È stato firmato a Roma un protocollo d’intesa che segna una svolta concreta per la sicurezza stradale urbana. Protagonisti dell’accordo: Anci (l’associazione dei Comuni italiani), Unasca (l’unione delle autoscuole) e l’Associazione Gabriele Borgogni ETS, da anni attiva sul fronte della prevenzione e del supporto psicologico alle vittime della strada.
L’obiettivo è ambizioso ma necessario: promuovere una cultura diffusa della sicurezza stradale, soprattutto nelle città, coinvolgendo scuole, autoscuole, forze dell’ordine e operatori locali. Il tutto con un approccio integrato che affianchi educazione, prevenzione e assistenza post-incidente.
Incidenti urbani: una tragedia quotidiana ignorata da troppi
I numeri parlano chiaro: il 73% degli incidenti avviene su strade urbane. E oltre il 65% dei rilievi viene effettuato dalle Polizie Locali, che si trovano da sole a fronteggiare una vera emergenza sociale.
A ricordarlo è stato Daniele Silvetti, vicepresidente vicario Anci e sindaco di Ancona:
«Le città sono il fronte più esposto della sicurezza stradale. Gestiamo le strade, i controlli, la segnaletica, ma serve un cambio di passo. Con questo protocollo possiamo finalmente fare rete e condividere strumenti, conoscenze, esperienze».
I Comuni, insomma, non chiedono più aiuto, ma collaborazione strutturata. E il protocollo firmato con Unasca e l’Associazione Borgogni è un primo, importantissimo segnale.
Le autoscuole al centro della formazione civica e consapevole
Secondo Alfredo Boenzi, segretario nazionale delle autoscuole Unasca,
«insegnare a guidare non significa solo trasmettere le regole del Codice della Strada. Significa anche formare cittadini consapevoli, attenti agli altri, responsabili verso chi è più fragile».
Una sfida che richiede una trasformazione culturale profonda, soprattutto tra i giovani. E le autoscuole possono fare la differenza, grazie alla loro capillarità e alla fiducia che godono tra i ragazzi e le famiglie.
Con il nuovo protocollo, le autoscuole diventano centri di educazione civica, oltre che tecnica. Un passaggio fondamentale se vogliamo ridurre davvero il numero di incidenti, feriti e morti sulle strade.
Valentina Borgogni: “Mai più soli dopo un incidente”
Porta la voce delle vittime Valentina Borgogni, presidente dell’Associazione dedicata al fratello Gabriele, morto in un incidente. La sua realtà, da anni impegnata nelle scuole, ha voluto rafforzare l’azione educativa coinvolgendo direttamente anche chi lavora ogni giorno sulla strada: autisti, forze dell’ordine, istruttori di guida.
«Questo progetto è il primo in Italia che unisce educazione, prevenzione e supporto psicologico – ha dichiarato –. Vogliamo diffondere la cultura della sicurezza stradale partendo dalla persona, dalle emozioni, dal trauma. Perché dietro ogni sinistro c’è una storia, una famiglia, una comunità colpita».
Uno dei pilastri del protocollo è il progetto “Mai più soli”, che garantisce assistenza psicologica specializzata alle vittime di incidenti gravi o mortali, ma anche agli operatori coinvolti: agenti, soccorritori, istruttori. Un passo avanti enorme nella cura delle conseguenze invisibili della violenza stradale.
Cosa prevede il protocollo: educazione, prevenzione, sostegno
L’intesa firmata a Roma non è solo un atto simbolico, ma un vero programma operativo articolato in tre aree:
- Educazione stradale nelle scuole: progetti didattici per studenti di ogni età, con laboratori, testimonianze, strumenti digitali
- Formazione nelle autoscuole: percorsi specifici per promuovere comportamenti responsabili, attenzione agli utenti vulnerabili, conoscenza delle dinamiche degli incidenti
- Supporto psicologico alle vittime: attraverso il progetto “Mai più soli”, con psicologi professionisti pronti a intervenire in caso di sinistri gravi
Il protocollo prevede inoltre la condivisione di buone pratiche tra Comuni, la creazione di materiali didattici condivisi, e campagne di sensibilizzazione a livello locale e nazionale.
Un esempio virtuoso da estendere a tutta Italia
Questo protocollo rappresenta un modello replicabile in ogni città italiana, un esempio di come enti pubblici, realtà formative e società civile possano lavorare insieme per cambiare davvero le cose.
È ora che la sicurezza stradale non sia più considerata un problema “di chi guida”, ma una questione di salute pubblica e responsabilità collettiva. La firma di questo accordo è un primo passo. Ora servono investimenti, risorse, attenzione politica. E soprattutto serve l’impegno quotidiano di tutti: automobilisti, ciclisti, pedoni, insegnanti, amministratori.