Range Rover 3.0 TDV6. Non è un SUV, ma una SPA regale su quattro ruote

Range Rover 2013

di Redazione

11.06.2013 ( Aggiornata il 11.06.2013 10:23 )

Prestazioni

Intanto occorre precisare che sulla Range ci sali, non ci entri: il posto guida è lassù, occorre un minimo di stacco di gamba. Ma per far scendere in tutta comodità la suocera, sappiate che basta premere un tasto per abbassare le sospensioni pneumatiche (oppure alzarle, dipende dal rapporto con la suocera...) a livello marciapiede per agevolare anche le operazioni di carico. Inutile dire che, una volta preso in mano il volante (molto bello e funzionale), la posizione è senza dubbio dominante. Ma non per questo da “camioncino”, come spesso la parola dominante lascia presagire.

Qui vogliamo intendere che si sta seduti in alto, ma con il sedile che può essere abbassato abbastanza per stendere le gambe e avere il volante a portata di mano, in posizione verticale, come fosse quasi una sportiva. Ottimo posto guida, dunque, dotato di tutti i confort: sull’Autobiography sono di serie massaggio, riscaldamento, ventilazione e le più svariate regolazioni elettriche. Il ponte di comando, come da tempo ci ha abituati Jaguar/Land Rover, è un tunnel centrale dal disegno pulito che ospita il pomello del cambio a scomparsa, da ruotare per inserire le varie posizioni. E davanti agli occhi, un pannello digitale con una strumentazione virtuale molto ben leggibile. Il mix fra elementi hi-tech come questo e materiali di rivestimento estremamente pregiati, crea dunque una bella atmosfera, specie di notte quando è possibile giocare con la tonalità e l’intensità delle luci soffuse d’ambiente. in movimento, e questo è uno degli aspetti più straordinari della Range.

A bordo sei totalmente isolato da tutto ciò che accade al di fuori della vettura, vivi in un mondo a parte. In primo luogo perché l’insonorizzazione è davvero eccezionale: 65,7 decibel a 130 orari, tanto per capirci, è roba da Bentley. E buona parte del merito arriva, oltre che da una notevole quantità di fonoassorbente in ogni dove, da doppi cristalli che servono proprio a lasciar fuori dall’auto qualsiasi disturbo. Poi ci sono le sospensioni pneumatiche, l’altro elemento che contribuisce a questa sensazione d’isolamento. Pare di viaggiare sospesi su un cuscino d’aria: vedi in lontananza un dissuasore sopra il quale con qualsiasi altra auto salteresti come un canguro, ti prepari alla botta ma niente, la Range gli passa sopra senza colpo ferire come fosse un ramoscello. In questo la Range Rover è veramente un mondo a sé stante.

A memoria non ci sovviene nessun’altro Suv in grado di offrire un confort talmente sontuoso associato a doti fuoristradistiche così elevate. Semmai, ci sono invece Suv un po’ più dinamici. Vero che una Cayenne o una BMW X6 non si avvicinano lontanamente al confort di una Range Rover. Ma dall’altra è anche vero che quest’ultima è decisamente lontana dall’agilità dei suddetti Suv tedeschi. Un po’ per scelta filosofica (ci sarà la Range Sport, a fare la dinamica di famiglia), un po’ per effettivi limiti tecnici. Come accennato in apertura, pur con tutti gli accorgimenti per ridurre il peso questo esemplare sfoggia una stazza di 25 quintali. E se nemmeno le leggi fisiche non sono un’opinione, con venticinque quintali di Suv, in curva, non ci si può inventare nulla. Ecco allora che la Range invita a una condotta tranquilla, perché la massa si percepisce sia in frenata sia in curva, il rollio è molto evidente e le reazioni in generale non sono rapidissime.

Ad enfatizzare queste sensazioni di paciosità ci si mette pure lo sterzo. Che se da un lato risulta essere una vera manna in città e in manovra, perché leggerissimo e molto demoltiplicato, in velocità continua a restare tale con il risultato che il guidatore si ritrova poche informazioni alla mani per capire cosa stanno facendo le ruote. Anche perché alla fine è proprio solo una questione di sensazioni, dal momento che una volta in appoggio la Range resta salda al suolo senza problema alcuno anche lungo le pieghe più veloci. Sarebbe stata apprezzabile, insomma, una modalità sportiva che rendesse lo sterzo più pesante e comunicativo in velocità e “fermasse” un po’ le sospensioni in curva, sistema quest’ultimo che in realtà c’è — si chiama Dynamic Response — ma è disponibile di serie soltanto sulla 4.4 TDV8 e sulla 5.0 V8 S/C. Un comparto che pare invece del tutto indifferente alla massa è quello che riguarda motore e trasmissione.

Così a occhio 248 cavalli potrebbero sembrar pochini, per un attrezzo del genere. Invece bastano e avanzano per qualsiasi situazione (anche per trainare fino a 3500 kg...) e regalano davvero soddisfazioni inaspettate. Anche perché non bisogna guardare ai 248 cavalli, ma piuttosto ai 61,2 kgm a 2000 giri, che è una signora coppia per un 3 litri, e al cambio automatico a 8 rapporti. Quest’ultimo, grazie appunto a otto marce, garantisce che l’ago del contagiri si trovi sempre a ronzare attorno al regime di coppia massima, per garantire sempre la giusta riserva di spinta.

Sempre restando in tema cambio, non possiamo non ribadire per l’ennesima volta che questo ZF a 8 marce è il miglior prodotto in circolazione: il convertitore di coppia slitta pochissimo, la risposta del motore è sempre diretta e pronta, i passaggi di marcia sono vellutati o, nelle posizioni più dinamiche, rapidi e secchi. Il miglior compagno di viaggio, dunque, per questo 3 litri bi-turbodiesel che appaga per spinta, corposa ai bassi e con un ottimo allungo oltre zona rossa, e per i numeri che riesce a tirar fuori dalla Range: 8”38 sullo 0-100 (il dichiarato però è 7”9), oltre 211 orari di velocità e percorrenze davvero interessanti: dalla media dei nostri cicli di consumo emerge un valore effettivo di 10,919 km/litro (molto meno di una Range Sport 3.8 TDV8) che associati agli 85 litri di serbatoio fanno un’autonomia media di quasi 950 km.

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