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Furti parziali auto in Italia: boom e regioni a rischio

© Bastian Pudill

Crescono i furti parziali di auto in Italia e, con loro, i costi per proprietari e assicurazioni. Non si tratta più di episodi isolati: l’ultima fotografia del fenomeno parla di un mercato criminale organizzato, capace di intercettare la domanda di ricambi ad alto valore e di muoversi con una rapidità impressionante. A pagare il conto sono soprattutto gli automobilisti di Lombardia, Lazio e Campania, dove gli episodi si concentrano con maggiore frequenza, e chi guida utilitarie o modelli dei brand premium, due poli apparentemente lontani ma accomunati dalla grande richiesta di pezzi. La dinamica è ormai collaudata: pochi secondi di azione, componenti staccate con precisione chirurgica, ricettazione su canali paralleli che guardano anche all’estero.

Il quadro che emerge dai dati più recenti è disturbante ma utile per comprendere la portata del problema. Nel 2024 si contano quasi 14.000 interventi per riparare danni da “cannibalizzazione” (+3,5% sull’anno precedente, fonte: Osservatorio Car Clinic); nel primo semestre 2025, grazie ai sistemi di rilevamento e tracciamento, LoJack ha contribuito al recupero di 1.032 veicoli, per un valore di 33,4 milioni di euro: un indicatore indiretto della pressione criminale sul parco circolante. Intanto, le componenti più ambite — telecamere, gruppi ottici avanzati, paraurti, monitor di bordo, cerchi e catalizzatori — finiscono al centro di un business che si alimenta tra il mercato nazionale e rotte consolidate verso Nord Africa, Emirati Arabi e Sud Africa.

Numeri e trend 2025

Il primo elemento che colpisce riguarda geografia e frequenza. La Lombardia è oggi l’epicentro dei furti parziali, con circa il 40% dei casi; seguono Lazio (27%) e Campania (18%). In Roma e Milano si concentra circa il 28% dei danneggiamenti: contesti urbani ad alta densità di veicoli e grande facilità di “mimetizzazione” favoriscono colpi rapidi e mirati. Nel Tavoliere — lungo l’asse Manfredonia–Cerignola, definito da anni la “triangolo delle Bermuda dei furti d’auto” — il rischio rimane elevato, con centrali di smontaggio diffuse nelle campagne e officine compiacenti che reimmettono i pezzi sul mercato.

L’età media delle vetture colpite parla chiaro: circa un terzo dei casi interessa auto tra 4 e 6 anni, mentre il 28%coinvolge modelli fino a 3 anni. L’obiettivo è un mix di disponibilità (tanti esemplari in circolazione) e valore dei ricambi (alto margine di rivendita). Non a caso, i malintenzionati prendono di mira sia i best seller del Gruppo Stellantis— Fiat Panda, 500, Punto, Lancia Ypsilon, 500X e Jeep Renegade — sia i marchi premium o ad alto contenuto tecnologico — Audi, Range Rover, Volkswagen, Toyota e Lexus (con particolare interesse per i pacchi batteria), oltre a Smart, Alfa Romeo, Ford, Peugeot, Renault e Citroën. A Sud dominano le citycar italiane; al Nord, più ricercate Toyota, Lexus, Range Rover e Volkswagen.

La rapidità d’esecuzione è un tratto distintivo: i ladri più esperti impiegano in media 50–90 secondi per completare un furto parziale. In alcuni casi, il furto totale della vettura precede lo smontaggio: si ricorre a trascinamentoclonazione delle chiavi o intrusione sulla rete CAN bus — una tecnica che ha colpito modelli come Alfa Romeo Stelvio e Giulia, Jeep Renegade e Compass — per poi “cannibalizzare” l’auto in 3–4 ore dentro capannoni dedicati.

La filiera criminale è domanda-driven: i colpi si preparano “a ordinazione”, con furti eseguiti nelle ore meno trafficate, spesso in aree buie o prive di videosorveglianza, e con equipaggi operativi a due o tre persone, ognuna con un ruolo definito (scout, tecnico, autista).

Le componenti più rubate

Il paniere dei ricambi “caldi” cambia in funzione del modello, ma alcuni macro-componenti spiccano per valore e facilità di smontaggio:

  • Telecamere e sensori (ADAS, retrocamere, radars): domanda in crescita per riparazioni extra-rete;
  • Paraurni: con valori che oscillano da 45 a 800 euro, spesso “traino” per prelevare insieme griglie e supporti sensori;
  • Monitor e display infotainment: quotazioni tra 180 e 920 euro, ma l’impatto per l’utente sale con cablaggi e moduli collegati;
  • Gruppi ottici: oggi il gold standard del furto parziale; i fari LED/laser con orientamento automatico possono superare 5.000 euro;
  • Cerchi in lega450–1.500 euro a set, con prelievo fulmineo (crick a basso profilo e bulloneria ad hoc);
  • Catalizzatori: appetibili per platino e palladio, oggetto di furti seriali su modelli ben mappati;
  • Altri target frequenti: motori, portiere complete, cruscotti e centralinepneumatici e parti di carrozzeria.

Il danno per il proprietario non è solo economico diretto (ricambio + manodopera), ma anche indirettofermo tecnicodell’auto, deprezzamento e, in taluni casi, franchigie o esclusioni in polizza se mancano requisiti di protezione minimi.

Prevenzione e tecnologie: come difendersi davvero

La risposta non può essere solo repressiva. La prevenzione multilivello è la via più concreta per ridurre l’esposizione. Ecco le misure con miglior rapporto costi/benefici per un’utenza generalista:

1) Scegliere il giusto “profilo sosta”

Parcheggiare in aree illuminate, con telecamere funzionanti e passaggio pedonale riduce drasticamente l’appeal per i ladri. Attenzione ai parcheggi riparati con pochi punti di uscita: sono ideali per lavorare indisturbati.

2) Rinforzare fisicamente i target

Bulloni antifurto per cerchi e gabbie/copri-catalizzatore in acciaio inibiscono i colpi lampo;

Gabbiette sensori e viti anti-tamper per telecamere/fari complicano lo smontaggio;

Pellicole anti-estrazione per display riducono la convenienza del prelievo.

3) Tecnologie di dissuasione e detection

Allarmi volumetrici/perimetrali ben tarati, con sirena autonoma;

Tracker in radiofrequenza (meno schermabili del GPS) e dispositivi “stealth” con batteria propria;

Dashcam con motion detection e invio alert su smartphone (solo se il veicolo resta in vista).

4) Infotainment e CAN bus: hardening sensato

Aggiornare il software di bordo e disabilitare funzioni keyless nelle ore notturne dove possibile;

Impostare PIN di avviamento o immobilizer aggiuntivi certificati;

Evitare la “scatola degli attrezzi” a bordo (chiavi, bulloneria, connettori OBD lasciati in vista).

5) Assicurazione: polizza come rete di sicurezza

Per chi vive in aree a rischio elevato, integrare la RC con furto/atti vandalici e ricambi originali/nuovi può evitare contestazioni in perizia e sorprese in fattura. Utile anche verificare massimali e scoperti per i componenti “in lista rossa” (fari LED, infotainment, cerchi, catalizzatore).

Nel frattempo, il settore si muove: i costruttori stanno diffondendo HUD più leggibili, architetture elettriche protette, *telemetria e diagnostica “always on”; i fornitori post-market spingono su RF tracking e soluzioni anti-smontaggio a basso impatto estetico. È un circolo virtuoso da sostenere: più standard di protezione e ricambi tracciati significano meno incentivo per la filiera illegale.

La voce dell’industria del recupero

Nel primo semestre 2025LoJack segnala oltre mille veicoli recuperati (1.032), per circa 33,4 milioni di euro: nel 54% dei casi si tratta di SUV (con Toyota RAV4 in evidenza), nel 32% di autovetture (in testa Fiat Panda). Le Regioni con più ritrovamenti coincidono con quelle a maggior densità di reatiLazio, poi Campania, Puglia, Lombardia e Sicilia.

Nelle parole del Presidente Automotive LoJack International, Maurizio Iperti: «Oltre ai 136mila veicoli che ogni anno vengono rubati nel nostro Paese, esiste un fenomeno che quotidianamente colpisce un numero crescente di automobilisti italiani, il cosiddetto furto parziale […]. I ladri sono oggi sempre più tecnologici […] Per questo è ancora più importante tutelarsi con strumenti che prevengano il furto o ne agevolino il recupero». Un richiamo pragmatico che va nella direzione di una sinergia concreta tra utenti, assicurazioni, forze dell’ordine e operatori tecnologici.

Difendere il settore senza sconti al crimine

L’auto resta un patrimonio industriale e culturale del Paese. Difenderne il valore — senza minimizzare i reati né scaricare tutto sulla burocrazia — significa rafforzare la fiducia di chi guida ogni giorno e di chi investe nella filiera. Servono controlli mirati sulle rotte dei ricambi usati, audit efficaci sulle officine in aree sensibili, piattaforme di tracciabilità dei ricambi, incentivi alla riparazione “in trasparenza” e pene certe per chi alimenta il mercato nero.

Allo stesso tempo, occorre informare: molti automobilisti ignorano che un paraurti “smart” o un faro a matricepossano costare migliaia di euro. Una campagna nazionale che spieghi rischi, accortezze concrete e strumenti assicurativi disponibili — magari con il coinvolgimento di club, noleggiatori, flotte e concessionari — sarebbe già una forma di prevenzione attiva. In gioco non c’è solo la sicurezza: c’è la sostenibilità economica della mobilità quotidiana.