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Stellantis restituisce in anticipo il prestito di 6,3 miliardi ricevuto da FCA

© LAPRESSE

Come avevano anticipato le indiscrezioni riportate da Bloomberg, è arrivato l’annuncio ufficiale. Il Gruppo Stellantis ha chiuso la linea di credito aperta da FCA nel giugno del 2020.

La storia del prestito

In piena crisi pandemica, l’azienda aveva stipulato un maxi-prestito di 6,3 miliardi di euro con Intesa San Paolo, garantito all’80% da SACE e in seguito approvato dalla Corte dei Conti e dal Ministero delle Finanze.

Denaro erogato perché rientrava nel piano del Decreto Liquidità, che sbloccava fondi a condizioni vantaggiose per le grandi imprese, che FCA avrebbe usato per sostenere la filiera automotive italiana, duramente colpita dalla pandemia, e continuare a investire nei progetti dedicati alla transizione ecologica.

Cosa dice il comunicato

Recita il comunicato: “Oggi Stellantis N.V. ha annunciato che la controllata FCA Italy S.p.A. e altre societa? italiane del Gruppo hanno rimborsato la linea di credito da 6,3 miliardi aperta con Intesa Sanpaolo.

La linea di credito, stipulata a giugno 2020, e? stata strutturata per supportare la ripartenza e la trasformazione del settore automobilistico italiano dopo l'epidemia di COVID-19 fornendo liquidita? alle attivita? della Societa? in Italia e ai suoi fornitori italiani. La linea e? stata determinante per il riavvio della produzione industriale e ha fornito continuita? a progetti di investimento chiave per fornire un futuro sostenibile al settore automobilistico in Italia. Stellantis e? ora in grado di rimborsare la linea in anticipo rispetto alla data di scadenza originaria di marzo 2023 continuando i suoi progetti di investimento.

La linea ha beneficiato della garanzia per l’80% di SACE, l’agenzia italiana per il credito all’export, nell’ambito del Decreto Liquidita? emanato dal Governo e sotto la supervisione del Ministero dell’Economia e Finanze – MEF e del Ministero dello Sviluppo Economico – MISE”.

Perché tutto questo anticipo?

Ma cosa c’è da aspettarsi da questa mossa? Gli interrogativi sono pesantissimi e hanno ricaduta sull’occupazione italiana perché la linea di credito era stata aperta a patto di salvare i posti di lavoro non chiudendo le fabbriche.

Inutile girarci troppo attorno, il passaggio all’elettrico avrà un costo umano dettato dalla riorganizzazione di tutta la linea di produzione: in breve, ci sono tanti posti di lavoro a rischio.

In questo contesto, le parole di Tavares che hanno posto l’accento sull’alto costo del lavoro in Italia e sulle incertezze che ancora ci sono sulla gigafactory di Termoli pongono dubbi inquietanti sul futuro delle fabbriche italiane.

Tavares vuole “mani libere”?

Nel prossimo piano industriale, atteso a marzo, ne sapremo di più.