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Dacia, Denis Le Vot: “Puntiamo al segmento C in Europa”

Lo diceva Colin Chapman quando costruiva le sue imbattibili Lotus da corsa negli anni pionieristici del motorsport: “Il segreto è aggiungere leggerezza” e Dacia, in un certo senso, ha fatto sua questa filosofia, declinata in maniera diversa.

Passateci l’accostamento, licenza poetica forzata, ma voluta, perché il segreto del successo del marchio rumeno, soprattutto in Italia, sta tutta qua: nel togliere e non nell’aggiungere, nell’essere essenziale.

Dacia, numeri del successo

Meno componenti, meno peso, meno materie prime utilizzate, si traduce in minor manutenzione (tutto quello che non c’è non si rompe…), prestazioni meno onerose alla pompa e prezzi d’attacco che, in un mercato auto in costante contrazione, permettono a Dacia di essere in controtendenza. Infatti, nella realtà italiana che, da gennaio ad aprile, fa segnare il - 26,5%, Dacia cresce del 20,16%: 23.548 pezzi venduti, dei quali 18.232 a clienti privati. Con una politica aziendale che non prevede sconti.

Segreto del successo spiegato, in parte, dalla gamma che presidia il segmento B con Sandero, Duster e Jogger sul fronte endotermico e con Spring su quello elettrico.

Italia, punto di riferimento

Ed è Denis le Vot, l’ingegnere francese di 57 anni a capo della Casa che racconta come il mercato italiano sia cartina tornasole perfetta per capire Dacia: “Da nord a sud, ci sono situazioni differenti. Si fa da Milano, città ricca ed elettrificata, dove ci siamo con Spring e gli allestimenti Extreme per Duster e Jogger, mentre al sud ci sono clienti più tradizionali, orientati sulla Sandero”.

Come nasce una Dacia

Ma, come dicevamo, la forza sta nell’essenzialità. Essere complementari a Renault, permette di attingere da un “armadio” pieno di tecnologia oramai matura e da costi ammortizzati, cosa che permette a Dacia di lavorare prendere in economia solo quello che serve. Tenendo bassi i costi.

Continua le Vot. “La nostra gamma è realizzata tutta sulla piattaforma CMF-B del gruppo Renault. Abbiamo messo 3000 ingegneri a lavoro per 3 anni per capire cosa togliere o cosa tenere, in base a come guidano e a cosa usano più spesso gli automobilisti medi. Questo ci ha permesso di mantenere un’offerta semplificata, di risparmiare su materie prime e costi di produzione e realizzare auto più leggere. La Jogger, per esempio, pesa 280 kg in meno rispetto alla concorrenza”.

Crash test non ti temo

Riduzione alla frugalità che passa anche dalla rinuncia agli ADAS, diventanti necessari per valutazioni positive dei crash test EuroNCAP. Assenza che penalizza Dacia, ma non preoccupa le Vot perché: “Non andiamo a ‘caccia di stelle’. Facciamo tutto quello che dice la legge e per quanto riguarda la sicurezza passiva facciamo meglio di tanti altri nostri competitor. La sicurezza attiva è una scelta, sono i nostri clienti a decidere cosa volere e cosa no”.

Elettrificazione? C'è tempo

Il vero asso nella manica di Dacia, però, resta il poter contare su una gamma appena sfiorata dall’elettrificazione che, senza dubbio, attira chi senza incentivi è tagliato fuori dalla transizione ecologica. Un vantaggio che le normative europee toglieranno, ma Dacia non si farà trovare impreparata perché: “Spero che ci lascino una porta aperta almeno fino al 2040, per ammortizzare i costi della transizione con i sistemi plug-in e ibrido. Noi procederemo con l’elettrificazione a partire dal prossimo anno con la Jogger full hybrid equipaggiata con il sistema E-Tech di Renault. Poi, molto più tardi, arriverà anche il plug-in, attingendo sempre dalla tecnologia della Casa madre del Gruppo”.

Il futuro è nel Segmento C

L’essere essenziali, quella citazione provocatoria di inizio articolo, trova la sua completezza in quello che Dacia è adesso e vuole diventare in futuro. “Low cost” è riduttivo, perché il cambio di identità in corso è sancito dalla clientela non più formata da chi ha poco budget, ma anche da chi, come racconta le Vot: “Ha soldi, ma non è più disposta a spendere tanti soldi per un automobile visti gli aumenti dei prezzi”.

Occasione per fare un passo in più e andare a caccia nel segmento più renumerativo, quello C con il Bigster nel 2025. “Tanti che prima non ci prendevano in considerazione ora ci cercano, per questo dobbiamo puntare anche al Segmento C. Con il Bigster vogliamo dire a tanti potenziali clienti ‘guardateci, ci siamo anche noi!”.

Aggiungere leggerezza, sta pagando.