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Guida autonoma, l'automobilista spodestato alla conquista del tempo

Per intere generazioni di individui il compimento dei 18 anni ha significato una cosa: la libertà. Attraverso la patente, ovvio. Un confine tra adolescenza e maturità, lanciandosi alla conquista dello spazio per aumentare la propria indipendenza emancipandosi.

La diffusione capillare della guida autonoma potrebbe rappresentare una svolta epocale nella civiltà occidentale. Una rivoluzione pari solo alla diffusione dell'automobile come mezzo di massa. Perché oltre a consentire la fruizione di un veicolo a categorie di persone cui attualmente la guida è preclusa, implicherebbe una delega delle funzioni di guidatore a una macchina. L’individuo dovrà riporre la propria fiducia non più nei propri riflessi e nella propria abilità ma in un altro soggetto, inanimato e virtualmente perfetto. Immune dalla distrazione, dai colpi di sonno, che ci consentirà di incollarci allo smartphone senza preoccupazioni, evitandoci multe e soprattutto incidenti. 

Ma soprattutto di accedere a una risorsa sempre più preziosa. Il nostro tempo. Una recente ricerca Citroen, “la mia vita in auto”, calcola che un italiano trascorre mediamente 5 anni e 7 mesi della propria vita in auto. Questo mare di giorni potrebbe diminuire, perché il traffico sarà più ordinato, l’auto maggiormente condivisa e il parcheggio segnalato automaticamente, tuttavia i chilometri da percorrere rimarranno. E quindi l’automobilista spodestato avrà tempo da spendere. Impiegandolo come? Presumibilmente per concentrarsi sui social network, guardare serie in streaming, divertirsi con i videogame e magari leggere un libro.

Quando scoppierà la rivoluzione? Ford ha già annunciato la commercializzazione dei primi modelli a guida autonoma nel 2021, Nissan azzarda addirittura entro il 2020. Ma come ha sottolineato il presidente dell’Alleanza Nissan Renault, Carlos Ghosn, aveva dichiarato alla scorsa edizione del Salone di Ginevra: «La guida autonoma è una realtà e c’è un concreto piano di produzione di serie per il 2020. L’unico problema è capire se i legislatori, i governi saranno pronti». E, si potrebbe aggiungere, quando la tecnologia potrà essere veramente alla portata di tutti.