Bella con l'anima: originale, modaiola e concreta con tanto spazio, una guida di sostanza, ma non consuma poco

Che il naming, insomma, il battesimo di un’automobile, sia una scienza più complicata di quanto possa sulle prime apparire, lo sapevamo. Nel caso della Soul, anima in inglese, la scelta è stata particolarmente facile. E felice. E non per le suggestioni musicali che comunque suggerisce ma perché, in un’epoca di modelli spesso ripetitivi, questa macchina un’anima ce l’ha per davvero.Anzi, ne ha più di una, anche se è difficile elencarle poiché qua dentro c’è un po’ di tutto: un mesh up di generi che la rendono furbescamente inclassificabile: non è una monovolume, non è una monospazio, non è un Suv. Volendo la si potrebbe infilare tra i crossover, ma qui c’è una ricerca estetica che di solito in quel genere di esecuzioni proprio non si riscontra. Anche la prima Soul, vissuta in sordina tra il 2009 e il 2013, era del tutto simile. Però non aveva interpretato altrettanto efficacemente l’idea estetica di base.D’altronde il tema dell’auto a cubo solletica a intemittenza la fantasia dei designer però poi, all’atto pratico, si rivela difficile da eseguire e ancora più complesso da capire, da parte del pubblico. Controprova: quante Daihatsu Materia o Nissan Cube ricordate di avere incrociato per le strade della vostra città? Con un carattere tanto determinato, la Soul 2 è una di quelle macchine che o piacciono incondizionatamente o si rifiutano totalmente. Anche se, a giudicare dai commenti che abbiamo raccolto, la prima situazione ricorre molto più della seconda. Proporzioni nette, linee decise, un forte gusto per gli elementi decorativi fin quasi a rasentare, in alcuni dettagli, il barocco, fanno di questa seconda generazione una delle coreane più convincenti dell’ultimo corso.Stile a parte, che resterà sempre (almeno nella patria dell’eleganza) l’elemento determinante nella scelta di un’automobile, la Soul mette sul piatto l’abituale concretezza coreana. Che è fatta, ad esempio, della ben conosciuta supergaranzia di sette anni e di una qualità costruttiva in netta progressione, con una selezione di materiali corretta per la categoria e di un’esecuzione accurata, che cade (con qualche economia di troppo) solo in quelle zone nelle quali viceversa l’occhio di solito non cade. E poi, in considerazione che tra i due paraurti ci sono appena 4 metri e 14, poco più dell’ingombro di una Punto, lo spazio a bordo è decisamente abbondante, compreso dietro. Certo, qualche cosa sul piatto bisogna pure lasciargliela: il baule non è capacissimo ma soprattutto, in mancanza di una parzializzazione del fondo, è disagevole la movimentazione dei colli.Solida e reattiva alla prova della strada, la Soul attinge tecnicamente a piene mani dalla banca organi del Gruppo Hyundai/Kia, con una gamma semplice semplice: un turbodiesel e un benzina aspirato, entrambi millesei, con potenze quasi uguali (128/132 cv), e una tariffa ben più elevata per la versione a gasolio (2.500 euro in più).Per la nostra prova abbiamo scelto il diesel abbinato all’automatico, un duo efficace più al trotto che al galoppo, capace di una resa chilometrica non eccezionale, con 14,7 km/ litro di media che paga la massa elevata e la scarsa aerodinamica. Sul piano economico la Soul (unico allestimento) si rivela un buon compromesso tra costi e contenuti, perché a fronte di una richiesta comunque competitiva offre di serie contenuti importanti: Bluetooth, cerchi da 18, servosterzo con doppia taratura, retrocamera, vetri scuri. Le personalizzazioni sono poche, integrate in pacchetti e centrate sulla tecnologia piuttosto che sulle personalizzazioni, qui giocate sui temi cromatici, con cinque tettucci decorati ad hoc: quelle cose cui ormai più nessun costruttore rinuncia, ma che invece il pubblico (a parte quello della Mini) snobba che è una bellezza

&nbsp;<h2>E'piccola ma sembra grandissima </h2>I cerchi da 18 di certo aiutano, e il resto lo fa la cintura altissima: da qualunque parte la si osservi, la Soul sembra un macchinone. Invece cresce di una spanna a una Punto: &egrave; lunga 414 cm.

&nbsp;<h2>Bella e ben fatta. Ma quanti tasti in quel volante! </h2>La plancia &egrave; uno dei pezzi di bravura della Soul. Ha un design ricercato e una costruzione di grande qualit&agrave;, risultando tra l&rsquo;altro morbida in tutte le sue parti, compresa la fascia bassa in cui di solito si impiega plastica rigida. Il grande display da 8&rdquo; touch screen ha una splendida grafica ad alta risoluzione ed &egrave; intuivo. Eccessiva la concentrazione di funzioni &ldquo;doppiate&rdquo; sul volante (16 tasti&hellip;).<h2>L&rsquo;aria passa nei cilindri </h2>Le bocchette laterali di aerazione sono due riuscitissimi cilindretti sormontati dai tweeter dell&rsquo;Hi-Fi. Gran bell&rsquo;esempio di design. La strumentazione punta soprattutto sulla leggibilit&agrave; dei due grandi strumenti analogici. Pochi i portaoggetti: oltre agli anelli sul tunnel e a uno spazietto davanti al cambio, c&rsquo;&egrave; solo il cassetto di destra.<h2>Meglio dietro che in fondo</h2>Per essere lunga solo 4 metri e 14 la Soul ha un&rsquo;abitabilit&agrave; straordinaria: davanti ci si accomoda senza problemi e la posizione di guida &egrave; adeguata anche grazie alle ampie escursioni (assiale e in altezza) del volante. Dietro, il pavimento &egrave; quasi perfettamente piatto e il tunnel poco invasivo, ci&ograve; che rende &ndash; se non proprio comodissima &ndash; di sicuro assai dignitosa la sistemazione del passeggero centrale. Il baule non ha una capienza eccezionale (354/1367 litri) ma nemmeno risicatissima. Quel che lo rende poco sfruttabile &egrave; la limitata modulabilit&agrave;: la panchetta non &egrave; scorrevole e non &egrave; previsto un piano mobile che lo parzializzi verticalmente. Ne consegue che, essendo molto profondo &ndash; e il paraurti prominente &ndash; recuperare una valigia pesante pu&ograve; comportare una fatica muscolare superiore al necessario. Con il rischio, per di pi&ugrave;, di imbrattarsi i pantaloni

Il buongiorno&nbsp;si vede dal mattino. E il buongiorno di un&rsquo;automobile &egrave; l&rsquo;impressione che ti d&agrave; quando ti ci accomodi al volante, ancor prima di spingere in pulsante (qui &egrave; sul tunnel, spostato sulla sinistra) dell&rsquo;avviamento. Si guida in posizione rialzata la Soul, con una seduta ampia e le &ldquo;solite&rdquo; regolazioni facili da raggiungere e abbondanti nelle escursioni. Giusto la visibilit&agrave; potrebbe essere migliore: ok che di serie c&rsquo;&egrave; la retrocamera e dunque in manovra non si fatica, ma la cintura alta e il padiglione nero tolgono luce all&rsquo;interno, molto meno arioso che su vetture in un modo o nell&rsquo;altro avvicinabili. Peccato, perch&eacute; l&rsquo;atmosfera &egrave; molto piacevole, con quella plancia dal disegno cos&igrave; pensato.Contatto. Il turbodiesel 1.6 da 128 cavalli &egrave; una vecchia conoscenza: lo avevamo gi&agrave; guidato sulla Cee&rsquo;d e anche sulla precedente Soul. Ha una buona potenza specifica ed &egrave; nella media della categoria per regolarit&agrave; e progressione: non &egrave; n&eacute; il pi&ugrave; omogeneo n&eacute; il pi&ugrave; ruvido, sale di giri con una discreta rapidit&agrave; e potrebbe fare decisamente meglio se il cambio automatico &ndash; un tradizionale sei marce con convertitore di coppia &mdash; montato come optional sulla nostra vettura di prova non gli tarpasse un po&rsquo; le ali. Lento nell&rsquo;azione e disturbato da un certo trascinamento, non &egrave; certo una trasmissione all&rsquo;avanguardia.Eppure, nonostante la mancanza di acuti questi due solisti riescono, messi assieme, a strimpellare qualcosa di egregio. Come dimostrano i dati rilevati dal nostro Centro Prove: 175,3 km/h di velocit&agrave; massima (contro i 177 dichiarati), 11&rdquo;52 per lo scatto 0-100 all&rsquo;ora, 9&rdquo;26 per la ripresa da 80 a 120. Il paragone non &egrave; ovviamente diretto, ma giusto per dare un&rsquo;idea: la Cee&rsquo;d Wagon con lo stesso assortimento motore/cambio (e 30 kg in pi&ugrave; alla bilancia) che provammo su Auto 2/2013 aveva fatto praticamente identico in accelerazione (11&rdquo;53) e non tanto meglio nel rilancio (8&rdquo;65). Improponibile invece, stante la sezione frontale molto importante, una comparazione in termini di velocit&agrave;: la station era arrivata a 183,9 km/h.Altro versante su cui la Soul paga l&rsquo;aerodinamica &ldquo;a scatola&rdquo; (e anche i circa 80 kg in pi&ugrave; da tirarsi dietro rispetto alla generazione precedente) sono i consumi: con 14,7 km/litro di media non &egrave; la scelta pi&ugrave; indicata per chi vuole limitare le uscite di carburante. Giocoforza, la scarsa propensione a entrare nell&rsquo;aria con poco sforzo si nota particolarmente in velocit&agrave;: 11,3 km/litro ai 130 costanti sono proprio pochini per un millesei diesel. Se ci mettete che il serbatoio &egrave; da 54 litri, significa che in autostrada si fanno appena 611 km con un pieno il che, quantomeno, comporta la necessit&agrave; di frequenti soste alla pompa.Finiamo la disamina dei numeri sottolineando una certa rombosit&agrave; del motore, ancorch&eacute; in misura meno evidente che sulla gi&agrave; citata Cee&rsquo;d: qui ci sono 68,7 dB in accelerazione piena contro i 70,5 della wagon e 67,9 dB invece che 71,7 rilevati a velocit&agrave; da codice ai posti anteriori. Se il rivestimento dei passaruota fa bene il proprio lavoro limitando in modo consistente il rotolamento dei pneumatici, i fruscii aerodinamici sono viceversa una costante gi&agrave; dopo i 100 all&rsquo;ora. Decorosa ma non fortissima in matematica, la Soul ha una pagella decisamente pi&ugrave; brillante nelle materie pi&ugrave; &ldquo;fisiche&rdquo;. Equilibrata, efficace e sicura, ha un ottimo appoggio laterale, un retrotreno decisamente solido, un sottosterzo fisiologico e un&rsquo;elettronica che interviene con progressione a limitare gli effetti dei trasferimenti di carico: senza in&nbsp;nessun caso essere sportiva, riesce a esprimere una guida fluida e dinamica, nella quale le gomme extra large (delle 235/45-18) compensano in qualche modo i limiti dovuti al baricentro alto. Lo sterzo &egrave; sempre pronto, adeguatamente preciso e con una consistenza direttamente connessa alle modalit&agrave; (Comfort e Sport) selezionabili con un tasto al volante. L&rsquo;assetto non &egrave; duro ma nemmeno cedevole, in pi&ugrave; la spalla dei pneumatici &egrave; bassa: il rollio si sente poco, il beccheggio ancora meno. Se per&ograve; infilate una serie di bumper qualche irrigidimento lo si avverte. Con ruote cos&igrave; larghe anche la frenata ci guadagna. E sulla Soul, con appena 33,5 metri per fermarsi da 100 all&rsquo;ora, si pu&ograve; realmente viaggiare in tutta sicurezza.

Nonostante&nbsp;le sostanziali somiglianze stilistiche con la generazione precedente, sottopelle la Soul &egrave; tutta un&rsquo;altra macchina. Eredita infatti il pianale dell&rsquo;ultima Cee&rsquo;d, con passo tuttavia accorciato da 265 a 257 centimetri, che sono comunque 2 in pi&ugrave; rispetto alla vecchia. In confronto alla quale ha anche una rigidit&agrave; torsionale aumentata del 29%. Di fatto, le scelte tecnologiche sono molto tradizionali e ricalcano le strade pi&ugrave; praticate da oramai tutti i costruttori per i modelli dei segmenti medi: avantreno McPherson, ponte torcente dietro.Il 1.6 turbodiesel (comune, oltre che alla Cee&rsquo;d, alla Soul precedente, anche se qui &egrave; stato ottimizzato per limitare i consumi ed emissioni, pari a 132 g/m di CO2) &egrave; un 16 valvole con la piccola particolarit&agrave; tecnica della distribuzione comandata da una catena, invece che da una cinghia dentata, il che &ndash; semplificando al massimo &ndash; si traduce in un pizzico di rumorosit&agrave; in pi&ugrave; compensato dall&rsquo;assoluta assenza di manutenzione specifica (non bisogna &ldquo;fare la cinghia&rdquo; ai fatidici 100mila km visto che non c&rsquo;&egrave;). Tra le altre particolarit&agrave; tecniche, nuovamente derivate dal resto della gamma, il servosterzo a comando elettrico Flex Steer con due gradi di assistenza.

Kia Soul 1.6 CRDI, prova su strada

Design

E'piccola ma sembra grandissima

Commenti