17.02.2010 ( Aggiornata il 17.02.2010 16:00 )
Di fuori, persino chi guida una Sport prima maniera fatica a riconoscere le differenze: la mascherina, pur mantenendo la caratteristica traforatura, ha due barre invece di tre, mentre il paraurti ha uno scasso più profondo per ospitare una presa d’aria maggiorata. Diverse, e più sottili, le griglie sui parafanghi anteriori; dietro, le plastiche dei gruppi ottici hanno una diversa grafica. Dentro, per quanto la consolle centrale sia stata ridisegnata e appaia piacevolmente più pulita grazie all’integrazione dell’hi-fi nel monitor touch screen del navigatore, l’ambiente resta quello conosciuto.
Cambiano invece non poco le cose sotto il cofano. Che in alternativa al TdV8 di 3.6 litri, immutato, e al V8 a benzina con compressore meccanico portato da 4.2 a 5 litri, ospita una versione fortemente evoluta del TdV6, ossia il turbodiesel di origine PSA-Ford già montato in precedenza, che resta il più interessante per il nostro mercato. Nel model year 2010 la cilindrata è passata da 2.7 a 3 litri, con un guadagno di ben 55 cavalli anche per via dell’impiego della doppia sovralimentazione (in precedenza singola).
È la stessa unità montata anche sulla Jaguar XF, con potenza però ridotta di 30 cv e alcune modifiche molto tecniche per l’impiego in fuoristrada: coppa dell’olio più profonda e vari elementi (cinghie, alternatore, compressore del climatizzatore, pompa del servosterzo e motorino d’avviamento) a tenuta stagna. Il che conferma la vocazione versatile della Sport, che nonostante sia il più classico dei SUV a scocca portante adotta l’ormai celebre Terrain Response Land Rover: cinque programmi, selezionabili con la rotella sul tunnel centrale, che nascono dalla gestione combinata dei controlli elettronici di cambio, motore, sospensioni pneumatiche e differenziali e sono dedicati ad altrettante situazioni di impiego: asfalto, neve/erba, fango, sabbia, roccia.
La novità in questo caso sta in un nuovo sistema di controllo delle sospensioni, chiamato Adaptive Dynamics, e nell’estensione ai diesel del controllo attivo della dinamica ARC (Active Ride Control) in precedenza riservato alla Supercharged. Al di là delle sigle e dei cocktail di elettronica, spesso difficili da capire e da “rendere” su carta, su strada la differenza si apprezza sotto forma di una grande agilità, ancora migliore di prima. Altrettanto apprezzabili, ma non entusiasmanti in assoluto, i miglioramenti del quadro prestazionale. Più veloce, più brillante e decisamente più elastica di prima, la Range Sport resta comunque in affanno di fronte alle rivali più titolate, gravata com’è da un peso massimo (oltre due tonnellate e mezzo) che la rende non particolarmente attraente anche sul piano dei consumi, più o meno sui livelli della vecchia “due e sette”.
Anche il prezzo non è dei più accessibili: pur considerando i tre anni di garanzia e la ricchezza della dotazione standard (tra cui sono compresi cambio automatico, cruise, pelle, navigatore, Hi-Fi premium) i quasi 64mila euro della versione base SE superano le richieste di BMW e Mercedes. Che però non possono contare su un corredo tecnico altrettanto sofisticato e utile a trarsi d’impaccio in situazioni in cui molti SUV finiscono per trovarsi in crisi. Passata la fase del modello di moda, per la Range Sport si apre un nuovo capitolo: quello che, ancora più di prima, la farà apprezzare per i contenuti e per il suo look che, richiamandosi a quello immortale della prima Range, finisce per acquistare fascino man mano che passano gli anni. Come solo ai fuoriclasse succede.
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Range Rover Sport 3.0 TdV6 DPF SE
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