appaiono create ad arte per demoralizzare e convincere anche i più scafati a rivolgersi a un’agenzia di pratiche automobilistiche. Le nazioni europee cui cerchiamo di somigliare si sono ben guardate dal creare intermediari di tal genere, che da noi proliferano solo grazie alla compiacenza dell’amministrazione pubblica. Tanto per intenderci, in Italia, per intestarsi una vettura nuova, bisogna avere o riempire ben 24 documenti, molti dei quali sono doppioni o adempimenti inutili. Che servono solo a dare lavoro avvilente a una pletora di impiegati, la cui opera potrebbe essere sostituita da un solo computer.
Negli Usa si entra da un salonista e si esce con l’auto appena comperata, con la certezza di non dover più adempiere alcuna formalità. Da noi, se dimentichi di registrare presso il Pra il tuo acquisto entro 60 giorni dall’autentica della firma del venditore, paghi una sanzione pari al 30% dell’imposta di registro. Come dire che lo Stato pretende un interesse da usuraio per soli 60 giorni di ritardo.


Handicap patologico

Poi ci sono le tasse, i diritti, i balzelli, gli emolumenti, le addizionali.  E in 48 province superano del 30% il valore base. Infine, mancano nella tabella due importanti costi, che invece non si applicano all’estero: — l’imposta di registro indicata corrisponde a quella calcolata per una potenza media. Quando la vendita avviene tra privati, l’IPT (imposta provinciale di trascrizione) si paga sulla potenza effettiva in ragione di 3,51 euro ogni kW. Il che vuol dire che un usato da 150 kW supera abbondantemente i 500 euro; — non sono riportati i costi di agenzia, perché variabili da zona a zona, e che sono obbligatori anche quando ci si rivolge all’Aci (magari ritenendo di aver gestito la pratica direttamente con gli uffici del Pra).
 parte la fortunata Gran Bretagna, ove non si spende una lira per cambiar macchina, salta subito agli occhi l’anomalia tutta italiana della spaventosa fiscalità sulla vendita di usato. Anche l’apparente somiglianza con la Francia sparisce subito non appena mettiamo le cifre reali e inseriamo i costi di agenzia. La morale è che da noi, l’auto di seconda mano è gravata da una pesante imposizione, che ne condiziona e limita i successivi passaggi ad altri proprietari. In altre parole, qualcuno vuole che l’auto rimanga tutta la vita di proprietà della stessa persona e che – grazie agli incentivi – venga rottamata il più presto possibile. La miopia di chi spinge in questa direzione è grande, perchè impedisce di vedere quanto ci allontaniamo dai maggiori Paesi europei e di valutare il danno che si fa all’economia, considerato il ruolo di spinta che il mercato dell’usato esercita su quello del nuovo.





Mussolini, Valletta e la Balilla

La vera origine dell’imposizione fiscale sull’usato risale al 1927, quando Mussolini accoglie una richiesta di Valletta, allora amministratore delegato della Fiat, di annotare su un registro le ipoteche e la riserva di proprietà in caso di vendita a rate: la popolare Balilla, lanciata in quegli anni, ne avrebbe tratto vantaggio. Così nacque il Pubblico Registro Automobilistico, doppione della Motorizzazione, ma ufficialmente l’unico vero registro di proprietà (anche se i suoi errori, in passato, ne hanno minato l’affidabilità). Il guaio è che questo registro, nato per iscrivere un patto di riservato dominio in caso di vendita a rate, sopravvive in un’epoca nella quale le ipoteche non si accendono più (le finanziarie preferiscono altre coperture, come l’intestazione diretta dell’auto). Non solo, ma continua a gravare con i suoi costi e con la sua burocrazia anche per i passaggi di seconda mano, quando di vendita a rate e di ipoteche proprio non se ne parla. Purtroppo, questo registro si è moltiplicato al punto di dare da vivere a 1400 persone, che fino a non molti anni fa compilavano a mano (letteralmente a penna) il documenti ufficiali (e questo spiega gli errori). E spiega anche perché i suoi sostenitori si sono battuti per estendere al secondo passaggio di proprietà tutte le imposte di registrazione. Esattamente come si fa per una casa, per un immobile. Non importa se l’auto perde valore col tempo, mentre la casa si rivaluta: ad ogni passaggio abbiamo dovuto ripagare la tassa di iscrizione al Pubblico Registro.
Ma negli anni Novanta hanno fatto il golpe: visto che in caso di usato non era corretto chiamarla tassa d’Iscrizione ( dal momento che il veicolo risultava già iscritto al Pra), con molta faccia tosta, l’hanno chiamata imposta di Trascrizione.
E già che c’erano qualcuno – molto interessato a spingere il nuovo – ha suggerito: “Perché non gravare maggiormente l’usato, così si vendono più auto nuove, che è meglio per tutti?” Suggerimento subito accolto, con una tassa alquanto maggiore per l’usato.
Poi, in virtù di un malinteso federalismo fiscale, ministri delle Finanze con le tasche vuote hanno concesso alle province di fare la cresta su tali gabelle. E così siamo quasi arrivati ai giorni nostri, che prevedono una nuova pesante discriminazione per trascrivere il nome del proprietario al Pra: il “nuovo” paga solo 151, 87 euro, qualunque sia la sua potenza; l’usato, invece, paga una tassa prosegue porzionale ai kilowatt effettivi. Ed è una vera mannaia sull’usato, perché, ad esempio, una Lamborghini nuova paga il minimo, ma se dopo un mese viene rivenduta da un privato paga oltre 1000 euro di IPT. Per compiere la sciagurata operazione, ai nostri legislatori è bastato che qualcuno suggerisse di differenziare le vendite con fattura da quelle senza.
Fra i vari usati, poi, è stata introdotta un’altra differenza: ovvero, tassa ridotta per le vetture fino a 53 kW e tassa proporzionale alla potenza per le altre, il che significa privilegiare l’usato di piccola cilindrata e mortificare quello di prestigio. Vale a dire: far sopravvivere le utilitarie spremendole fino all’ultimo giorno e distruggere il mercato delle vetture di grossa cilindrata, che sono invece le più robuste, affidabili e longeve. Sarà anche un provvedimento populista e demagogico per chi predilige le utilitarie, ma è proprio un darsi la zappa sui piedi, perché all’estero sopravvive solo l’usato di maggior valore intrinseco. Che è invece quello più sicuro anche dal punto di vista della sicurezza stradale perché comprende vetture grandi, protettive per i passeggeri, dotate di accessori come airbag e decisamente più stabili nella guida.


Boccata d’ossigeno fittizia

Per completare il quadro dobbiamo parlare delle minivolture. Quando le Case si sono accorte che il mercato dell’usato era importante per i loro concessionari - anche perché siamo ormai arrivati in Italia a una percentuale di sostituzione molto vicina a uno (si vende un nuovo e si ritira quasi un usato) - si sono inventati le minivolture, cioè un passaggio di proprietà fittizio fra il vecchio padrone e il concessionario, una salutare boccata di ossigeno per i professionisti del settore. Infatti, la minivoltura consente loro: — di non pagare e di sospendere il bollo di circolazione fino a quando la vettura non è rivenduta al nuovo proprietario; — di versare al Pra una cifra fissa di 8 euro per gli emolumenti relativi alla pratica; — di far poi pagare al secondo proprietario un tassa di Trascrizione ridotta e fissa pari a 150,81 euro indipendentemente dalla potenza della vettura (sulla quale poi le province applicano la loro addizionale).


Mio Dio, come sono caduta in basso

Si deve aggiungere, per completezza, che - quando un privato acquista da un professionista del settore - questi emette una relegolare fattura, sulla quale si applica l’Iva (al 12%). Siamo tutti adulti e vaccinati per immaginare che tale Iva non sarà in aggiunta, ma a scalare su un prezzo adeguato.
Nel caso invece di passaggio fra due privati valgono tutti i costi riportati nella tabella in alto, con la distinzione - davvero singolare – fra vetture con potenza inferiore o superiore al limite di 53 kW. In particolare, la tassa è fissa e vale 150,81 euro, se la potenza della vettura è inferiore a 53 kW, mentre diventa pari al numero dei kW moltiplicato per 3,5119 euro, se è superiore a 53.
Il valore commerciale di ottime auto usate è sceso alquanto negli ultimi anni: oggi si vendono per 2-3000 euro vetture in condizioni quasi perfette, svalutate pesantemente solo a causa della loro età, ma gravate da una tassa di trascrizione al Pra, irragionevolmente elevata in caso di acquisto da un privato (che non emette fattura).
Le Case, il Ministero dei Trasporti, l’Aci, le associazioni dei concessionari, ritengono di aver affrontato e risolto il problema dell’usato con minivolture e aprendo il cosiddetto Sportello dell’automobilista, pensato per semplificare la burocrazia. Qual è stato il risultato di queste iniziative? Sembra che molti non vogliano neppure rendersene conto, ma peggio di così non poteva andare: senza aggiungere altro, guardate nella tabella di pag. 58 com’è via via caduto in basso, fino ai giorni nostri, nel 2010. il mercato dell’usato. Negli anni Ottanta valeva il doppio del “nuovo”, oggi solo il 10% in più. Non dobbiamo dimenticare che gli incentivi hanno contribuito notevolmente al danno: basti rilevare che nel 2009 le vetture più rottamate, per poter godere della “sponsorizzazione pubblica”, non sono state le Euro 0 e neppure le Euro 1 (come troppi suggeritori facevano credere), bensì le Euro 2 (con oltre il 33% del rottamato), cioè auto con meno di 10 anni di vita. Come dire che ora abbiamo il parco auto più giovane d’Europa. Davvero ci potevamo permettere tanto spreco di denaro pubblico (incentivi) e tanto spregio di ricchezza prodotta, cioè auto usate, potenti e grandi, mandate al macero?

Enrico De Vita

 


  • Link copiato

Commenti

Leggi auto.it su tutti i tuoi dispositivi

Auto, copertina del meseAuto, copertina del meseAuto, copertina del mese