Home

News

Anteprime

Prove

Primi Test

Saloni

Auto Dell'anno

Foto

Auto

LISTINO

L’Auto dell’Anno che ha venduto di meno: quando vincere non basta

Il titolo di Auto dell’Anno è uno dei più ambiti nel mondo dell’automotive. Rappresenta un riconoscimento alla qualità tecnica, alla ricerca e al design. Ma nella lunga storia del Car of the Year, non tutte le vincitrici hanno saputo tradurre quel successo in vendite.

Alcune auto hanno convinto i giurati grazie a un approccio innovativo, ma non sono riuscite a incontrare le preferenze del grande pubblico. In certi casi, il mercato non era ancora pronto. In altri, il problema è stato il prezzo o una tecnologia troppo avanzata per i tempi.

La storia del Car of the Year ci insegna che vincere non significa necessariamente vendere. E questo non è sempre un male: spesso, dietro un flop commerciale, si nasconde un progetto coraggioso che ha anticipato il futuro dell’auto.

Le vincitrici “incompresse”: geniali ma sfortunate

Uno dei casi più emblematici è la NSU Ro 80, vincitrice nel 1968. Tecnicamente rivoluzionaria grazie al motore rotativo Wankel, fu una delle prime auto europee a puntare su un concetto di efficienza e fluidità meccanica. Tuttavia, la complessità del propulsore e i costi di manutenzione la condannarono presto all’insuccesso commerciale.

Oggi, la Ro 80 è considerata un’icona di ingegneria e un esempio di come l’innovazione, se non supportata da un contesto industriale maturo, possa restare un sogno incompiuto.

Un destino simile toccò anche alla Simca 1307 (Auto dell’Anno 1976), un’auto apprezzata per comfort e design, ma incapace di imporsi contro la concorrenza tedesca. E la Citroën XM (vincitrice 1990), nonostante il fascino delle linee e la tecnologia idropneumatica, non riuscì a conquistare un pubblico già orientato verso le berline tedesche.

Più di recente, anche modelli come la Toyota Prius (2005) e la Opel Ampera (2012) hanno avuto un impatto limitato in Europa: troppo innovative, troppo costose, troppo in anticipo sui tempi. Eppure, la loro eredità tecnica è oggi evidente in ogni ibrido e plug-in moderno.

L’innovazione che paga (nel lungo periodo)

Molte delle cosiddette “sconfitte del mercato” del Car of the Year hanno in realtà aperto la strada a nuove tecnologie. La Prius, ad esempio, ha cambiato per sempre la percezione dell’ibrido. L’Ampera, con la sua architettura range extender, ha anticipato la logica dei moderni plug-in hybrid.

Anche modelli come la Renault 16 o la Lancia Delta — entrambe vincitrici e all’inizio accolte con scetticismo — dimostrano come alcune scelte coraggiose vengano comprese solo col tempo. La Renault 16, prima vera hatchback di segmento medio, ha definito un nuovo standard di carrozzeria; la Delta, invece, è diventata un mito grazie al successo nei rally, riscattando un avvio commerciale non travolgente.

Il Car of the Year premia la visione, non solo i numeri. E la storia lo conferma: le idee più audaci, anche quando non vendono, lasciano un segno indelebile nell’evoluzione dell’automobile.

Oggi come ieri, il rischio fa parte del progresso

Nell’era dell’elettrificazione, il confine tra successo e flop si fa ancora più sottile. Un’auto può vincere il titolo e restare di nicchia, come accaduto alla Jaguar I-Pace, prima elettrica a trionfare nel 2019. Premi e vendite non sempre coincidono, ma il valore di un progetto resta.

Ogni Auto dell’Anno che ha venduto poco racconta una storia diversa: di visione, coraggio e ricerca. E se il pubblico non sempre ha premiato l’innovazione al primo colpo, la storia dell’automotive dimostra che è proprio da queste “sconfitte apparenti” che nascono le rivoluzioni.