Il mercato automobilistico italiano sta attraversando una trasformazione strutturale che riguarda da vicino milioni di famiglie. Il rallentamento delle vendite di auto nuove, unito a un potere d’acquisto sempre più sotto pressione, sta producendo un effetto evidente: le auto restano in circolazione più a lungo e richiedono interventi di manutenzione sempre più frequenti. Parallelamente, il costo delle riparazioni continua a crescere, incidendo in modo diretto sui bilanci domestici.
Uno studio condotto da ACtronics, specialista europeo nella rigenerazione di componenti elettronici, fotografa con precisione questo scenario: negli ultimi dieci anni la spesa per mantenere un’auto è aumentata del 33%, mentre l’età media del parco circolante ha raggiunto livelli record. Un quadro che spiega perché gli automobilisti stiano rivedendo le proprie priorità, privilegiando la funzionalità rispetto all’estetica e cercando soluzioni più sostenibili dal punto di vista economico e ambientale.
Perché le auto restano in strada sempre più a lungo
Secondo l’Annuario Statistico dell’Automobile Club d’Italia, a inizio 2025 l’età media delle autovetture in circolazione ha toccato i 13 anni, confermando una tendenza ormai consolidata. Nel 2009, come riportato dai dati UNRAE, la media era di 7,9 anni: in poco più di un decennio il parco auto italiano è quindi invecchiato di oltre cinque anni.
Alla base di questo fenomeno c’è il calo del mercato del nuovo, penalizzato da listini in costante crescita e dalla progressiva scomparsa delle versioni più economiche. Le auto moderne offrono livelli superiori di sicurezza, comfort e tecnologia, ma integrano una quantità sempre maggiore di componenti elettronici che, in caso di guasto, rendono gli interventi più complessi e costosi.
Un’auto più anziana significa anche manutenzione più frequente: con l’aumentare dei chilometri percorsi, crescono i guasti e gli interventi necessari, mentre la durata di alcune componenti si riduce. Il risultato è un circolo vizioso che spinge molti automobilisti a rinviare l’acquisto di un’auto nuova, ma li espone a spese di gestione sempre più elevate.
Ricambi e manodopera: mantenere un’auto costa sempre di più
I numeri confermano una tendenza chiara. Negli ultimi dieci anni la spesa media annua per manutenzione e riparazioni è cresciuta del 33%, secondo i dati diffusi da Federcarrozzieri. Nello stesso periodo, il costo di pezzi di ricambio, pneumatici e lubrificanti è aumentato del 21,2%.
La dinamica non si è fermata negli anni più recenti: tra il 2023 e il 2024 la manutenzione ha registrato un ulteriore +3,3%, mentre i ricambi hanno segnato un +2,5%. Un trend che si riflette anche sulla manodopera, una voce sempre più pesante nel conto finale delle riparazioni. In Italia la tariffa oraria media è passata dai 55 euro del 2015 ai 71,08 euro del 2024, con un incremento del 29% in meno di dieci anni.
A livello europeo, i costi di riparazione sono aumentati del 6,4% nel primo trimestre 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In questo contesto, gli automobilisti sono costretti a fare scelte più selettive: le riparazioni urgenti restano una priorità, mentre gli interventi non essenziali vengono spesso rimandati.
Riparare sì, abbellire no: cambiano le priorità degli italiani
Di fronte a un aumento generalizzato dei costi, le abitudini degli automobilisti stanno cambiando. Sempre più spesso si confrontano preventivi, si valutano soluzioni alternative e si rinuncia agli interventi puramente estetici. In questo scenario cresce l’interesse verso i ricambi rigenerati, una soluzione che permette di contenere le spese senza compromettere l’affidabilità del veicolo.
Secondo un’analisi GiPA, il 45% degli automobilisti italiani accetterebbe un ricambio rigenerato in base alla tipologia, mentre 1 su 10 lo preferisce senza condizioni. Il settore delle officine è ancora più avanti: il 66% delle officine indipendenti e il 78% di quelle autorizzate installano già componenti rigenerati.
I dati forniti da ACtronics mostrano come il risparmio possa essere significativo: mediamente tra il 50% e l’80% rispetto al prezzo del nuovo. Alcuni esempi sono emblematici. Un body control module per Skoda Rapid costa circa 149 euronella versione rigenerata contro i 446 euro del componente nuovo. Un selettore del cambio per veicoli del gruppo Volkswagen su piattaforma MQB può costare 149 euro rigenerato, rispetto ai 615 euro richiesti per il nuovo.
Ricambi rigenerati tra risparmio, qualità e sostenibilità
Oltre all’aspetto economico, i ricambi rigenerati rispondono anche a esigenze di sostenibilità ambientale. La rigenerazione consente di ridurre i rifiuti, limitare il consumo di materie prime e prolungare la vita utile di componenti ancora riparabili. Secondo ACtronics, questa pratica permette di risparmiare oltre 100.000 kg di materie prime all’anno.
Un vantaggio non secondario riguarda la disponibilità dei pezzi. Per veicoli più anziani, spesso i ricambi nuovi non sono più prodotti o risultano difficili da reperire. In questi casi, la rigenerazione rappresenta una soluzione concreta per mantenere l’auto in efficienza senza costi proibitivi.
La qualità, spiegano gli operatori del settore, è garantita da processi industriali rigorosi. Dopo lo smontaggio, ogni componente viene ispezionato, le parti difettose sostituite e il prodotto finale testato su banchi prova che simulano le condizioni reali di utilizzo. «Lavoriamo secondo standard riconosciuti come ISO 9001 e ISO 14001, applicando metodologie APQP, EFMEA e PPAP. Ogni fase è tracciata digitalmente, garantendo il controllo completo del processo», sottolinea ACtronics.
Un parco auto che invecchia, quindi, non significa necessariamente rinunciare all’affidabilità. Significa piuttosto ripensare il modo di manutenere e riparare l’auto, puntando su soluzioni che tengano insieme risparmio, qualità e attenzione all’ambiente. Una direzione che, alla luce dei numeri, appare sempre meno come un’alternativa di nicchia e sempre più come una risposta concreta alle difficoltà del mercato.