Toyota iQ 1.0 Multidrive

Toyota iQ 1.0 Multidrive

di Redazione

29.01.2009 ( Aggiornata il 29.01.2009 11:27 )

Prestazioni

Cittadina perfetta? Quasi. C’è un solo appunto che le si può fare in proposito: riguarda la visibilità, non sempre ottimale. Un po’ per via del parabrezza, non molto esteso in verticale. Così, per esempio, succede che i più alti fatichino a scorgere la lanterna del semaforo, dalla linea di arresto. E poi ci sono i montanti posteriori, di notevole spessore, a chiudere un po’ troppo il campo visivo sulla tre quarti. Insomma, qualche problemino c’è, e le generose dimensioni dei retrovisori vi rimediano solo in parte. Intendiamoci, non che far manovra sia complicato, ci mancherebbe, visto che gli sbalzi di fatto non esistono. E poi, dalla sua la iQ ha uno sterzo capace di garantirle un raggio d’azione straordinario: bastano due corsie per fare inversione (e 80 cm meno della Smart, tanto per capirci) e c’è la possibilità di spostarsi con un angolo tale che a volte si finisce per esagerare, nei parcheggi. Che diventano praticamente un gioco: occorre solo prestare un po’ d’attenzione alla larghezza del corpo vettura, davvero inusuale per un’auto di questa taglia. Ma non è solo questione di parcheggio. In città la iQ ci sguazza a meraviglia, grazie alla sua grande agilità ma anche al discreto brio messo in campo dal suo pur minuscolo motore. Nella circostanza si apprezza pure il cambio continuo Multidrive. Perché libera dalla schiavitù della frizione, ovviamente, togliendo una bella dose di stress alla marcia stop and go. Ma va anche riconosciuto che, alle mezze aperture di gas che di norma si utilizzano in città, la risposta della trasmissione è sufficientemente sveglia, oltre che lineare.

L'agilità è garantita. Non soltanto dai 3 metri di lunghezza, ma anche da un diametro di volta da record.

Le cose cambiano un po’ su strada aperta e sui percorsi più guidati, soprattutto quando si affonda il gas e ci si ritrova con l’antipatica sensazione di slittamento tipica delle trasmissioni continue. In queste circostanze il motore si piazza a 4000 giri e la velocità va crescendo di pari passo con l’allungamento del rapporto di trasmissione. Certo, il cambio non manca di una logica un po’ più decisa, cui la denominazione di Sport va comunque un po’ larga. Così come non manca della possibilità di accentuare il freno motore, simulando in sostanza una scalata. Resta il fatto che in accelerazione, in particolare in uscita di curva, la potenza arriva sempre un attimo dopo di quanto si vorrebbe. E di quanto la iQ si meriterebbe, perché dalla sua ha anche un comportamento sostanzialmente sano, oltre che gradevole: le modeste inerzie in gioco, supportate da un assetto certo non esasperato ma sufficientemente solido, le garantiscono un’adeguata prontezza nei cambi di direzione. Si può pure contare su uno sterzo che non esaurisce i suoi pregi nel già citato diametro di volta: pronto, diretto e sufficientemente sensibile, il comando asseconda bene anche la guida brillante senza richiedere un impegno particolare.

Le carreggiate larghe e il passo relativamente lungo assicurano alla iQ una buona stabilità.

Le ridotte dimensioni della vettura non devono mettere in apprensione: la larghezza delle carreggiate assicura un appoggio tranquillizzante, capace di farle assorbire con naturalezza rilasci, correzioni violente e quant’altro senza che si inneschino pendolamenti o altri fenomeni strani. A cancellare eventuali residui di perplessità ci pensa il controllo elettronico della stabilità, deciso nell’intervenire soprattutto se la generosità dell’angolo di sterzo ha un po’... preso la mano. Il corredo tecnico della iQ mette poi a disposizione un impianto frenante dotato di quattro dischi (ventilati pure dietro) ben dimensionato per reggere alla fatica e capace di garantire spazi di arresto nella norma, sia pure in presenza di un comportamento non sempre lineare: le irregolarità del fondo o le variazioni di aderenza a volte incrinano la precisione di linea nelle frenate più violente. Ai pregi della piccola giapponese c’è poi da aggiungere la capacità di reggere con disinvoltura l’impiego autostradale: alla velocità codice il motore si fa sentire con una certa intensità, ma la marcia è tutt’altro che “impiccata” e le variazioni di ritmo vengono coperte con buona disinvoltura. Al di là di qualche rumore parassita (gli agganci delle cinture sbattono sul rivestimento rigido dei montanti) anche il confort si rivela di buon livello, grazie alla capacità di digerire lo sconnesso senza troppi sussulti. La nota meno lieta riguarda invece i consumi, risultati superiori ( e di parecchio) a quelli fatti segnare a suo tempo dalla Aygo (13,3 km/litro contro 16,5 in città, per la cronaca). Certo, la trasmissione continua non aiuta, le condizioni climatiche del test non erano ideali e la vettura in prova molto giovane, poco più di 1.000 km all’attivo. Ma le aspettative erano comunque ben diverse.

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