L'editoriale del Direttore: nubi sul futuro dell'auto, ma di chi è la colpa?

Una lettera di Luca de Meo, presidente ACEA, denuncia all'Europa i rischi per il settre automotive causati dalle decisioni passate

di Andrea Brambilla

15.02.2023 ( Aggiornata il 15.02.2023 16:12 )

Non nubi per l’automotive in Europa, ma una tempesta senza scorci di sereno all’orizzonte. Il settore dell’auto, nonostante una ripresa nelle vendite in Italia a gennaio del 19%, sta attraversando nel nostro Continente uno dei periodi più bui in assoluto. Ma la colpa di chi è? Siamo sicuri che sia solo dei legislatori?

La data del 2035 per il passaggio al solo elettrico, il rischio dell’Euro7 e l’invasione delle Case cinesi sono i tre temi che stanno terrorizzando l’industria europea, che negli ultimi 20 anni ha perso il 25%, mentre quella cinese è cresciuta di 25 volte. Un’industria che non ha saputo reagire a tempo debito alle decisioni della Commissione Europea. Un’industria che per rincorrere un mercato in calo ha sposato una sola alternativa, quella dei motori elettrici, senza lottare e proporre seriamente alternative valide. Un’industria, o meglio, un comparto che rischia di perdere in Europa circa 300.000 posti di lavoro.

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De Meo lancia l'allarme

Un’industria che oggi lancia un segnale d’allarme, sicuramente tardivo, con una lettera, finalmente, del neo Presidente di ACEA (l’Associazione Europea dei Costruttori) Luca de Meo ai vertici Ue. «Quello che chiediamo oggi, - scrive de Meo - è un approccio strategico, una visione aperta, tempo e, soprattutto, l’opportunità di collaborare e portare la voce dell’industria automobilistica nel dibattito. Quello che offriamo è la nostra determinazione a raggiungere gli obiettivi che ci vengono assegnati, la trasparenza e un approccio basato su fatti, oltre al lavoro quotidiano di milioni di persone». Ma perché le Case chiedono solo adesso di dialogare con la UE? Forse perché l’industria automotive europea sta ancora pagando il famoso Dieselgate by Volkswagen, che aveva condannato l’auto e i suoi manager fuori dalle porte della politica europea?

L’industria dell’automotive è comunque colpevole di non aver saputo opporsi a determinate scelte perche? aveva ancora la “coscienza sporca” e perché per i movimenti green è più facile attaccare questo settore che guardare ad altri. Lo vediamo anche nelle scelte di alcuni Comuni come Milano, che ha istituito l’area B e dal 2024 imporra? i 30 km/h nelle strade di tutta la città, ma non controlla le auto che circolano al suo interno e soprattutto gli impianti di riscaldamento, che sono la prima causa dell’inquinamento. Il risultato? In quattro mesi di limitazione alla circolazione di determinate auto i livelli di CO2 non sono scesi.

Tornando alla lettera di Luca de Meo, il Presidente di ACEA scrive: «Il mercato dell’auto resterà fragile anche per il 2025 anche in conseguenza delle mosse strategiche dei concorrenti, tra i quali gli Stati Uniti con l’Inflation Reduction Act, e il Piano Made in China 2025».

Elettrico, Europa a due velocità

Ma quindi cosa chiede oggi de Meo, e anche altri Costruttori? In pratica di spostare più avanti il blocco delle vendite delle auto endotermiche del 2035, una politica europea più forte e che difenda l’industria interna, un piano di incentivi organico e potenziare le infrastrutture per l’elettrico. L’Europa resta comunque divisa tra i Paesi del Nord e quelli del Sud. Una divisione di stili di vita e visioni future, ma soprattutto di mercato.

In Norvegia si vendono 170mila macchine all’anno, sommando Danimarca, Svezia e Finlandia non si arriva a 550mila vetture. Germania, UK, Francia, Italia e Spagna fanno circa 8 milioni di vetture vendute nel 2022 su 11 milioni scarsi di tutta Europa. Quindi il Parlamento Europeo dovrebbe avere voti proporzionali e non subire le decisioni di chi non fa il mercato, con situazioni culturali, economiche, strutturali e storiche diverse.

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