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L'opinione di guido Meda: "L'italiano al volante ha imparato a rallentare"

L’uomo che rallenta. Se sia un’evoluzione o un’involuzione del guidatore italiano non lo so, ma è un fatto. Andiamo più piano. Anch’io come tutti, vado più piano e sto bene così. Più piano. È finita l’era di quei viaggi autostradali Gran Premio per cui noi italiani eravamo famosi e di cui andavamo anche molto fieri; sempre pronti, sulla nostra corsia rigorosamente di sinistra, a prendercela e di brutto con le macchine targate straniere che viaggiavano e sorpassavano banalmente a velocità codice trasformandoci tutti in milanesi imbruttiti, non milanesi compresi.

Oggi è più facile vedere auto con targa straniera che sverniciano tutti quegli italiani decisamente più bravi e rispettosi di un tempo. Quasi tutti. Qualcuno dei nostri a palla di fucile c’è ancora. Qualche animale raro che ti si fa sotto sfananalando c’è ancora. Qualche predatore che salta come un ghepardo passando a destra o a sinistra, non importa pur di passare, c’è ancora. Ma sono minoranze, in via d’estinzione. Non sento nemmeno la nostalgia per i viaggi a manetta. Ci sta che tutor e velox così implacabili, chirurgici e costosi, e il prezzo del carburante che mena duro, abbiano forzato e poi compiuto la nostra trasformazione culturale; di pari passo con il comfort e l’intelligenza delle nostre auto che, con quegli ADAS così efficienti e comodi, provvedono anche a parare i pericoli, a patto di stare entro certi limiti.

Non rinuncio, dove e quando possibile, a cavalleria e coppia per uscire dai guai, per qualche curva pennellata. Per tenere nel retrocranio l’idea stimolante che al bisogno potrei sfogare qualche colpo di testa. Come una risorsa da tenere lì. Non rinuncio all’ideale di una sportiva, in nome della bellezza, dell’arte e della cultura automobilistica. Sento ancora forte il richiamo di quei marchi storicamente “due posti secchi” che stanno battezzando dei bellissimi Suv, secondo concetti del tutto impensabili vent’anni fa. Si arriva lo stesso. Guidare è bello lo stesso. Dentro la macchina si sta meglio di prima.

Siamo circondati dalla velocità, in tutto ciò che facciamo. È tutto uno sfibrante mordi e fuggi. Ci sta che viaggiare, programmando per bene il viaggio, possa essere un inedito momento di relax. Del resto, come scrive Valentino Rossi nella sua definizione di velocità per il dizionario Zingarelli: "Ci vuole testa e fisico, per la velocità. Quella padronanza che permette di apprezzare la lentezza, quando essere veloci non serve affatto".