Patente a punti, luci e applausi, ma anche ombre

Patente a punti, luci e applausi, ma anche ombre
Equivoci e nefandezze di un provvedimento di sanzione accessoria, varato nel 2003, che ha modificato l’atteggiamento alla guida degli italiani

di Redazione

14.07.2013 ( Aggiornata il 14.07.2013 10:46 )

Molti hanno ricordato il compleanno della patente a punti con i freddi numeri delle statistiche: 85 milioni di punti sottratti in dieci anni e mortalità ridotta del 46%. Nel 2002, prima della patente a punti, si registrarono, infatti, 265.402 incidenti gravi (con lesioni a persone), con 6980 vittime e 378.492 feriti. Nel 2012 gli incidenti sono scesi a 205.000, con 3800 vittime e 292.000 feriti. Grandi applausi alla patente a punti. Ma, se analizziamo attentamente, dobbiamo rivalutare tre fattori: già prima della sua introduzione l’effetto placebo (la paura della patente a punti) aveva comportato un netto miglioramento della condotta di guida; i primi tre anni (dal 2003 al 2005) diedero luogo a una riduzione boom del 30% degli incidenti, che poi si è miseramente ridimensionata negli anni successivi; il trend di incremento della sicurezza stradale è generalizzato in tutta Europa e dipende molto dalle misure tecniche introdotte, come airbag, Abs, Esp, dinamica di guida e dagli strumenti di controllo della velocità, seminati a pioggia sul territorio. Una seconda considerazione statistica riguarda l’età di chi perde punti. Fra i più giovani (18-24 anni) la percentuale di coloro che, negli ultimi cinque anni, ha subito perdite è del 10,27%. Fra 25 e 35 anni di età scende al 6,93%, e diventa il 5,97 fra i 36 e i 50 anni. Per gli over 50 si abbassa ulteriormente al 5,33%. Una terza statistica – e si sapeva — conferma che le donne al volante sono più ligie: in media il 5,7% del sesso (una volta) debole ha perso punti, mentre per gli ometti la percentuale sale al 6,7%. In sella a una moto le donne sono ancor più virtuose: 4,92% contro un discreto 5,44% dei maschi. Infine, vale la pena di dare uno sguardo alle regioni (apparentemente) più virtuose: quelle meridionali hanno tolto meno punti ai loro patentati rispetto a quelle del nord. In testa le Puglie, con 3,82 automobilisti penalizzati ogni 100. Seguono la Calabria con 4,15, la Sicilia con 4,34, il Molise con 4,70, la Campania con 5,07. Poi via via, in ordine di latitudine, tutte le altre, fino all’Emilia Romagna con 8,00, al Veneto con 8,10, al Friuli Venezia Giulia con 8,30, per finire al Trentino Alto Adige con 8,60. Abbiamo l’impressione, però, che gli automobilisti trentini non siano davvero i più indisciplinati, quanto i più controllati. ECCO LE INFRAZIONI PIU' CLICCATE Quali sono le infrazioni più sanzionate? Se prendiamo gli ultimi anni, quelli ove l’occhio elettronico e il computer si sono diffusi a macchia d’olio per far cassa e strage di punti, la risposta è automatica: violazione dei limiti di velocità e passaggio col rosso al semaforo. I verbali per tali infrazioni sono aumentati in modo esponenziale, anche se il comportamento degli automobilisti è oggi molto più attento di una volta: il merito – o meglio, la colpa – è delle ignobili astuzie e trucchi che i Comuni (e da poco, anche le Provincie) hanno messo in atto per tendere trappole e spillare soldi al “viandante”. L’ultima “rete da pesca” è stata gettata in acqua dalla Provincia di Como: su un tratto rettilineo (l’unico nei dintorni) della Lomazzo-Bizzarone, ove fino a non molto tempo fa vigevano gli 80 all’ora, hanno messo un Celeritas (per il quale la Provincia paga un sacco di soldi a una ditta privata), hanno abbassato il limite a 70 e apposto un cartello “Controllo elettronico della velocità”. Ma si guardano bene dal dire che non è un controllo istantaneo, bensì un Tutor che ti segue sino alla fine del rettilineo. In un solo mese sono stati “fatturati” 4380 verbali. COSA NON HA FUNZIONATO? In primis, la tabella dei punti. Ė un miscuglio di severità fuori luogo, di giustizialismo, di semplici responsabilità amministrative, che però vengono sanzionate come se fossero attentati alla sicurezza pubblica. Basti pensare che ti tolgono due punti se non paghi il pedaggio dell’auto strada. Ma cosa c’entra il pedaggio con la sicurezza della circolazione? Nei Paesi scandinavi, che in tema di codice della Strada ci hanno superato da tempo, si distingue fra infrazioni che possono provocare pericolo per l’incolumità degli altri e infrazioni che violano una norma ma non fanno male a nessuno. Le seconde (per esempio, l’ingresso in una zona proibita, parcheggio alla fermata del bus, mancato uso delle cinture) sono addebitate sempre al proprietario. Per le prime, invece, la legge vuole che la sanzione sia personale, ovvero di chi guidava: e finché la polizia non accerta l’identità di chi era alla guida, la sanzione non viene irrogata a nessuno. La differenza col nostro Codice è immensa: da noi i vigili non accertano più l’identità di chi guidava perché il Comune perderebbe la tombola del 126 bis. In altre parole, non è “interessante” fermare l’automobilista e contestare immediatamente l’infrazione. Meglio, farlo andare via e poi chiedergli chi guidava. Così, se non vuole perdere punti sulla sua patente, deve scegliere una di queste alternative: 1) rivelare che al volante c’era una nonna, ancora in possesso di patente, ma ormai su una sedia a rotelle; 2) comprare i dati di chi commercia in punti patente e denunciare un terzo. La prassi è così diffusa che un avvocato di La Spezia allegava la fotocopia della patente di una signora americana, che non era mai stata in Italia, dicendo che le aveva prestato la macchina: ha potuto così farla franca per ben 11 volte, poi è stato arrestato; 3) non fare nulla e pagare 284 euro quando arriverà un secondo verbale (che oggi, con le spese, sfiora i 300 euro). ALTERNATIVE ABERRANTI Quest’ ultima ipotesi è quella più auspicata dai Comuni e dalle Provincie perché – stranezza delle leggi suggerite dagli enti locali — i soldi della sanzione non vanno allo Stato, ma nelle casse periferiche. Mentre i punti della patente andrebbero sottratti in qualche cervellone nascosto negli scantinati di un ministero romano. Morale, sono tre alternative aberranti. Ovvio che i Comuni non facciano granché per rintracciare il vero colpevole. Infatti, la legge — quando un pirata passa a 200 all’ora in mezzo a un gruppo di scolari – consente al vigile presente di limitarsi a prendere la targa e a multare il proprietario. Senza altri provvedimenti, con la coscienza a posto e le casse rimpinguate. In Norvegia, per contrasto, non si mettono l’animo in pace finché non scovano il pirata. E pensare che, quando nel 2005 una mente geniale fece notare che le sanzioni accessorie (così sono catalogati i punti patente) sono da considerare personali e quindi vanno attribuite al vero colpevole, la Corte Costituzionale sentenziò: “È vero, siano addebitate a chi guidava. Ma siano le Forze dell’ordine a scoprire la sua identità”. Tuttavia, all’associazione comuni d’Italia, questa seconda raccomandazione non dev’essere piaciuta molto; al punto che nel testo di legge hanno fatto scrivere che è meglio affidare questo compito al proprietario del veicolo. Anzi, se non lo svolge, sia condannato a pagare una cifra esemplare, da mettere in tasca a chi doveva originariamente assolvere quel compito. Cioè ai Comuni. È altrettanto ovvio che ormai si deve modificare questo stato di fatto. La proposta più semplice è quella di rivedere la tabella, cancellare le sanzioni giustizialiste che non servono a nulla (come quella sul mancato pagamento al casello, inventata nel 2003, quando tutte le autostrade erano già in mano a privati), incentivare la contestazione immediata che ormai è sparita dai compiti delle polizie locali, e soprattutto cancellare l’articolo 126 bis, comma 4, che attribuiva al proprietario del veicolo il compito di indicare chi guidava. D’ora in avanti, questa deve essere una facoltà, non un obbligo, che il titolare può esercitare portando le prove di aver affidato ad altri la sua vettura. Se dimentica, o non comprende che deve comunicare i dati, non succede più nulla. Ha già pagato. Per le persone giuridiche, cioè le società, diventa invece un obbligo – che può venir sanzionato se non assolto – comunicare gli estremi di chi disponeva della vettura al momento della infrazione. PUNTI PATENTE IL COMMERCIO DEI PUNTI Per ultimo, un commento sul meccanismo di recupero punti, che davvero non funziona. Chi può pagare, oltre a scaricare i punti su altre patenti, può comprare punti da corsi di recupero ricchi di…assenze, da autoscuole ricche di attestazioni, da meccanismi misteriosi. Morale, se all’inizio la paura di perdere punti ha compiuto il miracolo di cambiare le cattive abitudini alla guida degli italiani, la situazione attuale di mancanza di controlli, di punti regalati e comprati (si ritiene che negli ultimi 10 anni siano più di 300 milioni i punti regalati o comprati dagli automobilisti nostrani), di certificazioni fasulle e di “casi da 126 bis”, ha rovinato la parte sana e geniale della patente a punti, per sostituirla con un’anagrafe ingolfata, arretrata e falsata dei meriti e demeriti del popolo dei guidatori. Senza buttar via il bambino con l’acqua sporca, il meccanismo, la tabella e la normativa vanno rivisti, così come vanno rivisti i sistemi per ritirare, sospendere e revocare la patente di guida. Compresa la condanna a vita a non poter più guidare quando il soggetto adopera l’auto come un’arma impropria puntata contro la collettività. È troppo facile in Italia continuare a guidare con la patente sospesa o revocata, lo leggiamo tutti i giorni nelle cronache degli incidenti. Perfino in F.1 stanno pensando di introdurre un sistema di punti che se accumulati ad ogni infrazione, provocano punizioni e sospensioni. I suggerimenti che abbiamo formulato sono un primo passo, sappiamo che sta per essere approvata una norma che prevede un esame finale dopo la frequentazione dei corsi di recupero, per verificare l’apprendimento e la frequenza stessa. Basterà? Enrico De Vita

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