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Autovelox invisibili: come funzionano, dove si trovano e come evitarli

© Foto Denny Muller, Unsplash

L’automobilista italiano è sempre più nel mirino. Non bastano più le strade dissestate, i limiti di velocità schizofrenici o la segnaletica ambigua: ora ci si mettono anche gli autovelox invisibili, dispositivi di controllo della velocità sempre più difficili da individuare e che stanno facendo strage di portafogli. Ma attenzione: non si tratta solo di strumenti per aumentare la sicurezza stradale, perché troppo spesso sembrano diventati strumenti di puro incasso da parte di Comuni a caccia di risorse.

Con il termine “autovelox invisibili” ci si riferisce a quei dispositivi che non sono segnalati adeguatamente o che sono camuffati in modo da risultare irriconoscibili per il conducente medio. Sono in grado di rilevare infrazioni anche senza la presenza di agenti e operano in modalità automatica e continua, spesso montati su veicoli civetta, bidoni della spazzatura o installati dietro cartelli e pali.

Il problema è che le regole per la loro installazione e segnalazione non sempre vengono rispettate, generando una situazione inaccettabile per chi ogni giorno si sposta in auto. E se la sicurezza è una priorità per tutti, la trasparenza dovrebbe esserlo altrettanto.

Come funzionano e perché sono diventati un problema

I nuovi dispositivi di rilevamento della velocità sono sempre più sofisticati. Si parla di telecamere mobili come il Scout Speed o il Velocar, ma anche di radar installati su veicoli in movimento, capaci di fotografare e multare anche quando non sono fermi. Altri dispositivi, come il famigerato Telelaser Trucam, possono essere usati da agenti anche nascosti tra la vegetazione o dietro curve.

La loro pericolosità non sta tanto nel fatto che rilevino le infrazioni – chi sbaglia deve pagare – ma nella mancanza di trasparenza e nel fatto che spesso: non sono adeguatamente segnalati, come richiesto dalla normativa; vengono piazzati in tratti di strada poco pericolosi, ma ad alta percorrenza, per massimizzare le entrate; e ono usati come strumenti di cassa e non di prevenzione. 

Secondo le ultime indagini di associazioni a tutela degli automobilisti, in molte città italiane oltre il 60% delle multe da autovelox proviene da apparecchi non ben segnalati, soprattutto nei piccoli Comuni. In molti casi si tratta di violazioni lievi, con superamenti di pochi chilometri orari oltre il limite.

Dove si trovano gli autovelox invisibili in Italia

Alcune regioni e province si stanno ormai specializzando in questo tipo di strumenti. Non per caso, ma per convenienza economica. Ecco alcune delle aree più attenzionate:

  • Lombardia: il famigerato “Scout Speed” è stato segnalato più volte nelle province di Milano, Monza e Bergamo. Installato su auto civette, rileva la velocità anche in movimento, senza possibilità di essere individuato in tempo.
  • Lazio: lungo l’Appia e la Cassia, molte segnalazioni di velox semi-nascosti e non preannunciati, spesso installati vicino a cantieri temporanei o svincoli poco visibili.
  • Veneto: in particolare nella zona tra Padova e Venezia, si segnalano dispositivi posizionati dietro cartelli pubblicitari o semafori.
  • Toscana e Umbria: sono state teatro di inchieste giornalistiche e ricorsi legali per l’uso di autovelox camuffati, tra cui i famosi “bidoni” contenenti telecamere.

In molti casi, questi strumenti non rispettano i dettami del Codice della Strada, che impone la presenza di cartelli di avviso ben visibili e la taratura periodica dei dispositivi. Ma se nessuno controlla, chi paga? Gli automobilisti, ovviamente.

Cosa dice la legge: diritti (ignorati) degli automobilisti

Il Codice della Strada italiano prevede alcune regole precise per l’utilizzo degli autovelox:

  1. Devono essere preannunciati da segnaletica visibile e ben posizionata
  2. Devono essere omologati e tarati regolarmente
  3. La presenza della pattuglia è necessaria per alcuni tipi di dispositivi mobili

Ma troppo spesso queste norme vengono ignorate, oppure le forze dell’ordine e i Comuni si appellano a zone grigie del regolamento, giustificando installazioni fisse non segnalate con “situazioni di emergenza” o “test sperimentali”. Una scappatoia che danneggia l’automobilista, spesso costretto a pagare una multa senza possibilità di reale difesa.

Per questo, diverse associazioni come ASAPSCodici e Unione Nazionale Consumatori hanno avviato campagne per chiedere maggiori controlli sulla legalità di questi strumenti e una vera regolamentazione nazionale sull’uso dei dispositivi mobili e camuffati.

Come evitare brutte sorprese: i consigli per difendersi

Se è vero che non si può fare a meno della tecnologia per garantire la sicurezza stradale, è altrettanto vero che l’automobilista non deve diventare una vittima inconsapevole del sistema. Ecco alcuni consigli utili per ridurre il rischio di incappare in multe ingiuste:

  • Usa app affidabili per la rilevazione di autovelox come Waze, TomTom o Coyote (attenzione: in Italia sono tollerate, ma non infallibili)
  • Aggiorna il navigatore del tuo veicolo con mappe recenti che includano anche postazioni fisse
  • Controlla la segnaletica: se ti accorgi che un velox non è stato preannunciato correttamente, annota tutto e prepara un eventuale ricorso
  • Monitora i siti dei Comuni: in teoria, tutti gli autovelox fissi e mobili devono essere comunicati preventivamente dai Comuni, e spesso queste info si trovano online
  • Evita accelerazioni improvvise anche nei tratti che sembrano liberi: è proprio lì che spesso vengono piazzati i dispositivi più insidiosi
  • Consulta siti specializzati come auto.it per restare aggiornato sulle novità normative e i comportamenti a rischio

Una battaglia di civiltà

In un Paese dove il trasporto pubblico è spesso inadeguato e l’auto rimane lo strumento principale per lavorare, portare i figli a scuola o semplicemente vivere, è inaccettabile che l’automobilista venga trattato come un bancomat su quattro ruote. La tecnologia deve servire alla sicurezza, non al profitto.