Skoda Yeti Outdoor 2.0 TDI, prova su strada

Skoda Yeti Outdoor 2.0 TDI, prova su strada
Spaziosa, versatile, gradevole su strada, ben costruita ma cara: dopo il restyling il Suv ceco conferma di avere grandi doti e qualche limite

di Marco Visani

10.07.2014 ( Aggiornata il 10.07.2014 08:00 )

Prestazioni

Centodieci cavalli su quasi 16 quintali non sono davvero gran che. Appena abbiamo ricevuto la nostra Yeti in prova con questo motore, ci aspettavamo un’auto decisamente pigra.

Alla prova della strada, ci siamo ricreduti. Anche se quella degli strumenti ci ha dato ragione. Insomma: grandi numeri, con questo motore, la Yeti certamente non li fa. Ma l’esperienza di guida è estremamente gradevole. Perché a volte non servono tanti ingredienti per fare un gran piatto. L’importante è mescolarli bene.

C’è infatti soprattutto una cosa che ci è piaciuta, in questo motore: ha una coppia molto ben distribuita. Il tiro non è certo pazzesco, ma dove serve, ce n’è sempre: tra i 1500 e i 2500 giri l’erogazione è corposa e gradevole, e non è nemmeno necessario attaccarsi troppo al cambio quand’è ora di salite di ritmo. Tanta elasticità e una curva così piatta lasciano presto dimenticare i suoi limiti: un’erogazione ruvida e un allungo non particolarmente esteso. L’abbinamento al cambio manuale a sei marce appare riuscito: ha una manovrabilità molto piacevole, con quel tanto di contrasto che serve a renderlo più “presente”.

Dovremmo aggiungere che, strapazzandolo, perde di precisione, ma come avrete capito questa non è la macchina con cui scatenarsi. E questo nonostante il suo telaio permetta cose egregie: anche su questa versione rialzata, malgrado il baricentro elevato, ha un’agilità e una precisione negli inserimenti insospettabili anche grazie a una caratteristica chiave in questo senso: la rigidità dell’assetto, che penalizza il confort sulle sconnessioni ma permette di sentire bene la macchina anche in curva, nonostante una certa escursione degli ammortizzatori in estensione lasci comunque spazio a movimenti di rollio non trascurabili. Eppure la taratura delle molle fa sì che la macchina sia ferma, che entri con un appoggio sicuro e riveli elevati limiti di tenuta, con un filo di sottosterzo e un retrotreno che non scappa mai anche se, sulle prime, il trasferimento di carico successivo a un brusco rilascio lascia l’impressione di un certo nervosismo. In realtà, ancora prima che entri l’ESP, il posteriore si riallinea con naturalezza.

Pur non vantando pretese fuoristradistiche (l’altezza da terra non è elevata, le ridotte non ci sono, nemmeno la prima è particolarmente corta) la Yeti Outdoor è una compagna fedele in tutte quelle situazioni in cui l’asfalto finisce e la pianura pure. Insomma: se avete in previsione di fare dei guadi tre volte al dì dopo i pasti, cercate qualcos’altro. Se invece andate a funghi, a caccia o avete una casetta in campagna, potete fare pieno affidamento su di lei.

Lo sterzo ha una valida taratura: leggerissimo in manovra e correttamente demoltiplicato, raggiunge un buon punto di equilibrio tra prontezza e precisione, ed è diretto quanto basta prima di diventare stressante per eccesso di direzionalità. Note positive anche dai freni, con un bel mordente, una giusta modulabilità e spazi d’arresto che, rispetto alla precedente Yeti che provammo nel 2010 (era una 140 cavalli ma aveva le stesse gomme: 225/50-17, per cui almeno sui freni il confronto diretto tiene) sono decisamente migliorati a tutte le velocità e su tutti i fondi, compresi quelli differenziati, il che è particolarmente interessante vista la vocazione occasionalmente off-road della vettura.

Comunque sia, fermarsi da 100 orari in 35,1 metri è un buon risultato a prescindere da qualunque altra considerazione. E visto che ci siamo messi dietro a parlare di numeri, ecco qui quelli meno entusiasmanti: le prestazioni sono oggettivamente modeste. Di punta massima dovrebbe fare i 174, in realtà non va oltre i 168,4 km/h: sufficienti per i limiti della circolazione, ma pochini in assoluto. Quel che perde in velocità lo recupera, si fa per dire, in accelerazione: gli attesi 12”2 per coprire lo 0-100 vengono in realtà limati di quasi due decimi (11”91). Nella media di vetture con potenza e massa non dissimili il dato di ripresa: 15”80 per passare da 80 a 120.

Infine, i consumi. Interessanti per una vettura multiuso come questa che deve fare i conti non solo con un peso non banale, ma anche con un’aerodinamica approssimativa e una sezione frontale notevole: noi abbiamo percorso in media 15,359 km/litro, sfiorando i 12 in autostrada, superando i 14 in città e avvicinandoci ai 18 ai 90 costanti. Parca, in assoluto non lo è. Assetata, neppure.

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